Periodico indipendente su Ambiente, Sud e Mediterraneo / Fondato il 23 dicembre 2015
 

Migranti, scontro Governo-Ong su Codice di condotta

Conflitto aperto tra molte Organizzazioni non governative, tra cui Medici Senza Frontiere, e il ministero dell’Interno, che minaccia di bloccare i porti italiani a chi non firma il Codice di condotta. I casi delle navi Iuventa e C-Star.

Il ministero dell’Interno ha deciso di imporre un Codice di condotta alle navi delle Organizzazioni non governative impegnate a soccorrere i migranti nel Mediterraneo. Moas e Save the Children hanno deciso di firmarlo. Medici Senza Frontiere, e molte altre, no. Una decisione, quest’ultima, che ha allertato il ministro Marco Minniti – addirittura pronto a rassegnare le proprie dimissioni – che minaccia la preclusione dell’approdo nei porti italiani dei non firmatari. Durissimo, al contrario, il commento dell’Associazione per studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) che rimarca l’assenza del “valore di legge” di un codice che pone “serie problematiche giuridiche relativamente al rispetto del diritto internazionale del mare”. Dall’Asgi sottolineano, infatti, che il Codice di condotta “è illegittimo e può costituire grave violazione di legge anche penale impedire l’accesso ai porti da parte di una imbarcazione che trasporta persone soccorse in mare”.
L’imposizione di funzionari armati a bordo è tra le motivazioni del rifiuto di Medici Senza Frontiere di firmare. Secondo l’associazione – premio Nobel per la Pace nel 1999 – vìola i propri principi di indipendenza, imparzialità e neutralità. Nel mirino dell’associazione anche il divieto di trasbordo su altre navi che potrebbe mettere a rischio le attività umanitarie.

Il sequestro della nave Iuventa
Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Con questa accusa il 2 agosto la Procura di Trapani ha sequestrato la nave Inventa, di proprietà della Ong tedesca Jugend Rettet. Al momento del sequestro, a bordo era presente anche Tommaso Gandini, attivista della campagna #overthefortress di MeltingPot. Dopo il sequestro MeltingPot ha dichiarato che “è in corso un gravissimo atto diffamatorio” contro la Jugend Rettet. Secondo la Procura, attivisti dell’organizzazione tedesca, avrebbero avuto “contatti con trafficanti libici”. Il pubblico ministero Andrea Tarondo ha, però, sottolineato che non ci sono prove di rapporti tra i trafficanti e l’organizzazione. Ed è sua “personale convinzione” che i comportamenti nel mirino sono stati ispirati da motivi umanitari. Gli attivisti accusati, non ancora identificati, avrebbero agito anche se non c’era la “sussistenza di un imminente pericolo di vita”. Casi nei quali, dopo aver portato a bordo i migranti, membri dell’equipaggio della Iuventa avrebbero riconsegnato i gommoni “ad altri soggetti che stazionavano nella zona”. E il gommone riconsegnato il 18 giugno è stato riutilizzato otto giorni dopo. Il possibile riutilizzo da parte dei trafficanti è la motivazione del taglio e dell’affondamento dei gommoni – sottolinea il pm Tarondo – effettuato di norma dopo aver preso a bordo i migranti. Due, oltre quanto accaduto il 18 giugno, i comportamenti segnalati la prima volta alle autorità da due operatori della nave Vos Hestia di Save the Children (a cui si aggiunge la presenza sulla nave di un “agente di copertura”), assunti dall’agenzia di sicurezza Imi Security Service.
Il 10 settembre dell’anno scorso, dopo che la Iuventa ha caricato a bordo i migranti, l’imbarcazione da cui provenivano era tornata a terra. Sull’imbarcazione c’erano due probabili trafficanti. Il 18 giugno, dopo il primo episodio già citato, ci sarebbe stato un incontro tra trafficanti e membri della nave in acque internazionali. Poco dopo all’orizzonte è sbucata una nuova imbarcazione carica di migranti. La Comunità Emmaus di Palermo e “Palermo senza frontiere” hanno definito l’inchiesta un attacco contro le Ong “criminalizzate perché non intendono piegarsi ai ricatti del nostro governo, che ha imposto alle organizzazioni non governative di firmare”.

