Periodico indipendente su Ambiente, Sud e Mediterraneo / Fondato il 23 dicembre 2015
 

Gasdotti e stoccaggi nel futuro giallo-verde italiano

L’hub energetico centro-meridionale italiano prevede terminal gassiferi in Puglia e in Basilicata, il potenziamento della rete dei gasdotti Snam e gli stoccaggi di gas naturale lungo la trasversale Tirreno-Adriatica. Il quadro delle grandi manovre in atto.

L’Italia gioca un ruolo preminente nella cosiddetta Strategia energetica nazionale (Sen), varata nel mese di dicembre 2017, che forse oggi sarebbe meglio riclassificare Strategia energetica internazionale (Sei). In questo contesto un ruolo centrale è giocato dal gas, attraverso la realizzazione di nuovi e contestati terminal gassiferi in Puglia, con il gasdotto Tap (Trans Adriatic Pipeline) in primo piano, che il governatore pugliese, Michele Emiliano, avrebbe voluto far arrivare a Brindisi dalla Grecia, e non in provincia di Lecce, a Santa Foca di Melendugno, per avviare la decarbonizzazione dell’Ilva di Taranto, evitando di intralciare le vocazioni agricole e turistiche del Salento. Un’ipotesi, su cui restano i dubbi della propaganda, subito bocciata dal governo di Matteo Renzi e dall’attuale governo di Giuseppe Conte – pugliese, nato a Volturara Appula, un piccolo borgo dei Monti Dauni nel foggiano – che ha paventato sull’eventuale bocciatura del Tap l’ombra di penali ai danni dello Stato.
In poche parole, il gas – nonostante la vittoria dei Verdi in Germania che vorrebbero una transizione verso le energie rinnovabili, abbandonando il carbone, l’energia nucleare, ma il metano – sembra essere gradito al governo giallo-verde che si muove per fare dell’Italia il nuovo hub europeo fossile del gas, nonostante, a parole, si dichiari di voler attuare la svolta verso le rinnovabili, che pure usufruiscono di forti incentivi alla produzione.
L’hub internazionale del gas passerà dal potenziamento della rete di trasporto della Snam in Italia, e dagli stoccaggi lungo la dorsale Tirreno-Adriatico, con la Basilicata altra regione in pole position per diventare la “bombola del gas” nazionale. Ma da dove arriverebbe il gas all’Europa che rischia di ritrovarsi con un deficit di 70 miliardi di metri cubi di gas l’anno?

