Nel 2017 l’Arpa regionale ha registrato, nella valle del Mela, le concentrazioni più elevate di tutta la Sicilia per idrocarburi, SO2 e ozono, che non vengono eguagliate in nessun’altra area né industriale né urbana.
È la valle del Mela la zona più inquinata in assoluto da idrocarburi non metanici (NMHC) in Sicilia: lo certifica la relazione annuale di Arpa Sicilia [1], basata sui dati del 2017. La centralina di contrada Gabbia, vicino Giammoro, ha infatti rilevato una concentrazione media annuale di NMHC pari a ben 220 microgrammi/metro cubo, con una media oraria che ha raggiunto addirittura i 2.700 microgrammi/metro cubo, ovvero quasi il triplo del valore considerato di «emergenza».
Si tratta di concentrazioni elevatissime che non vengono eguagliate in nessun’altra area né industriale né urbana in Sicilia. Tanto per fare un esempio, nell’area di Priolo-Augusta, molto più ricca di centraline e di petrolchimici (ben tre raffinerie), il valore massimo registrato come media annuale è stato 158 microgrammi/metro cubo, riscontrato in prossimità degli impianti di Priolo. Discorso analogo per Gela, dove nella centralina del parcheggio della Raffineria è stata riscontrata una media annua di 150 microgrammi/metro cubo.
A livello normativo fino al 2010 era vigente il limite di 200 microgrammi/metro cubo, espresso come media trioraria (che è cosa ben diversa della media annuale). Tuttavia, poiché alcuni NMHC sono stati classificati come cancerogeni di classe I, a livello scientifico non esistono soglie accettabili di esposizione. Per tutta risposta, il legislatore nel 2010 non ha trovato di meglio da fare che abrogare anche il limite precedentemente vigente (che sebbene non sicuro era meglio di niente), cosicché oggi di fatto non esiste alcun limite di legge per gli NMHC.
Nella propria relazione l’Arpa ha comunque scelto di utilizzare, come valore-soglia di riferimento per gli NMHC, una media oraria di 200 microgrammi/metro cubo. Nella centralina di contrada Gabbia tale soglia è stata superata nel 30 per cento dei casi. Significa che, mediamente, ogni giorno tale parametro viene superato 8 volte (e quindi in un anno quasi 3000 mila volte): in nessun’altra parte della Sicilia (e forse d’Italia) si registrano superamenti così frequenti.
Strettamente correlato agli NMHC è l’inquinamento da ozono, anch’esso tra i più preoccupanti della Sicilia, specie se si considera che tale parametro non viene rilevato nella centralina di contrada Gabbia, ma solo nella “Termica”, che per stessa ammissione dell’Arpa è posizionata in posizione poco idonea rispetto alla zona industriale di Milazzo (basti pensare che le concentrazioni di NMHC registrate a contrada Gabbia in media sono tre volte tanto quelle registrate dalla “Termica”). Anche per l’ossido di azoto (SO2) nella valle del Mela si registrano picchi non riscontrati in altre zone anche industriali della Sicilia.
Non bisogna quindi stupirsi se le malformazioni congenite nella valle del Mela hanno superato quelle di Priolo, come rilevato nello studio della Regione pubblicato a giugno.
Lo stato di allarme sanitario evidenziato nello studio dell’assessorato regionale della Salute trova quindi un preoccupante corrispettivo nei dati di qualità dell’aria dell’Arpa.
MA QUAL È L’ORIGINE DI LIVELLI COSÌ ELEVATI DI IDROCARBURI NELLA VALLE DEL MELA?
Per capirlo basta riportare direttamente la relazione di Arpa Sicilia, in cui, a pagina 54, si legge che
«la stazione di Pace del Mela (ovvero la centralina di contrada Gabbia, ndr), vicina alla Raffineria, è quella caratterizzata dal valore maggiore di concentrazione massima oraria (2.700 microgrammi/metro cubo), di concentrazione media annua (220 microgrammi/metro cubo) e del numero di dati medi orari che superano la soglia adottata come riferimento (200 microgrammi/metro cubo) (30 per cento).»
In realtà la centralina di contrada Gabbia dista circa 3 chilometri dalla Raffineria e si trova nel bel mezzo di diversi altri impianti industriali anche più vicini. Perché allora l’Arpa sente il bisogno di evidenziare che questa centralina si trova vicino alla Raffineria? Evidentemente dà per scontato che gli NMHC provengono dalla Raffineria stessa.
