In queste settimane stanno emergendo tutte le criticità degli ultimi venti anni nella gestione del petrolio in Basilicata e la totale inadeguatezza del governo regionale nell’affrontare con tempestività e incisività la gravissima fuoriuscita di greggio dal Centro olio Eni di Viggiano.
In Basilicata le istituzioni non spiegano mai ai lucani che il Centro olio di Viggiano (Cova) è classificato come “industria a rischio di incidente rilevante” e che, pertanto, oltre all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) e alla Valutazione d’impatto ambientale (Via) è anche soggetta alla direttiva Seveso-ter. Pertanto lo sversamento di centinaia di tonnellate di petrolio, al di fuori del Cova, si configura – per legge – come “grande rischio”.
Il decreto legislativo n.334/1999, noto come Seveso-bis – che recepisce la direttiva 96/82/CE – è perfezionato dal decreto legislativo n.238/2005, che recepisce la direttiva 2003/105/CE, meglio conosciuta come Seveso-ter, e ne integra e modifica alcuni contenuti, prescrive e impone la prevenzione degli incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose. Lo scopo è di escludere nel miglior modo possibile ogni tipo di incidente che può avere gravi conseguenze per I’uomo e per l’ambiente, al fine di assicurare in modo coerente ed efficace un elevato livello di protezione in tutta la comunità, tutela garantita solo con una tempestività e incisività che la Regione Basilicata non ha però attuato nel suo territorio, non solo negli ultimi tempi, ma in tutti questi anni e nonostante le numerose segnalazioni ricevute dalle associazioni ambientaliste e dai cittadini impegnati a difesa del territorio.
Purtroppo tutti i fatti accaduti in Basilicata evidenziano che la protezione della comunità e i sistemi di prevenzione degli incidenti non sono stati assicurati e garantiti perché lo sversamento di petrolio è stato anche provocato non solo da un guasto tecnico ma, piuttosto, da una catena di inefficienze in ogni ambito istituzionale, e che dovranno essere attentamente valutate dalla magistratura. Un primo esposto è stato depositato il 28 aprile scorso da Intercomunale Lucania e Nuovo Senso Civico.
È per questo motivo che chiediamo le immediate e irrevocabili dimissioni del governatore della Basilicata, Marcello Pittella, ma anche lo scioglimento della Giunta regionale per manifesta e evidente incapacità ad affrontare una situazione gravissima, anche a seguito di tutte le numerose segnalazioni ricevute in questi anni dai comitati e dalle associazioni ambientaliste. In effetti dopo il disastro ambientale e il pericolo di inquinamento per le falde acquifere, piuttosto che concentrarsi solo sulla bonifica della zona, il governo regionale in questi giorni decide di discutere addirittura della riapertura del Centro olio e forse approverà anche un impianto mobile di trattamento di 438 mila metri cubi all’anno di reflui petroliferi, denominato progetto Simam.
Si rischia così di compromettere una situazione già grave chiedendo ai cittadini della zona e a tutti gli abitanti della Basilicata di avere ancora fiducia in impianti industriali già in passato bocciati proprio dalla Regione Perché tanta fretta e tanta urgenza nell’affrontare la questione dell’impianto mobile di trattamento dei reflui? Il dubbio è che si voglia così risolvere, in una situazione di emergenza, il problema del trattamento sia dei reflui petroliferi che delle acque fuoriuscite trattandole in loco, cercando di ripulirle e immettendole nuovamente o nel depuratore del Consorzio industriale o – ma non è dato sapere altro – nel ciclo industriale del Cova. In un quadro ambientale già fortemente compromesso e a tutto discapito della salute dei cittadini e dell’integrità delle acque del Pertusillo, un patrimonio fondamentale per l’acqua potabile di 4 milioni di persone teoricamente protetto da leggi, ad ogni livello, per prevenire rischi di contaminazione, dove le acque trattate potrebbero confluire. Insomma, al danno anche la beffa.
È per queste ragioni che l’inadeguatezza politica e istituzionale della Regione Basilicata non è più tollerabile e quindi, se esiste ancora un minimo di senso di responsabilità, chi non ha saputo o voluto affrontare con capacità la vicenda deve avere il pudore di dimettersi. Chiediamo anche la chiusura definitiva del Centro olio di Viggiano e l’impiego di tutti i suoi lavoratori per eseguire la lunga e complessa fase di bonifica dei suoli. Rileviamo anche l’assoluta inadeguatezza del ministro dell’Ambiente e del ministro dello Sviluppo economico rispetto a quanto sta accadendo in Basilicata, in considerazione che il Cova è stato sottoposto a Valutazione d’impatto ambientale nel 1999, determinando degli obblighi di sorveglianza e monitoraggio da parte degli organismi statali che con tutta evidenza non c’è stato.
(*) di Intercomunale Lucania, Augusto De Santis (per Nuovo Senso Civico onlus), prof. Albina Colella (per Comitato Ambiente e Salute A Sud), avv. Giovanna Bellizzi (per Mediterraneo No Scorie), ing. Antonio Alberti