Dopo oltre vent’anni, la vicenda della discarica ex fornace Gagliardi, in provincia di Chieti, potrebbe avere un epilogo positivo con la definitiva rimozione dei big bags. Con risvolti, però, clamorosi. Il 24 novembre dello scorso anno, infatti, sono stati resi noti i primi risultati di un’indagine partita nel 2014 e condotta dal Corpo forestale dello Stato: alto inquinamento della falda acquifera, veleni non interrati “in sicurezza”, gravi problematiche ambientali legate allo stoccaggio dei rifiuti presenti. Cosa è accaduto ed accadrà nell’ex area Sogeri?
Nel luglio del 2016 il pubblico ministero di Chieti, Giuseppe Falasca, dispose il sequestro di un’area di circa 13 mila metri quadrati e del sistema di convogliamento delle acque reflue nel torrente Venna. Il monitoraggio effettuato durante le indagini riscontrò la presenza di manganese, nichel, ferro, cromo totale, boro, nitriti, solfati e floruri – con valori al di sopra dei parametri di legge nelle acque sotterranee -, solfati e cloruri nelle acque di ruscellamento. Le stesse indagini portarono gli inquirenti a scoprire la presenza di rifiuti speciali interrati in un’area che nel 2009 era stata dichiarata incontaminata. Rifiuti a pochi metri dal torrente Venna, risultati della stessa tipologia di quelli contenuti nei big bags e di quelli interrati nell’area “messa in sicurezza.”
La ricostruzione storica dei fatti
A partire dal 1994 nell’area dell’ex fornace Gagliardi, nei pressi delle sponde del torrente Venna, sono stati seppelliti almeno 30 mila tonnellate di rifiuti di ogni tipo in due capannoni, senza alcuna messa in sicurezza. Tra i rifiuti anche scarti farmaceutici e chimici, scorie sanitarie provenienti dalla Francia e rifiuti industriali provenienti dal Nord Italia. Secondo una relazione tecnica i rifiuti provenivano da aziende localizzate in diverse regioni italiane: Borgometalli Ghiraf, Eural Gnutti (Brescia); Faro (Padova); Zanimetalli, Madrigali, Icmet e Servizi Costieri (Venezia); Fonderia Riva (Milano); Cuoio Depur (Pisa); Fonderie Farabolini (Macerata); Conceria Sacomar, Cromas San Martino, La Fargesi (Ascoli Piceno); Siderchieti, Porcellana Tumini, Sery Stile (Chieti); Laaval Giulianova, Metallurgia Adriatica, Consortium (Teramo).
L’allora procuratore generale di Chieti, Nicola Trifuoggi, in un’audizione parlamentare affermò che in quell’area erano giunti anche molti Tir “carichi di rifiuti radioattivi provenienti dalla Francia.”
I Noe sequestrarono la discarica di Tollo il 2 febbraio 1996. A cui seguirono altri sequestri di terreni quasi sul greto del fiume Pescara, nel comune di Chieti, e in contrada Aurora a Cepagatti, dove l’attività di sversamento stava proseguendo. L’attività illegale avvenne ininterrottamente dal 16 maggio 1995 fino al sequestro.
“Lo scarico dei rifiuti si faceva da queste parti, grazie ad un unico soggetto, Nicola De Nicola della Sogeri srl […] rifiuti uscivano dalle fabbriche e poi si procedeva con il solito sistema della triangolazione. Si fermavano una notte a Marghera e il mattino successivo lo stesso camion partiva con una bolla diversa con la dicitura residui riutilizzabili. Un camion è stato seguito dalla partenza fino a Ripa Teatina.”, riportò Nicola Trifuoggi, che – il 22 maggio 1996 – inviò alla Commissione parlamentare competente anche una consulenza tecnica dalla quale emerse che “in considerazione dello stato dello stabilimento e dei rifiuti in esso accumulati, dai quali si sviluppa ammoniaca ed acetilene, con conseguente sviluppo di gas tossici e la cui movimentazione è causa di elevatissima polverosità, la situazione può costituire un pericolo per la salute degli operatori, per gli insediamenti circostanti e per l’ambiente, considerato che non sono presenti sistemi di convogliamento e abbattimento di tali gas.”