In effetti, come evidenziato nella relazione medico-scientifica su cui si sono basate le famose «prescrizioni sanitarie» del Commissario Biancuzzo, «viste le continue segnalazioni di gravi fenomeni odorigeni da parte della popolazione della Valle del Mela, la struttura di Messina dell’ARPA ha condotto diverse campagne di monitoraggio […] Una prima campagna di monitoraggio è stata condotta nel periodo 8 marzo 2009-3 luglio 2009 […] vanno evidenziati frequenti valori di concentrazione media oraria, degli idrocarburi non metanici (NMHC) […] Tali parametri fortemente anomali, riconducibili alle attività svolte dalla Raffineria Mediterranea, sono un indice di inquinamento da attenzionare, sia in relazione alla molestia olfattiva di taluni degli stessi, sia soprattutto per gli effetti sulla salute.»
Un’altra campagna di monitoraggio è stata effettuata nel periodo 1 ottobre 2009-30 settembre 2010 «per gli idrocarburi non metanici (NMHC) […] vanno evidenziati frequenti valori di concentrazione media oraria particolarmente elevati, indice di un inquinamento […] responsabile dei fenomeni odorigeni in più occasioni avvertiti e lamentati dalla popolazione. […] Dalle elaborazioni effettuate… si evince l’indubbia provenienza dell’inquinante dalla direzione degli impianti petrolchimici”.
Nella nota protocollo n.8565 del 09 febbraio 2012 il Commissario straordinario di Arpa Sicilia Salvo Cocina indica che «emerge pertanto, in modo inequivocabile, che gli inconvenienti lamentati hanno origine da emissioni non adeguatamente controllate della Raffineria di Milazzo S.C.p.A.»
Del resto nel Piano regionale di tutela della qualità dell’aria predisposto nel 2016 (e mai approvato dalla Regione), l’Arpa evidenzia che la Raffineria di Milazzo è responsabile dell’emissione di 2130 tonnellate l’anno di NMCOV, pari ad oltre il 96% degli NMCOV emessi da tutte le industrie della valle del Mela [2] (gli NMCOV equivalgono praticamente agli NMHC, più qualche altra sostanza).
Insomma l’ARPA ha già chiarito in tutte le salse l’origine del gravissimo inquinamento di NMHC nella valle del Mela, responsabile anche del fetore asfissiante che spesso (come negli ultimi giorni) ammorba il territorio: adesso tocca alle autorità responsabili della tutela della nostra salute (vale a dire i sindaci, in qualità di massime autorità sanitarie locali) agire di conseguenza.
Infatti, a parte le puzze asfissianti, gli idrocarburi sono molto pericolosi per la salute. Ad esempio uno studio pubblicato in una prestigiosa rivista scientifica ha già riscontrato un’incidenza più che doppia di acromegalia (patologia endocrina da tumori ipofisari) nella valle del Mela rispetto al resto della provincia, ipotizzando per l’appunto una correlazione con l’inquinamento da idrocarburi.
Il primo passo a questo punto non può che essere quello di richiedere un nuovo riesame dell’autorizzazione della Raffineria, dopo che le prescrizioni sanitarie del Commissario sono state fatte illegittimamente “fatte fuori” (su questo peraltro è stato da poco presentato un ricorso). La richiesta può essere disposta dal Sindaco di Milazzo e/o di San Filippo del Mela, ovvero i due comuni ove è ubicata la Raffineria.
Ma il Sindaco di Milazzo è proprio quello che a marzo ha accettato di eliminare le prescrizioni sanitarie in cambio di altre due centraline, quindi è altamente improbabile un suo ravvedimento.
Le aspettative si concentrano invece sul nuovo Sindaco di San Filippo del Mela Gianni Pino, che in campagna elettorale ha promesso espressamente proprio questo: richiedere un nuovo riesame dell’autorizzazione (AIA) della Raffineria per inserirvi le prescrizioni sanitarie. Prescrizioni sanitarie che includevano anche il limite, per gli “odori molesti”, di 5 unità odorimetriche, seguendo l’esempio di altre parti d’Italia (ad esempio il trentino). Poiché gli odori molesti sono dovuti, come chiarito dall’Arpa, in massima parte proprio agli NMHC, limitando gli odori molesti verrebbero giocoforza limitate anche le emissioni di idrocarburi non metanici: due piccioni con una fava insomma.
Adesso la situazione di allarme in cui ci troviamo, ormai chiaramente evidente grazie ai dati e agli studi pubblicati in questi ultimi due mesi, non consente di attendere oltre: è quindi giunta l’ora di passare dalle parole ai fatti.
NOTE
[1] Relazione Arpa Sicilia
[2] Piano Aria Aree Industriali (Pagina 112)