I CONTRATTI SULLE FORNITURE IN SCADENZA CON ALGERIA E TUNISIA E IL DEFICIT DEL GAS NEL NORD EUROPA PER LA CRISI RUSSIA-UCRAINA
La Sen, in sintesi, indica i problemi che l’Italia e l’Europa si troveranno ad affrontare a partire dal 2019. Molteplici sono, infatti, le criticità che potrebbero impattare sulla fornitura di gas e che richiedono un approccio strategico. «I contratti commerciali di fornitura con l’Algeria dei principali importatori (Eni, Enel, Edison) termineranno tra qualche mese ed essendo tuttora in corso le rinegoziazioni sui rinnovi, non sono ancora stati definiti i volumi destinati all’esportazione da questo Paese, dipendenti anche dai futuri investimenti in ricerca e produzione di idrocarburi nel Nord Africa che dovrebbero essere effettuati per mantenere l’attuale livello di produzione.»
Secondo la Sen, «i contratti di transito del gas algerino, attraverso il gasdotto TTPC in Tunisia, scadranno sempre nel 2019 e i nuovi negoziati andranno condotti in parallelo con quelli di fornitura.» Inoltre, la titolarità dei diritti di transito passerà dalla società attuale, in cui è presente Eni, all’operatore tunisino. Al momento – è scritto nella Sen – c’è un clima di incertezza derivante dagli sviluppi della situazione in Libia, che potrebbe avere riflessi sugli impianti di produzione e sul gasdotto Green Stream di esportazione verso l’Italia. I contratti di transito di gas russo attraverso l’Ucraina – da dove transita il gas russo diretto in Italia – scadranno anch’essi nel 2019 e Gazprom, esportatore e produttore, ha affermato di non voler rinnovare gli accordi con la controparte ucraina, ma di voler portare avanti progetti di gasdotti alternativi di “aggiramento” di tale rotta (North Stream 2 e Turk Stream).
Per mantenere comunque operativa tale rotta, a margine del G7 Energia di Roma dello scorso aprile, su proposta della Presidenza italiana, gli operatori delle reti di trasporto italiana e slovacca, Snam e Eustream, hanno siglato con le loro controparti ucraine (Naftogaz e UkrTransGaz) un accordo di cooperazione rivolto al mantenimento in buone condizioni operative della rete ucraina di trasporto del gas. Il mantenimento in buono stato di questa rete è, infatti, di interesse europeo anche per il periodo post 2019. Contestualmente alla scadenza dei transiti attraverso l’Ucraina nel prossimo anno, la realizzazione del raddoppio del North Stream avviata da parte russa, potrebbe avere come risultato, almeno transitorio, che l’Italia dovrebbe approvvigionarsi per tutto il gas russo necessario via Germania, con un mutamento di rotte attraverso l’Europa e con possibili costi addizionali che dovrebbero essere sostenuti per potenziare le interconnessioni intra-europee, che potrebbero poi riverberarsi sul prezzo all’ingrosso italiano.
Inoltre, un volume così importante di gas concentrato in un unico punto di entrata, a parte i rischi per la sicurezza delle forniture, di fatto renderebbe la Germania un hub centro europeo dove si formerebbero i prezzi, rendendo strutturale lo spread di prezzo tra il sistema italiano ed il Nord Europa, dato che il prezzo all’ingrosso al Psv (Punto di scambio virtuale) diverrebbe pari a quello tedesco, con l’aggiunta dei costi addizionali di trasporto, aumentando il divario di competitività per le imprese italiane. In questo contesto si sono inserite le nuove sanzioni Usa alla Russia, all’Iran e alla Corea del Nord, stabilite con provvedimento del presidente degli Stati Uniti del 2 agosto 2017 e che hanno un potenziale impatto diretto anche su tale progetto. Spetta all’amministrazione americana la discrezionalità di imporre sanzioni a qualsiasi impresa che contribuisca allo sviluppo, alla manutenzione, all’ammodernamento o alla riparazione di gasdotti per l’esportazione di energia dalla Federazione russa, comprese le infrastrutture che trasportano risorse energetiche in Europa. Con le stesse misure, a meno di non ritenerlo contrario al proprio interesse nazionale, gli Usa potranno sanzionare entità straniere impegnate in progetti petroliferi speciali con società russe, ovunque, nel mondo. Queste misure non saranno comunque applicate a progetti i cui contratti siano stati finalizzati prima del 2 agosto 2017 (sono state stabilite altre date in funzione della tipologia dell’investimento e del progetto energetico).

