Periodico indipendente su Ambiente, Sud e Mediterraneo / Fondato il 23 dicembre 2015
 

Puglia, la crisi idrica e la gestione dell’acqua

La siccità estiva e la stagionale riduzione dell’approvvigionamento dell’acqua accentuano l’ipotesi di creare nuovi invasi in territorio pugliese.

Il territorio pugliese soffre la siccità che, nei periodi estivi, mostra i suoi picchi più alti creando molti problemi all’agricoltura e alle comunità. La Puglia è povera di corsi d’acqua superficiali e di conseguenza è legata all’approvvigionamento idrico di altre regioni, essenzialmente la Basilicata che, specie nella stagione estiva, è costretta a limitare il flusso idrico.
L’Acquedotto Pugliese ha sempre mostrato di avere grosse falle per la gestione e la parsimonia dell’uso delle acque, in particolare quelle che attinge dalla vicina Basilicata e quelle provenienti dai fenomeni meteorici, sia per lo sversamento a mare dei reflui urbani, sia per l’uso incontrollato delle acque di falda per usi irrigui. La Giunta regionale, infatti, con una deliberazione del 19 giugno 2007 (la numero 883) varò il “Piano di tutela delle acque della Regione Puglia“, con la previsione del riuso delle acque reflue per usi agricoli e industriali, in quanto il sottosuolo è povero di acqua dolce.
In questi giorni è argomento principe lo stato di crisi idrica. Sia a livello nazionale che a livello regionale ci si interrogano su come affrontarlo, ipotizzando – soluzione non molto remota – un accentuarsi del fenomeno nei prossimi anni, comportando – come si sta valutando – la creazione di nuovi invasi distribuiti sul territorio atti a contenere le acque meteoriche dei periodi invernali, e quelle delle vicine dighe, da utilizzare nei periodi di assenza di pioggia.
E dall’Associazione AttivaLizzano arriva una denuncia molto chiara: «Già dal 2011 – periodo in cui si batteva per il recupero dei reflui provenienti dal depuratore consortile di Lizzano, Fragagnano e San Marzano di San Giuseppe (provincia di Taranto) – anziché utilizzare come recapito finale il mare, proponeva il loro recupero, dopo accurato affinamento e stoccaggio, nelle tante cave di tufo esaurite e situate nei pressi di Lizzano. Questa situazione avrebbe sanato molteplici problemi che affliggono il nostro territorio: quello di non far affluire più reflui nel mare incontaminato e cristallino che era, alimentare e ripristinare le falde acquifere e sanare, recuperare e rendere vivibile una zona devastata e deturpata dalle tante cave di tufo poi trasformate in discariche.»
Infine, altro punto di stoccaggio potrebbe essere il grosso invaso Pappadai creato, appunto, per lo stoccaggio delle acque meteoriche e di quelle provenienti dalla diga lucana di Montecotugno, per dissetare popolazioni e campagne delle province di Brindisi, Taranto e Lecce. L’invaso Pappadai è distante da Lizzano circa 8 chilometri, vicinissimo a Fragagnano e distante da San Marzano 5 chilometri, nato per contenere 20 milioni di metri cubi d’acqua. I lavori dell’invaso iniziarono nel 1984 e fin dall’ultimazione dell’opera non è stata mai prelevata una goccia d’acqua.

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Autore:

Responsabile del Comitato Legamjonici di Taranto. Nel 2010 consulente di parte nell’inchiesta “Ambiente svenduto” sull’Ilva.