#40Terremoto1980
«È una domenica sera di novembre. In una stanza vuota dell’Osservatorio di Monteporzio Catone l’ago del sismografo accelera il suo ritmo. Sembra impazzire, segnala oltre il diagramma per un lunghissimo minuto e mezzo. Nessuno è lì a controllare. L’Italia più ricca si prepara ad andare a cena, quella più povera ha appena finito di mangiare. Sono le 7.35 del 23 novembre 1980. Nessuno raccoglie il muto allarme di quell’ago. Per un minuto e mezzo un tremendo brivido geologico percorre la spina dorsale del mezzogiorno d’Italia e precipita nella catastrofe tutto un mondo di antiche civiltà…»
Inizia così il documentario della regista Lina Wertmüller. Quelle immagini diverranno il simbolo della tragedia. Così come quelle di Conza della Campania. Un paese sventrato.
- Le macerie sull’invaso diventano sfondo di nuova vita. La natura si riprende quello che l’uomo ha abbandonato: cicogne, aironi, lontre, falchi, gru, tassi. Il lago diventa una magnifica Oasi WWF.
- Casa abbandonata
- Dal respiro del lago che avanza, e si ritrae con le stagioni, emergono vecchi fabbricati, masserie, stalle.
- Al tempo del sisma i lavori per la realizzazione della diga erano ancora in alto mare, tanto che alcuni raccontano di aver trovato riparo, le prime notti, proprio in un capannone dismesso dai lavoratori.
- Una vecchia cucina. Chissà se avrà visto quelle lunghe tavolate di paese di cui ci raccontavano i nostri nonni. Parenti, amici, tutti insieme per vivere momenti conviviali. E chissà se le cucine di Conza Nuova possono dire lo stesso.
- Urla lancinanti sembrano ancora echeggiare tra queste mura.
- Camminando tra le vecchie abitazioni la sensazione è quella di sentirsi in bilico tra il silenzio dell’abbandono.
- L’antica Cattedrale di Santa Maria Assunta, squarciata, diverrà per tutti uno degli emblemi del sisma. Della chiesa originale rimane ben poco oltre l’abside.
- Il vecchio paese, Compsa o Conza Vecchia, è divenuto un Museo Archeologico. Un enorme monumento a cielo aperto per testimoniare quanto accaduto nella speranza che non si ripeta mai più. Una nuova Pompei.

A valle, lungo il fiume Ofanto, sorge la diga del lago di Conza. Secondo i progetti la diga sarebbe dovuta essere ultimata negli anni Settanta.
- La gente si vede strappar via tutto, gli affetti, la casa, l’intero paese. Nessuno ritornerà. Nessuno ricostruirà. Per evitare nuove tragedie si decide di riedificare il paese più a valle. Conza Nuova, la chiama la gente.
- Siamo nell’Italia più profonda ed interna. In quella che chiamano Alta Irpinia. Un territorio incastonato tra Campania, Basilicata, e Puglia. Pochi chilometri dall’epicentro del sisma. Attorno campi e boschi per chilometri. Qualcuno racconta che «prima che i soccorritori trovassero la strada, prima dei soccorsi arrivarono le bare.»
- Arroccato sulla sua collina il paese rimane sospeso nel tempo a quella fatidica sera del 23 novembre 1980.