Periodico indipendente su Ambiente, Sud e Mediterraneo / Fondato il 23 dicembre 2015

La regione produce da sola la quasi totalità del gas estratto in terraferma da 8 concessioni attive nel 2018, in Italia. Le problematiche connesse all’estrazione di gas e alle attività di stoccaggio in un territorio fragile e vulnerabile. Il consenso alle attività minerarie e le royalties per i Comuni.

Oltre al petrolio, la Basilicata è interessata dalle estrazioni di gas. Su 1.634.036.284 metri cubi di gas estratto in Italia (ad esclusione di quello estratto in mare), in terra lucana si estraggono 1.189.192.419 metri cubi, pari ad oltre il 72 per cento della produzione nazionale (dati UNMIG 2018). Gli operatori corrispondono le royalties delle aliquote della produzione del gas a Stato, Regioni e Comuni, a differenza di quelle del petrolio. E lo fanno solo in seguito alle aste effettuate presso la piattaforma di negoziazione PGas del Gestore dei mercati energetici (Gme), applicando un complesso calcolo dell’indice QE (Quota Energetica), tra l’altro oggetto di contenziosi presso la magistratura amministrativa tra compagnie da un lato (in primis Eni), e ministero dello Sviluppo economico (Mise), Regioni (tra le quali la Basilicata) e Comuni (primo tra tutti il Comune di Viggiano che è percettore di ingenti quote di royalties anche per il gas estratto dalla concessione Val d’Agri). Viggiano, inoltre, riceve gratis una parte del gas sotto forma di bonus distribuito ai residenti. Che va, in parte, anche agli altri comuni della concessione. Questi incentivi giocano un ruolo cruciale rispetto al consenso relativo alle attività estrattive, attuali e future, nell’ambito della variazione del programma presentato da Eni nel mese di ottobre 2017 presso il Mise, unitamente alla richiesta di rinnovo della concessione in scadenza nel mese di settembre 2019, e quindi con due anni di anticipo.
Ma il sistema delle royalties potrebbe subire delle modifiche, lasciando a “bocca asciutta”, per le nuove attività, i Comuni, in coincidenza con le nuove strategie governative tese a far cassa anche dalle concessioni petrolifere, sottraendo le compensazioni che oggi sono devolute a Regioni e Comuni.

IL GAS E IL MERCATO ENERGETICO FOSSILE IN BASILICATA
A trarre vantaggio dalle estrazioni di gas, pur se in modo limitato rispetto ai vantaggi per le compagnie, è al momento solo la Val d’Agri, ed in special modo quei Comuni che ospitano pozzi produttivi o impianti petroliferi sul proprio territorio. Principalmente attraverso le royalties maturate anche sul gas (oltre che sul petrolio estratto) che, però, vengono percepite solo a seguito delle aste PGas.
Il Gme è stato costituito dal Gestore dei servizi energetici (Gse spa). È una società interamente partecipata dal ministero dell’Economia e delle Finanze il cui presidente è Pietro Maria Putti, nominato dal governo Renzi alla guida della società. Putti è nuclearista della prima ora, ex vicepresidente dell’Associazione italiana nucleare (Ain). Il Gme svolge le proprie attività nel rispetto degli indirizzi del ministero dello Sviluppo economico e delle previsioni regolatorie definite dall’Autorità di regolazione per energia rete e ambiente (Arera). In passato la Società energetica lucana (Sel) – attualmente in stand-by sul mercato del gas – partecipò al “sistema chiuso” delle aste della PGas. Sul sito della Sel – il cui amministratore è Ignazio Petrone – si legge come in base alle previsioni della legge istitutiva regionale (la n.13 del 31 luglio 2006) la Società energetica lucana dovrebbe «essere chiamata a supportare le politiche energetiche regionali in materia di energia», ponendo in essere «azioni miranti a migliorare la gestione della domanda e dell’offerta dell’energia, la promozione del risparmio e dell’efficienza energetica e a favorire un migliore utilizzo delle risorse energetiche locali, convenzionali e rinnovabili, operando altresì nei mercati dell’energia elettrica e del gas.»
Questa società venne concepita in base all’accordo quadro sottoscritto tra Regione e compagnie petrolifere nel 2006 (Total, Shell ed Esso, quest’ultima sostituita alla subentrante nipponica Mitsui). Quest’accordo prevedeva 50 centesimi per ogni barile estratto dalla concessione Gorgoglione quale contributo per la compensazione relativa alla perdita dell’uso alternativo del territorio e per la compensazione dell’equilibrio ambientale e territoriale destinare ai Comuni fino al 15 per cento, più contributi in denaro forfettario di 1 milione all’anno, per 4 anni, a partire dall’entrata in produzione del giacimento. Ma l’aspetto più saliente dell’accordo è «la fornitura di tutto il gas naturale proveniente dalla concessione, già compresso e addotto nel punto della rete dei metanodotti nazionali in alta pressione più vicino all’area del realizzando centro olio, al netto dell’autoconsumo certificato e del rimborso delle royalties dovute ed esigibili sui volumi di gas al punto di vendita nella rete gas da parte di ciascun contitolare […] con contratto da stipulare con la Sel […] garantendo una quantità minima di gas naturale di 750 milioni di metri cubi […] o la quota dei relativi ricavi della vendita.» Fin qui l’accordo che riguarda il cosiddetto “gas sociale” della concessione, sbandierato all’epoca della sottoscrizione come un affare per la Basilicata

