È stato discusso oggi a Bruxelles un piano per la riduzione dei rifiuti di plastica. A darne notizia è Ansa Europa. Le proposte sono piuttosto ambiziose e, quindi, difficile pensare ad una loro attuazione reale. In sostanza, la Commissione europea propone alcuni obiettivi da raggiungere entro il 2025, come la raccolta del 90 per cento delle bottiglie di plastica monouso per bevande con sistemi di cauzione-deposito.
Vietare la vendita di stoviglie, cannucce, agitatori per bevande, bastoncini di cotone per le orecchie e bastoncini per palloncini in plastica: ecco la proposta di direttiva sulla plastica monouso, la quale stabilisce anche che i contenitori per bevande in plastica saranno ammessi solo se i tappi e i coperchi restano attaccati al contenitore.
Per quanto riguarda invece i vassoi per alimenti e le tazze per bevande in plastica, gli Stati membri dovranno fissare obiettivi nazionali di riduzione. Oneri, inoltre, potrebbero arrivare anche per i produttori che dovranno coprire i costi di gestione dei rifiuti per prodotti come i mozziconi di sigaretta, palloncini e attrezzi da pesca in plastica. Gli assorbenti igienici e le salviette umidificate dovranno riportare un’etichetta chiara che indica il loro impatto negativo sull’ambiente. Buone proposte, dunque, dall’Europa.
Intanto a Taranto, la Legambiente ha usato il metodo fai-da-te attuando la pulizia di una spiaggetta di Parco Cimino. I volontari dell’associazione, sabato scorso, munendosi di bustoni di plastica (si spera biodegradabili) hanno raccolto numerosi rifiuti tra i quali reti da pesca, bicchieri, bottiglie, contenitori per detersivi, cassette.
La notizia della presenza massiccia di tali rifiuti in quella zona di Taranto era stata data un mese fa dalla stessa associazione tarantina, secondo la quale «la maggior parte dei rifiuti marini (circa il 95 per cento) è composta da plastica (UNEP/MAP 2015) e, sempre secondo l’Unep, il Mar Mediterraneo è attualmente una delle sei aree maggiormente invase da marine litter nel mondo: la concentrazione dei rifiuti in alcune aree è comparabile a quella delle cosiddette “isole galleggianti” dell’Oceano Pacifico. Questo è dovuto principalmente alla sua struttura: essendo esso un bacino semichiuso con ridotti scambi d’acqua con l’Oceano Atlantico, accumula al suo interno un enorme quantitativo di rifiuti galleggianti e non.
Tartarughe, mammiferi e uccelli marini possono morire per soffocamento dovuto all’ingestione accidentale di rifiuti (in particolare buste di plastica) scambiati per cibo oppure possono restare intrappolati nelle reti da pesca e negli attrezzi di cattura professionale.
I principali tipi di impatti causati dai rifiuti marini sulla biodiversità sono infatti l’aggrovigliamento (intrappolamento) – a livello globale, diversi studi indicano che le principali vittime di aggrovigliamento sono gli uccelli marini (35 per cento), pesci (27 per cento), invertebrati (20 per cento), mammiferi marini (circa 13 per cento) e, infine, rettili (5 per cento) – e l’ingestione. Quest’ultima è stata rilevata in diversi organismi. A livello globale il 40 per cento delle specie di uccelli marini ingerisce rifiuti di plastica, il 100 per cento delle specie di tartarughe e il 50 per cento di mammiferi.»
Il sodalizio ambientalista non si ferma all’azione ma lancia anche un messaggio critico a tutti coloro che avrebbero dovuto intervenire al loro posto: «L’impegno delle associazioni e dei cittadini più sensibili non può però sostituire l’azione delle istituzioni cui torniamo a rivolgere ancora una volta l’invito pressante a fare la propria parte.»