La proposta di zona franca a fiscalità differenziata, avanzata dal dimissionario assessore all’Ambiente della Regione Basilicata, Aldo Berlinguer, assume sempre di più i caratteri di un vero e proprio cavallo di Troia. Dalla Basilicata alla Sardegna si delineano i contenuti di un potpourri in salsa energetica. In terra lucana, finora, sono 51 (su 131) le Amministrazioni comunali che hanno deliberato favorevolmente alla proposta. Lo hanno fatto con delibere copia e incolla destinate a risucchiare i territori in un buco nero. I Comuni impegnandosi “all’istituzione di una zona a fiscalità differenziata nell’intero territorio della Basilicata”, di fatto, accettano forme di “compensazione del consumo di territorio derivante dall’attività di coltivazione di idrocarburi e così superare il gap di sviluppo di un’area geograficamente svantaggiata, attenuando al contempo la diffusa percezione di uno sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali senza una concreta e duratura ricaduta sul territorio“.
Semplificando, i sindaci firmatari – sotto ricatto petrolifero – cedono ad un baratto di stampo medioevale attraverso il cambiamento della “percezione” delle attività petrolifere, oggi negativa tra le comunità locali.
Un ulteriore lasciapassare alle company, dopo il varo del decreto legge Sblocca Italia ed il rischio rappresentato da una vittoria del Sì al referendum costituzionale di ottobre.
La zona franca a fiscalità differenziata è uno specchietto per le allodole. L’estremo tentativo di ribaltare i dati negativi del mancato sviluppo derivante dalle decennali attività estrattive.
La partita che si sta giocando è tra il completamento dell’occupazione territoriale in cambio di soldi e la salvaguardia di quelle aree ancora salve.