PRODUZIONE EUROPEA IN CALO E LE NUOVE ROTTE
La produzione di gas in alcuni dei principali Paesi europei – Olanda e Regno Unito su tutti – è in fase calante. Allo stesso tempo, emergono in questo quadro di crescente complessità alcuni elementi positivi che possono aiutare a migliorare la sicurezza complessiva degli approvvigionamenti per l’Italia. Come l’apertura del Corridoio Sud, operativo dal 2020 con l’arrivo del gas azero per circa 8,8 miliardi di metri cubi aggiuntivi, attraverso una rotta del tutto indipendente da quelle attuali. La scoperta dell’importante giacimento Zohr di gas nell’offshore egiziano da parte dell’Eni, che entrerà in produzione entro il 2018, coprirà la domanda egiziana per i prossimi decenni, lasciando potenziali spazi, anche se ridotti, per l’export di Gnl nel Mediterraneo. Inoltre, lo sviluppo dei giacimenti di gas scoperti nella parte orientale (Israele, Cipro e Libano) potrebbe essere effettuato mettendo a fattor comune le infrastrutture di trasporto e di export egiziane, con potenziali nuove interconnessioni verso i due terminali di liquefazione esistenti di Damietta e Idku (capacità totale di circa 18 miliardi di metri cubi all’anno), mediante il progetto EastMed di collegamento fra le risorse di gas del bacino del Levante e l’Europa, con un gasdotto off-shore via Creta, Grecia ed Italia. Tale progetto, dimostrato economicamente e commercialmente fattibile da uno studio co-finanziato dalla Commissione europea, potrà essere una via affidabile e indipendente di sviluppo di queste fonti di gas per assicurare in futuro un’ulteriore diversificazione delle fonti e rotte di approvvigionamento. Tale rotta appare pertanto quella di maggiore interesse europeo ed italiano e non è preclusiva, dati i notevoli volumi disponibili per l’export, rispetto ad altre ipotesi di esportazione mediante un collegamento delle risorse israeliane del bacino orientale anche con un gasdotto diretto verso la Turchia. Per l’implementazione del progetto si è svolta nell’aprile del 2017 a Tel Aviv una riunione quadrangolare tra i ministri dell’Energia di Italia, Grecia, Cipro ed Israele, con la presenza del Commissario europeo all’Energia e Clima. L’incontro ha portato alla firma di una Dichiarazione congiunta per l’implementazione della collaborazione fra questi quattro Paesi. Successivamente a questa Dichiarazione è stato impostato un Memorandum d’intesa finalizzato a supportare a livello ministeriale il progetto EastMed. In sostanza, sono state gettate le basi per un accordo intergovernativo che regoli più in dettaglio i termini della collaborazione dei Paesi interessati al gasdotto. L’avvio dello sviluppo del progetto Turk Stream, in combinazione con il progetto ITGI-Poseidon, consentirebbe di diversificare le rotte di approvvigionamento del gas russo verso l’Italia bilanciando il possibile raddoppio della rotta North Stream e consentendo al sistema europeo maggiore sicurezza degli approvvigionamenti nonché supportando lo sviluppo dell’hub italiano.

CONTE E PUTIN: IL POSSIBILE NUOVO ACCORDO SUL GAS CON LA RUSSIA E I GASDOTTI ITALO-GRECI
La Russia sta studiando la possibilità di unire l’Italia al gasdotto Turkish Stream attraverso la Bulgaria, la Serbia, la Grecia ed altri Paesi. Il presidente russo Vladimir Putin, nel corso di una conferenza stampa a margine dei colloqui avuti con il premier italiano, Giuseppe Conte, ha dichiarato che «riguardo specificamente alle problematiche dell’infrastruttura e al suo sviluppo stiamo vagliando tutte le possibilità. Anche l’allacciamento con l’Italia su varie rotte verso Turkish Stream. Può avvenire attraverso la Bulgaria, anche attraverso la Serbia, l’Ungheria, può avvenire attraverso la Grecia.»
Si prevede che la Turchia consumerà circa 15,7 miliardi di metri cubi all’anno (556 miliardi di piedi cubi all’anno). Il resto del gas è programmato per essere portato al confine greco-turco ed essere esportato collegando i gasdotti verso l’Europa. Tuttavia si teme che non ci sia abbastanza capacità per trasportare questa quantità dalla frontiera greco-turca all’Europa. All’inizio del 2016, Gazprom ha firmato un Memorandum d’Intesa con Depa SA per le consegne di gas naturale verso l’Europa via Iterconnector Turchia-Grecia-Italia. Nel maggio 2018, Gazprom e Botas hanno annunciato un accordo per la costruzione della porzione di terra del gasdotto turco per il flusso in Europa, mentre la costruzione di porzioni di acque profonde sarà completata da Gazprom. Il primo flusso di gas dovrebbe iniziare a dicembre 2019.

