La presenza di un alto numero di cinghiali, e la loro pericolosità per colture e trasporti, è al centro di vivaci dibattiti. Sotto la lente di ingrandimento la presa di posizione del responsabile del Coordinamento e gestione del prelievo venatorio ed implementazione dell’Osservatorio Faunistico Regionale, tornato ad accusare le Aree Protette di favorire la proliferazione dei cinghiali.
Dichiarazioni che hanno suscitato le reazioni di WWF, Peacelink Abruzzo, Associazione Antimafie “Rita Atria” e Sinistra Anticapitalista Abruzzo. Dopo aver citato le “immissioni a scopo venatorio”, avviate in Italia sin dagli anni Cinquanta, le associazioni hanno duramente criticato la gestione dei cinghiali affermando che “non è stata affrontata in termini scientifici, ma esclusivamente in termini di ricerca del consenso della lobby dei cacciatori. Imputare alle aree protette la responsabilità dell’aumento della specie è una sciocchezza che non ha alcun fondamento”. Secondo il delegato regionale del WWF, Luciano Di Tizio, “la santa alleanza stipulata in questi anni tra cacciatori e Regione Abruzzo ha portato al disastro nella gestione faunistico-venatoria”. “L’esempio più evidente è proprio la gestione del cinghiale, inadeguata e carente sotto il profilo tecnico e organizzativo. La Regione Abruzzo, non da oggi, è incapace di pianificare e coordinare le attività faunistico-venatorie: da anni è priva di un Piano Faunistico Venatorio aggiornato e non si è dotata dell’Osservatorio Faunistico Regionale, previsto dal 2004 e mai realizzato. Chi parla di fauna, lo fa spesso senza avere dati certi. Come si fa a gestire un problema di cui non si conosce neppure la reale portata? È notizia di pochi giorni fa che la Regione Abruzzo non ha fornito all’ISPRA neppure i dati 2014/15 sui tesserini venatori” prosegue la nota, bocciando la proposta “di aprire la caccia nei luoghi più agognati, le aree naturali protette” promossa da “cacciatori e alcuni funzionari della Regione Abruzzo” e che sarebbe per il WWF “la prova del fallimento delle politiche gestionali in materia faunistico-venatoria della Regione” che non “ha mai concretamente attuato le Linee Guida per la Gestione del cinghiale nelle aree protette (Ispra)”.
“Può un funzionario, in un incontro pubblico, attaccare così fortemente altre istituzioni locali e nazionali?” chiedono l’Associazione Antimafie “Rita Atria”, Peacelink Abruzzo e Sinistra Anticapitalista Abruzzo, che sulla non efficacia di una “caccia prolungata e non selettiva” cita un sito “di riferimento del mondo venatorio” secondo cui “la forma di caccia attualmente più utilizzata, la braccata con i cani da seguito, ha dimostrato di causare una destrutturazione delle popolazioni, caratterizzate da una innaturale prevalenza delle classi giovanili, cha ha come conseguenza anche un sensibile aumento dei danni alle colture”.
In difesa delle Aree Protette i tre sodalizi – secondo cui non possono essere assolutamente considerate “colpevoli” di impedire la gestione e il contenimento dei cinghiali – ricordano che sul sito dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale) “è disponibile anche un manuale specifico” (di cui riportano diversi stralci sui metodi più efficaci di contenimento e sugli “abbattimenti selettivi”) proprio sulle “linee guida per la gestione del Cinghiale (sus scrofa) nelle aree protette”. “In questo, come in tantissimi altri campi (dal dissesto idrogeologico al consumo di suolo, dalla qualità dell’aria alla gestione del diritto all’acqua, tanto per fare alcuni esempi) – aggiungono – non ci si può lasciar andare a soluzioni che non siano realmente efficaci e di lungo respiro” e chiedendo – vista la reiterazione negli anni di accuse e attacchi – “ma le aree protette – considerato che molte sono addirittura regionali – sono mai state convocate ad una tavolo comune? O vengono solo attaccate e basta?”