GAS: SE VIGGIANO GODE, LA BASILICATA NON RIDE
Perdurando lo stop da parte della Regione Basilicata alla messa in produzione del giacimento Tempa Rossa (nella concessione Gorgoglione della Total), per inadempimento delle clausole e prescrizioni di natura ambientale e di quelle relative ai monitoraggi, le compagnie non potranno adempiere a quanto previsto nell’accordo del 2016, sul quale l’attuale vicepresidente della Regione Basilicata pro tempore, Flavia Franconi, si era affrettata a chiedere le anticipazioni, in attesa della prossima messa in produzione del giacimento.
In realtà, a leggere i dati sul sito Unmig del Mise ci si accorge che dall’area della concessione nel 2018 sono stati estratti da Total oltre un milione di metri cubi di gas e oltre 13,7 milioni di chilogrammi di greggio. Quote che afferirebbero a prove di produzione che invece producono già profitti solo per le compagnie, nonostante lo stop imposto dall’assessorato all’Ambiente della Regione Basilicata, in attesa che il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, chiamato in causa, decida di derimere la nuova matassa di Tempa Rossa, prima delle prossime elezioni regionali, previste presumibilmente a febbraio del prossimo anno.
Intanto è durato poco l’entusiasmo del sindaco di Viggiano, Amedeo Cicala, che nel mese di gennaio scorso aveva ricorso al Consiglio di Stato ottenendo una sentenza favorevole al suo Comune sull’applicazione dell’indice QE per il gas, che invece Eni vorrebbe veder modificato in indice Pfor, più favorevole per i suoi interessi. Infatti, l’Eni ha incassato una speranza dal Tar Lombardia, sezione II, l’Ordinanza n.1299 del 17 maggio 2018, che ha messo nelle mani della Corte di giustizia europea ogni decisione sulla modifica del sistema delle royalties del gas. La Corte di giustizia europea potrebbe nuovamente ribaltare la “partita” del gas in Val d’Agri in favore dell’Eni.

LE CONCESSIONI DI GAS ATTIVE IN BASILICATA, I QUANTITATIVI ESTRATTI NEL 2018 E LO STOCCAGGIO IN POZZI ESAUSTI
Dalle 19 concessioni attive in Basilicata, solo da 8 si estrae gas ed olio. Undici risultano in via di riattribuzione. Per alcune c’è stata la momentanea rinuncia da parte delle società, altre risultano non produttive, altre ancora scadute. Quest’ultime, se produttive, sarebbero in attesa di rinnovo ai sensi del decreto legislativo n.179 del 18 ottobre 2012 (articolo 34, comma 19). Mentre sono 8 le concessioni produttive a gas (ed anche in parte ad olio) nel 2018, ovvero la concessione Garaguso (Edison P&E-Gas Plus) dalla quale sono stati estratti, da un solo pozzo dei quattro risultanti non produttivi, oltre 190 mila metri cubi di gas. La concessione, scaduta, fruisce di proroga ai sensi del decreto legislativo n.179/2012; la concessione Gorgoglione (Total-Shell-Mitsui) dalla quale sono stati estratti oltre 1,1 milioni di metri cubi di gas e 13,7 milioni di chilogrammi di olio; la concessione Masseria Viorano (Pengas Italiana) dalla quale sono stati estratti 320.503 metri cubi di gas da un pozzo. La concessione, situata tra i territori di Genzano di Lucania e Irsina, è in scadenza ad ottobre del 2019; la concessione Monte Morrone (Gas Plus) dalla quale sono stati estratti oltre 8,4 milioni di metri cubi di gas dall’unico pozzo produttivo. La concessione, situata tra Pomarico, Pisticci scalo e Pisticci, è scaduta nel 2017 ma fruisce di proroga ai sensi del decreto legislativo n.179/2012; la concessione Policoro (Gas Plus) dalla quale sono stati estratti oltre 3 milioni di metri cubi di gas dall’unico pozzo produttivo. Nonostante scada nel 2021, la società ha richiesto di recente la proroga della concessione; la concessione Recoleta (Gas Plus) dalla quale sono stati estratti oltre 323 mila metri cubi di gas dal pozzo “Gioia 001”. La concessione, ricadente nei territori compresi tra Montalbano Jonico e Scanzano Jonico, scade a settembre del 2019; la concessione Serra Pizzuta (Eni) dalla quale quest’anno sono stati estratti oltre 6 milioni di metri cubi di gas, rispetto ai 10 milioni del 2017, da 20 pozzi produttivi su una trentina di pozzi attivi. La concessione è scaduta nel 2001 ma opera in regime di proroga ai sensi del decreto legislativo n.179/2012. Inoltre, alcuni pozzi di Serra Pizzuta erano stati destinati a far parte del mega stoccaggio di gas della società italorussa Geogastock, che rinunciò in seguito al loro utilizzo. Anche la concessione di stoccaggio, scaduta nel 2013, fruisce dei benefici di proroga ai sensi del decreto legislativo n.179/2012; infine la concessione Val d’Agri (Eni-Shell), con 26 pozzi produttivi, dalla quale sono stati estratti finora oltre 1,2 miliardi di metri cubi di gas e 2,7 miliardi di chilogrammi di greggio. Ma sono pochi i Comuni della valle a trarne vantaggio economico. Oltre a Viggiano ci sono Grumento Nova, Marsicovetere, Marsico Nuovo e Calvello. Eni ha presentato una variazione del programma e la richiesta di proroga della concessione nel mese di ottobre 2017, con due anni di anticipo rispetto alla scadenza prevista a settembre 2019. Ma il governo attuale minaccia di bloccare le nuove estrazioni, ma solo a parole.

