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Arsenico nel fiume Pescara. Maxi inchiesta per traffico illecito di rifiuti

“Quanto sia ipocrita interrogarsi circa le cause della ricorrente non balneabilità del mare o di odori nauseabondi dei fiumi o di ripercussioni negative sulla fauna ittica”. È durissimo il giudice per le indagini preliminari Giuseppe Romano Gargarella. Parole – pronunciate nel corso della conferenza stampa di presentazione della maxi operazione Panta Rei – che suonano come un j’accuse rivolto all’intera classe politico-economica abruzzese.

Panta Rei è il nome dato ad una vasta operazione condotta dai Comandi provinciali di Chieti e Pescara del Corpo forestale dello Stato, e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia regionale, su traffico illecito di rifiuti, inquinamento ambientale, truffa ai danni dello Stato, peculato e abuso d’ufficio. Disposti gli arresti domiciliari per Roberto Roberti (presidente del Consorzio Bonifica Centro), Tommaso Valerio (direttore tecnico e responsabile dell’impianto di depurazione), Andrea De Luca (capo del settore Ecologia e Ambiente dello stesso impianto) e Stefano Storto (amministratore del laboratorio analisi Dace srl). Sequestrati il depuratore Consorzio Bonifica Centro, in località San Martino, e l’impianto Salvaiezzi di Depuracque srl. Il Consorzio è stato affidato ad Andrea Colantonio, amministratore giudiziario che ne garantirà la prosecuzione delle attività. Sequestrati agli indagati anche circa 308 mila euro che sarebbero stati indebitamente percepiti.

L’accusa ai dirigenti del Consorzio, e al tecnico di laboratorio che avrebbe alterato le analisi, è di aver contribuito allo smaltimento irregolare di rifiuti, soprattutto fanghi, arrivando a sversare nel fiume Pescara – e quindi nel mar Adriatico – oltre mille tonnellate di reflui contaminati da arsenico. Secondo gli inquirenti solo tra ottobre e novembre 2015 sono stati 37 i viaggi di percolato, per un totale di 1090,45 tonnellate. Il percolato è arrivato a Chieti dalla discarica di Pisa. “Dalla Toscana, da lassù viene fino qua per portare quella roba! Perché nessuno la vuole con l’arsenico a cinquanta“, è possibile leggere in una delle intercettazioni tra indagati. Durante perquisizioni avvenute nel dicembre scorso gli inquirenti hanno dichiarato di aver accertato che 1090 tonnellate di rifiuti liquidi provenienti dalla Toscana, contenenti elevate concentrazioni di arsenico, sono state accolte senza le necessarie analisi sulla composizione, così come sono stati conferiti percolati di discariche con alti valori di ammoniaca (5 volte il limite dello scarico autorizzato), fornendo sistematicamente all’Agenzia regionale per la tutela ambientale (Arta) dati palesemente manipolati. Gli inquirenti contestano anche la gestione illecita di un ingente quantitativo di fanghi di depurazione illegalmente miscelati, falsificandone la relativa documentazione per lo smaltimento dei quali il Consorzio di Bonifica ha percepito indebite sovvenzioni economiche da parte del Comune di Chieti per 300 mila euro. Anche se la somma – come affermato durante la conferenza stampa dell’Aquila – è “quasi certamente superiore”. Le indagini hanno posto al centro quelle che sono state definite gravi problematiche strutturali e manutentive degli impianti – più volte nel mirino dell’Arta – con falle nelle vasche di trattamento, attraverso le quali sono confluiti nel sottosuolo reflui e fanghi inquinati.

Le indagini hanno svelato un’attività sistematicamente illecita – dichiara il pm David Mancini – attraverso diversi strumenti, dalla falsificazione dei codici di ingresso dei rifiuti liquidi, ai quantitativi incompatibili, fino allo sversamento dei rifiuti stessi nel fiume Pescara, e dunque nel Mare Adriatico“. La sua collega Antonietta Picardi ha sottolineato che “le indagini sono nate anche grazie a segnalazioni anonime, e non, di cittadini di Chieti Scalo che si lamentavano dell’impossibilità di una vita quotidiana normale a causa degli odori nauseabondi che il Consorzio emanava“. L’inchiesta Panta Rei potrebbe avere connessioni con l’inchiesta di Potenza che coinvolge il Centro oli di Viggiano, in Basilicata, finita nella primavera scorsa al centro dei riflettori della cronaca nazionale, e alle circa 13 mila tonnellate di rifiuti liquidi che sono approdati al Consorzio chietino. “La questione è stata presa in considerazione nel corso delle indagini, come anche altri rapporti tra il Consorzio e realtà imprenditoriali è possibile che ci saranno in futuro ulteriori sviluppi di indagine”. Questo il riferimento di David Mancini alla vicenda lucana.

Il quadro regionale
Dopo aver evidenziato il legame degli odierni arresti con la nuova legge nazionale sugli ecoreati, Legambiente ha riportato che “secondo il dossier Ecomafia 2016, l’Abruzzo è tra le regioni più colpite dall’illegalità nel ciclo dei rifiuti, con un trend in costante e preoccupante crescita. Con 266 infrazioni penali accertati in questo settore, il 5,2 percento sul totale nazionale, l’Abruzzo si piazza all’ottavo posto nella classifica regionale per numero di reati, cui vanno aggiunte 254 denunce, 8 arresti e 98 sequestri”. Luzio Nelli della segreteria regionale dell’associazione ha dichiarato che “anche in vista del nuovo piano regionale dei rifiuti, è necessario garantire la tracciabilità degli stessi, con il controllo dei flussi sia in entrata che in uscita nonché la sicurezza di tutti gli impianti”.

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Autore:

Attivista di vari movimenti pacifisti e ambientalisti abruzzesi, referente locale dell’associazione Antimafie Rita Atria e PeaceLink.