Articolo tratto da la Nuova Basilicata mercoledì 18
settembre 2002
TANGENTOPOLI LUCANA
Il difensore dei De Sio ha già annunciato ricorso al
Tribunale del riesame
Tutte le piste portano all'Eni
Ieri
sono cominciati gli interrogatori e si è costituito un altro indagato
POTENZA- L'inizio degli interrogatori, un indagato
sfuggito all'arresto lunedì che si costituisce, l'Eni che annuncia
provvedimenti contro i dipendenti scorretti, l'on. Di Pietro che evidenzia che
"la musica non cambia" quando c'è di mezzo 1'Eni: questi alcuni dei
fatti che 1'inchiesta potentina sulle tangenti ha fatto registrare ieri,
rimanendo sullo sfondo -ma con un "peso" notevole - il problema dei
destinatari della "mazzetta" da pagare ai dirigenti del gruppo
petrolifero per accelerare alcune procedure. E' proprio questo uno degli aspetti
più interessanti dell'inchiesta coordinata dal pubblico ministero, Henry John
Woodcock. Il gip, Gerardina Romaniello, ha disposto l'arresto di Carlo Femiani,
dirigente dell'Eni responsabile del progetto dell'oleodotto per il trasferimento
del petrolio dalla Val d'Agri a Taranto, e di Maurizio Pierini, ex dipendente
dell'Eni che lavorava in Val d'Agri come consulente di varie imprese. Secondo
1'accusa - tutto lascia pensare che la tangente che Femiani si era fatta
promettere non fosse destinata solo a lui, dovendo essere divisa. Non basta: vi
era qualcuno che si occupava "delle cose a Milano". Non è finita:
Femiani, parlando a telefono, se la prende per essere diventato "referente
dei miei capi senza farmelo scrivere". Una vicenda, questa della tangente
Eni-Agip, che ha fatto dire a Di Pietro, ex pm di Mani pulite a Milano, che
"intorno all'Eni c'è sempre qualcosa che non va". Rilievo al quale il
gruppo petrolifero ha indirettamente risposto annunciando i necessari
provvedimenti a tutela propria e dei propri azionisti", se verranno
accertati "comportamenti individuali eticamente riprovevoli", in linea
con una "linea di rigore applicata in passato nei confronti di dipendenti
del gruppo accusati di fatti analoghi". Sono emersi altri particolari sui
rapporti fra il gruppo imprenditoriale potentino De Sio, partiti e uomini
politici. In un interrogatorio del luglio scorso, Antonio De Sio - arrestato di
nuovo ieri - ammise che, ad ogni campagna elettorale, il gruppo spendeva di
propria iniziativa 50-60 milioni per pagare alcune spese ad un certo numero di
candidati, senza badare al partito (solo "i fascisti" non ricevettero
nulla perché non esistevano"). Solo un candidato, del Ppi, restituì il
contributo, anche se quattro anni dopo. Ieri Antonio De Sio è comparso davanti
al gip, ma ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere; stessa
scelta per Lucio De Sio, per l'imprenditore materano Giovanni Castellano e per
1'ex dirigente della cancelleria civile del Tribunale di Potenza, Mario campana.
Hanno risposto, invece, alle domande del giudice Francesco e Michele De Sio e il
notaio Claudio De Vivo, interrogato per circa due ore nel primo pomeriggio, poco
dopo essersi costituito ai carabinieri. Oggi e venerdì sono in programma altri
interrogatori. Vi è già qualche difensore che ha presentato ricorso al
Tribunale del riesame: è il caso di Pasquale Bartolo, difensore dei De Sio,
secondo il quale, peraltro, il gip dovrebbe dichiararsi incompetente per
territorio in relazione alle accuse sulle tangenti promesse o pagate ai
dirigenti dell'Inail (il reato è stato commesso a Roma) e non avrebbe dovuto
arrestare i suoi assistiti per i reati commessi nel maggio scorso.