Da dove nasce il Codice di condotta
L’imposizione di un Codice di condotta alle Organizzazioni non governative scaturisce da diverse polemiche. Dopo che il pubblico ministero di Catania, Carmelo Zuccaro, aveva parlato di “ipotesi di lavoro” su rapporti Ong-scafisti, si sono scatenate varie reazioni politiche. Secondo Luigi Di Maio del M5S, l’agenzia europea Frontex avrebbe definito le navi delle Ong “taxi del mare”. Un’espressione che secondo il professore Fulvio Vassallo Paleologo non esiste in nessuna pagina del rapporto “Risk Analysis 2017”, pubblicato il 15 febbraio scorso. L’unico vero rilievo da parte del rapporto era la possibilità che la presenza delle navi umanitarie avrebbe potuto rappresentare, come “conseguenza involontaria”, un pull factor: un “fattore di attrazione”. Una possibilità liquidata come inesistente dal viceministro degli Esteri, Mario Giro, secondo cui “l’unico vero pull factor che esiste è la presenza dell’Europa a poche miglia marine dalla costa africana”. Anche Medici Senza Frontiere ha smentito questa possibilità. L’associazione, impegnata con una nave nei salvataggi nel Mediterraneo, ha sottolineato che la stessa tesi portò alla chiusura di Mare Nostrum. Ma i numeri la smentiscono categoricamente: dopo la fine di Mare Nostrum, nonostante non c’erano mezzi di soccorso delle Ong, le partenze dalla Libia subirono un aumento. Il 6 aprile, durante l’audizione presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate, un’altra smentita è venuta da Eunavfor Med, la Forza navale mediterranea dell’Unione europea. Il comandante della missione Sophia, l’ammiraglio di divisione Enrico Credendino, ha confermato che le partenze sono aumentate dopo la fine di Mare Nostrum. Smentendo quindi l’ipotetico ruolo di pull factor delle navi umanitarie. Le partenze, secondo Credendino, avvengono perché guerre, terrorismo, “mancanza di acqua e cibo” rappresentano “push factor” (fattori di spinta). Il 4 maggio scorso la stessa agenzia Frontex ha definitivamente smentito di aver accusato le organizzazioni non governative di collusione con i trafficanti.

C-Star, la nave nera anti-migranti
È ormai in navigazione tra Italia e Tunisia la C-Star, una nave acquistata nei mesi scorsi dal network europeo di estrema destra Defend Europe, in Italia rappresentato da Generazione Identitaria. Nonostante il blocco del crowfounding da parte di Paypal e del Crédit Mutuel, Defend Europe è riuscita a raccogliere 76 mila euro per l’acquisto della nave, nata sotto bandiera mongola con il nome di Suunta. La C-Star è stata bloccata una prima volta a Suez per irregolarità nella documentazione. A Cipro il comandante della nave è stato addirittura arrestato per 24 ore, con l’accusa di sospetta falsificazione dei documenti e traffico di esseri umani. Venti migranti provenienti dallo Sri Lanka avevano dichiarato alle autorità turco-cipriote di aver pagato 10 mila euro per essere trasportati in Italia.
Sul sito del gruppo antirazzista inglese Hope non thate è stato pubblicato un vero e proprio dossier su Defend Europe e la C-Star. L’armatore della nave è lo svedese Sven Tomas Egerstrom, legato a una serie di società attive nel settore della sicurezza e specializzate nella difesa privata con impiego di ex militari mercenari russi e ucraini. Egerstrom, nel 2002, è stato condannato in Svezia a due anni e mezzo per frode. Il leader del ramo tedesco di Defend Europe, Daniel Fib, ha affermato che la nave avrà a bordo “personale di sicurezza”. La circostanza, unita al legame con il mondo militare e paramilitare dell’armatore, fa temere a Hope no thate che la C-Star possa avere a bordo persone armate. Obiettivo della traversata della C-Star è ostacolare l’azione delle navi impegnate nei salvataggi e riconsegnare i migranti alla Guardia costiera libica. La stessa Guardia costiera i cui rapporti con scafisti e trafficanti è documentato da tempo. Un reportage realizzato da L’Espresso e Unicef ha denunciato che ci sono militari della Guardia costiera libica che arrestano i migranti in mare per venderli a milizie armate. Un’inchiesta di The Post Internazionale ha denunciato che “il capo della guardia costiera a Zawiya, Abdurahman Milad, è una delle figure chiave del traffico di esseri umani nella regione. Milad è accusato di avere legami con le milizie di Tripoli che portano i migranti dal Sahara alla costa, prima che siano imbarcati verso l’Italia”.

L’appello “Salvare le vite di prima di tutto”
Il blocco dei porti sta mobilitando attivisti, giuristi e associazioni. Sul sito dell’Associazione Diritti e Frontiere è stato lanciato l’appello “Salvare le vite prima di tutto”. Centinaia di associazioni, collettivi, partiti, movimenti, centri sociali, semplici cittadini hanno sottoscritto il testo che definisce il blocco un “atto di barbarie” che condannerebbe “con cinismo immorale a morte migliaia di persone sospese fra le persecuzioni subite nei paesi di origine, quelle patite in Libia e il diritto alla salvezza”. Prima di qualsiasi scelta politica chiedono un “necessario sentimento di umanità” e di “salvare le vite prima di tutto”. Dopo il ritiro delle navi di Frontex, si legge nell’appello, la “campagna diffamatoria contro le Ong” permetterebbe a Italia e Unione Europea di sottrarsi alla giurisdizione della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, che ha già condannato l’Italia nel 2012 per i respingimenti in mare a Tripoli ordinati nel 2009 dall’allora ministro dell’Interno, Roberto Maroni).

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Autore:

Attivista di vari movimenti pacifisti e ambientalisti abruzzesi, referente locale dell’associazione Antimafie Rita Atria e PeaceLink.