Valori anomali di concentrazione
Un gruppo scientifico del WWF, nel 2014, elaborò un quadro dettagliato della vicenda. La geologa Loredana Pompilio – ricercatrice all’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti – esaminò due relazioni tecniche prodotte dall’Arta Abruzzo, datate rispettivamente 2 dicembre 2009 e 9 maggio 2012. Da una parte il Piano di manutenzione nell’ambito del “Progetto dei lavori di bonifica nell’area ex Fornace Gagliardi in contrada Venna di Tollo” prodotto dal Comune; dall’altro invece un rapporto di prova e la relazione tecnica sul monitoraggio dell’area del laboratorio di analisi Laci. Il campionamento delle acque effettuato dall’Arta, il 2 dicembre 2009, evidenziò “valori anomali di concentrazione” di nichel e manganese riguardano “in due dei tre piezometri campionati.”
Il successivo campionamento del maggio 2012 rilevò “nuovamente anomalie sugli stessi elementi, ma in misura sensibilmente diversa rispetto alle analisi del 2009, cui si aggiunse il Ferro (Fe) in uno dei piezometri.” I campionamenti e le analisi delle acque sotterranee (prelevate all’interno di 4 piezometri) e di corrivazione (provenienti dalle canalette di raccolta delle acque piovane) effettuati dal laboratorio Laci nel marzo 2012 evidenziarono “concentrazioni di Manganese (Mn) molto superiori ai limiti stabiliti dalla legge, in tutti i campioni di acque sotterranee.”
I tumori
Testimonianze e perizie mediche documentano che già nel 1995 si verificò un’impennata dei casi di tumore. Antonio Di Federico, medico presente a Miglianico – un paese vicino Tollo – da trenta anni, testimoniò a La Stampa nel 2008 il “numero spropositato” di “cancri dell’encefalo, cancri della vescica, cancri prostatici e tiroidei, sarcomi in pazienti giovanissimi.”
“Il cancro qui è aumentato in modo esponenziale. La situazione è esplosa nel 1995”, affermò il medico. “Prima di allora i tumori erano sporadici. Ho rilevato un numero spropositato, sia di incidenza che in prevalenza rispetto alla media nazionale.” Le aree del territorio dove i casi di tumore sono maggiori, rilevò, erano “quelle vicino ai torrenti Venna e Dentalo e al fiume Foro”. La fascia di età più colpita quella sui 50 anni. Di Federico raccontò di una sua giovane paziente morta due mesi dopo la comparsa di un fibrosarcoma della mammella. “La reazione leucemoide fa pensare a qualche componente radioattiva nel territorio.” Questa la sua conclusione.
“In ogni casa ci sono vittime, morti o malati di tumore. Per non dimenticare i numerosi bambini nati con rarissime malformazioni e i tanti aborti”, la testimonianza resa dalla farmacista di Miglianico, Elisabetta Zannolli. “I camion di rifiuti avevano le targhe di Venezia, Verona, Padova, Brescia. Scavarono due fosse profonde da una parte e l’altra del Venna. Dalla terra usciva un fumo bianco come una nebbia acida e non respiravamo. La nostra protesta scoppiò nel 1996 dopo 3 aborti forzati. Capitò anche a mia moglie incinta al sesto mese.” Questa, invece, la testimonianza di un abitante di Tollo del 2008, sempre al quotidiano torinese.