DOPO IL TAP ECCO IL GASDOTTO EASTMED–POSEIDON
Il progetto EastMed – sviluppato dalla società di diritto greco IGI Poseidon SA, partecipata in modo paritetico da Depa SA e da Edison International Holding (100 per cento Edison spa) – prevede la realizzazione di un gasdotto onshore/offshore che collegherà direttamente le risorse di gas dell’Est Mediterraneo con la rete Europea del gas naturale. A guidare la società Edison è l’ex ufficiale della Légion d’Honneur e Ufficiale de l’Ordre National du Mérite (Francia), Jean-Bernard Lévy, che ricopre anche la carica di presidente e direttore generale del gruppo francese EDF che possiede il del 99,4 per cento del pacchetto azionario EDISON. Il gasdotto, con una lunghezza di circa 1900 chilometri, è progettato per trasportare 10 miliardi di metri cubi all’anno dalle riserve di gas recentemente scoperte nel bacino del Leviatano a largo di Israele, Giordania e Libano, fino alle rete nazionale greca e, attraverso il gasdotto Poseidon, fino in Italia, con possibili rotte dalla Grecia verso la Puglia o la Basilicata.

LA TRASVERSALE TIRRENO-ADRIATICA DEL GAS E DEGLI STOCCAGGI
«L’approdo Tap non si ferma a Melendugno ma il gasdotto continua con il collegamento alla rete italiana attraversando la Basilicata e la dorsale adriatica, in parte realizzata e in parte attualmente in fase di potenziamento.» È quanto afferma l’associazione ambientalista e pacifista lucana No Scorie Trisaia.
«Il business legato al gas si potrebbe sviluppare successivamente con gli stoccaggi nei pozzi dismessi (di cui la Basilicata è piena), in depositi superficiali o attraverso la trasformazione del gas in energia elettrica. L’operazione è quella di stoccare ingenti quantitativi di gas nei periodi di basso prezzo per poi rivenderlo, soprattutto nei mesi invernali, quando il prezzo diventa alto.»
Già in passato è stato autorizzato in Val Basento un progetto di stoccaggio nella concessione Cugno le Macine, in cui sono interessati 15 pozzi di gas (l’inizio dei lavori è stato prorogato dal ministero dello Sviluppo economico all’1 giugno 2019, dopo la risoluzione della controversia legata alle quote tariffarie per lo stoccaggio del gas
«La Basilicata – continuano gli attivisti di No Scorie Trisaia – ha già dato al fabbisogno energetico nazionale. Ulteriori progetti di stoccaggi nei pozzi dismessi potrebbero rappresentare un nuovo rischio per i delicati equilibri ambientali, le falde idriche e per i rischi sismico e industriale. Gli stoccaggi non portano grossi benefici al territorio in termini di investimenti e manodopera. Sfatiamo anche la propaganda di Matteo Salvini che il gas del Tap abbasserà le bollette dei cittadini e delle imprese italiane: per i lucani – “produttori di gas” – questo miracolo non è avvenuto in quindici anni con il gas locale gestito da un’azienda a partecipazione statale, figuriamoci se potrà avvenire con il gas estero gestito da multinazionali estere.
Non è lontano il ricordo della famosa card idrocarburi. Un’azione di marketing popolare per far digerire le future estrazioni, che i veneti hanno stranamente rivendicato: alla fine anche la card idrocarburi è sparita e il costo del carburante in Basilicata è tra i più alti d’Italia. Come dire, prima il Nord. Ed è proprio il Nord a beneficiare dell’energia elettrica di cui il Sud è esportatore da anni grazie alle infrastrutture energetiche che furono costruite e finanziate con i fondi della Cassa per il Mezzogiorno. Non è poi lontano il ricordo dei progetti di centrali a turbogas per la produzione di energia elettrica che si volevano realizzare nei centri di Pisticci e Irsina (comuni collegati dalla rete metano e anche a quella elettrica nazionale) oggetto, all’epoca, di forti contestazioni popolari.
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Autore:

Giornalista e sociologo. È autore di numerosi saggi e ricerche sulle tematiche naturalistiche. Ha prodotto studi sociali e ricerche storiche sui beni monumentali, il patrimonio ambientale e la loro tutela. Website: <a href="http://www.pandosia.org/">www.pandosia.org</a>