Periodico indipendente su Ambiente, Sud e Mediterraneo / Fondato il 23 dicembre 2015
 

Cosa sta accadendo a Viggiano?

Dieci sversamenti di acque da piezometri in emungimento, e non solo, su cui Eni tranquillizza con spiegazioni poco convincenti, come sottolineato anche dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente.

Dalla lettura del verbale della Conferenza di servizi istruttoria-decisoria, in merito alla “Fuoriuscita greggio area Cova di Viggiano (pratica 586)”, Piano di caratterizzazione e Interventi di messa in sicurezza d’emergenza – emergono alcuni aspetti che destano preoccupazione.
In effetti si dà atto che durante le operazioni di recupero del petrolio disperso nel sottosuolo si sono verificati ben dieci eventi definiti da Eni «piccoli sversamenti di acque da piezometri in emungimento o da condotte o sa serbatoi», risolti o in fase di risoluzione poi, sempre secondo la società petrolifera, «mediante asportazione e smaltimento di modeste quantità di terreno.»
La spiegazione di eventi di dispersione, accaduta proprio durante le fasi di recupero, appare poco convincente tanto che anche Arpab ha stigmatizzato la situazione precisando «che nella documentazione descrittiva degli eventi di sversamento trasmessa non sono sufficientemente descritte le motivazioni che li hanno determinati e che in qualche caso non viene fornita la documentazione relativa allo smaltimento dei rifiuti.»
Ma allora cosa sta accadendo a Viggiano e com’è possibile che durante le operazioni straordinarie di recupero del petrolio disperso si sono verificati numerosi incidenti con conseguente dispersione nell’ambiente di altre sostanze inquinanti?
Sempre dalla lettura del verbale della Conferenza di servizi appare anche un altro aspetto inquietante: la carente motivazione degli incidenti e l’assenza di documenti idonei a specificare quanto accaduto e addirittura come sono smaltiti i rifiuti così prodotti ossia la terra contaminata.
La situazione è particolarmente seria tanto è vero che si verbalizza che «i suddetti eventi […] destano preoccupazione per la loro frequenza», augurandosi poi l’adozione di più incisive azioni operativo-impiantistiche messe in atto scongiurare il ripetersi di simili eventi.
A nostro parere si apre uno scenario che deve far riflettere le Istituzioni e gli enti competenti sulla modalità di svolgimento delle operazioni di recupero del petrolio atteso, che non è ammissibile e giustificabile che possano essere accaduti ben dieci incidenti là dove non dovevano accadere.
Altro aspetto che desta grande preoccupazione è l’indicazione di Eni di non poter più quantificare gli idrocarburi recuperati a seguito dell’entrata in funzione degli impianti di trattamento interno Cova e Cuozzo.
In effetti, se non si può stimare la quantità degli idrocarburi recuperati non sarà in futuro possibile stimare quanto petrolio è stato disperso nel sottosuolo e questo, francamente, è inammissibile.

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