Le testimonianze raccolte da Terre di frontiera
Un’insegnante, in servizio da otto anni nel vicino comune di Giuliano Teatino, ci ha raccontato che “da quando insegno nella piccola scuola di Giuliano Teatino sono venuta a conoscenza di parecchi casi di persone affette da tumori, alcune delle quali purtroppo decedute anche in giovane età. Ho avuto anche alunni con patologie rare più o meno gravi, la cui incidenza non so quanto possa rientrare nella norma.” Una testimonianza simile a quella di don Carmine Miccoli, a Tollo dal 1998 al 2005, prima come collaboratore poi come parroco. Don Carmine ci ha che “sin dai miei primi mesi in quella comunità parrocchiale, mi confrontavo col parroco mio predecessore, don Celestino Verna, che era lì da quasi vent’anni, per capire come mai erano esplosi negli ultimi tempi i casi di morte per tumori e leucemie; con lui avevamo iniziato anche un confronto con l’Istituto Mario Negri Sud (ora chiuso) per un monitoraggio statistico di quello che avevamo osservato. Nel mentre, accompagnavamo troppo spesso dalla chiesa al cimitero adulti e giovani, morti prematuramente, spesso in tempi rapidissimi, incapaci di trovare una risposta per dare forza alla popolazione, spaventata da tanto dolore senza causa apparente, mentre si mormorava di inquinamento e di radiazioni.”
Ed ecco la prescrizione
Dopo il dissequestro dell’area avvenuto nel 2001 la vicenda giudiziaria si concluse con la più classica delle prescrizioni. La Procura rilevò che “non è più necessario mantenere il vincolo posto che atteso il tempo trascorso non sarebbe neanche più possibile eseguire ulteriori prelievi ed analisi.” Un anno prima il dissequestro, la Regione Abruzzo stanziò 300 milioni di vecchie lire per la messa in sicurezza, la raccolta e il confezionamento dei big-bags (contenitori appositi per rifiuti pericolosi). Ai quali, sette anni dopo, se ne aggiunsero ulteriori 587 mila euro. L’8 ottobre 2007 il Comune di Tollo, dopo un bando di gara, affida i lavori alla Ecologica Anzuca srl. La conferenza dei servizi del 19 novembre 2008 decise la raccolta dei rifiuti in big bags, scartando l’ipotesi di interrare i sacchi, anche tenendo conto dell’impegno della Regione alla rimozione degli stessi big bags. I lavori si conclusero il 15 settembre 2009 ma i big bags non si sono mai mossi da contrada Venna. Il Comune di Tollo aveva già chiesto all’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente, alla Provincia ed alla Regione un finanziamento per spostare “350 sacchi circa contenenti 500 tonnellate di rifiuti ed allocati provvisoriamente nei capannoni A e B”. Secondo l’articolo 183 del decreto legislativo n.4/2008 un deposito temporaneo “non può avere durata superiore ad un anno” se “il quantitativo di rifiuti pericolosi non superi i 10 metri cubi l’anno e il quantitativo di rifiuti non pericolosi non superi i 20 metri cubi l’anno”, superate queste soglie “i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento” seguendo una “cadenza almeno trimestrale.”
Per il trasporto fu stimato un costo di 509.400 euro e il Comune di Tollo sottolineò di non avere “una disponibilità tale nel suo bilancio e non può contrarre un mutuo per far fronte alle spese”. La richiesta di aiuti economici per il completamento della bonifica – “in via d’urgenza” – fu ripetuta il 15 gennaio 2009. Perché di urgenza si trattava, in quanto “i rifiuti si trovano per la massima parte interrati nella ex cava al lato destro del torrente Venna e per la parte rimanente sono contenuti in 337 big bags”. Come citato in una relazione tecnica, nella quale viene anche evidenziata la presenza di “alluminio, fanghi da lavorazione del cuoio (5.267.710 kg), scorie di fusione materiali non ferrosi (3.341,480 kg), scorie fusione materiali ferrosi (132.140 kg), alluminio presente come azoturo, piombo pari a 1.997 mg/Kg, berillio, arsenico, mercurio, tallio in concentrazioni elevate, ammoniaca cloruri eccedenti la norma e di due campioni tossici e nocivi”.