CONCESSIONE POLICORO: SINDACI E PROVINCE SI OPPONGONO ALLA RICHIESTA DI RINNOVO
A chiedere il blocco del rinnovo per la concessione Policoro è il Movimento NoScorie Trisaia che, in un comunicato, informa come «con istanza pervenuta al ministero dello Sviluppo economico il primo ottobre 2018 (Protocollo n.85972), la società Gas Plus Italiana srl, titolare della concessione ubicata nelle province di Matera e Cosenza, ha chiesto la proroga decennale della concessione stessa.»
La concessione interessa i comuni di Scanzano, Policoro, Tursi e Nova Siri in Basilicata, Rocca Imperiale in Calabria. Per la concessione Policoro, in scadenza nel settembre 2020, la società gestore ha chiesto in anticipo il rinnovo della concessione, a circa due anni dalla scadenza trentennale. NoScorie Trisaia ha chiesto ai Comuni interessati e a quelli confinanti di Montalbano, Rotondella, Canna, nonché alle province di Matera e Cosenza, di «opporsi al rinnovo presso le Regioni Basilicata e Calabria e ministero dello Sviluppo economico. È la terza concessione in scadenza presente nel Metapontino dopo San Teodoro e Recoleta dove i Comuni interessati hanno già presentato le proprie opposizioni al Mise. I Comuni in questa concessione non hanno mai usufruito di benefici economici legati all’estrazione di gas per via delle franchigie che non hanno mai fatto scattare le royalties.»
Le amministrazioni e le comunità, secondo gli attivisti di NoScorie, «non conoscono ancora l’impatto ambientale che tale attività industriale ha prodotto su suolo, falde, aria, coltivazioni agricole pregiate e sulla salute delle popolazioni locali in quanto in questi anni enti e istituzioni non hanno mai avviato un monitoraggio pubblico sulle matrici ambientali, alimentari, sulla subsidenza e sugli impatti sanitari.» Secondo i criteri Ispra 2014, continua l’associazione, «i siti nucleari devono trovarsi lontano da luoghi dove si sfrutta il sottosuolo e da impianti industriali ad alto rischio. Nello specifico la concessione Policoro si trova intorno al sito Itrec, secondo sito italiano per pericolosità di III categoria. Nella concessione Policoro nel 1991 esplose e bruciò per oltre 15 giorni il pozzo “Policoro 001” senza che nessuno riuscì a spegnerlo.»
Il ministero dello Sviluppo economico, conclude nella nota il Movimento NoScorie Trisaia «è direttamente coinvolto nell’autorizzazione del rinnovo della concessione, con esso tutta la credibilità del Movimento 5 Stelle che prima di andare al governo si diceva contrario alle estrazioni petrolifere in terra e mare.» 

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Autore:

Giornalista e sociologo. È autore di numerosi saggi e ricerche sulle tematiche naturalistiche. Ha prodotto studi sociali e ricerche storiche sui beni monumentali, il patrimonio ambientale e la loro tutela. Website: <a href="http://www.pandosia.org/">www.pandosia.org</a>