“I big bags non rappresentano una sistemazione sicura dei rifiuti in essi contenuti”
Ad affermarlo è la geologa Loredana Pompilio, tecnico di parte WWF. “[…] sia perché i big bags si deteriorano nel tempo, sia perché la collocazione topografica degli stessi li pone in forte pericolo in caso di esondazione del Venna che non è un evento remoto, in quanto già lo scorso dicembre il livello delle acque aveva quasi raggiunto l’argine. Pertanto i rifiuti contenuti nei Big Bags vanno sicuramente rimossi dalla loro collocazione attuale e, visto che trattasi di rifiuti pericolosi, adeguatamente smaltiti.”
Il settore Ambiente della Regione Abruzzo a settembre 2013 scrisse al sindaco di Tollo, Angelo Radica, di non possedere le risorse necessarie alla bonifica della discarica in contrada Venna, nell’area occupata dalla società Sogeri. Radica rispose a stretto giro appellandosi all’allora assessore Mauro Di Dalmazio ad assumersi “l’impegno preso” e non lasciare solo il Comune nella gestione di un problema “che non può risolvere da solo” e di “una spesa di ben 500 mila euro”. L’impegno di Di Dalmazio risaliva al marzo del 2012, due mesi prima delle elezioni comunali a Tollo. L’assessore si sarebbe impegnato a stanziare da 200 a 300 mila euro. Il mese successivo lo stesso Comune di Tollo – insieme ai Comuni di Ortona, Canosa Sannita, Francavilla al Mare, Giuliano Teatino, Miglianico e alle associazioni WWF, Nuovo Senso Civico e Comitato No Petrolio – ha attivato un Tavolo di lavoro per la bonifica dell’ex fornace di Contrada Gagliardi. Il Tavolo di lavoro avrebbe dovuto realizzare un vero e proprio dossier da inviare alla Regione ed impegnarsi – per quanto di competenza e possibilità – nella bonifica dell’area. Tra i primi dati emersi, consultando verbali di sopralluoghi e documentazione sulla discarica, la scarsa sicurezza e la pericolosità dell’area, dovute all’assenza di recinzioni che impediscano l’accesso al capannone con copertura in eternit a alla vicinanza con alcune abitazioni.
Cadmio, cromo e piombo
Nel mese di febbraio 2014, nel corso di una delle riunioni del Tavolo di lavoro, Luciano Di Giulio, esponente della Uil rese noto che secondo i risultati dei “campionamenti effettuati dai nuclei Nas e Noe dei Carabinieri” i rifiuti stoccati in contrada Verna “sono stati classificati come tossici, nocivi e speciali”, “nessuna opera di decontaminazione del sito è stata ad oggi avviata” e “su sedimenti prelevati sul letto del vicino fiume Venna” sono state rilevate “numerose specie di inquinanti cadmio, cromo, piombo, che sono molto superiori ai limiti imposti dalla legge.” Big bags che sono stati rimossi nel maggio 2016 dalla Angelo De Cesaris, aggiudicataria di un bando di gara indetto dalla Regione Abruzzo nell’aprile del 2016, a seguito dello sblocco di 550 mila euro. La ditta De Cesaris, risultata vincente tra le 10 società invitate, ha adottato un ribasso del 51 per cento, per un importo complessivo di poco più di 200 mila euro. Il sindaco di Tollo, Angelo Radica ci ha dichiarato, in riferimento al sequestro del novembre scorso, che durante la rimozione dei big bags “sono stati trovati rifiuti interrati dimenticati durante la realizzazione di un’area Mispe (Messa in sicurezza permanente) che ha costretto il magistrato a sequestrare l’area. Il prossimo mese, dopo aver provveduto a caratterizzare i rifiuti, verranno eliminati con 250 mila euro di economie della bonifica.”