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Ilva, giustizia per Taranto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo

La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) di Strasburgo ha accolto il ricorso di 182 cittadini di Taranto sui danni subiti a causa delle emissioni dell’ex Ilva, oggi ArcelorMittal.

Il 24 gennaio 2019 è una data storia per Taranto. Infatti, è arrivata proprio ieri la tanto attesa sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in merito al Procedimento n.54414/13, firmato F. Cordella ed altri cittadini contro l’Italia.
L’iniziativa, è stata promossa, nel 2013, da Daniela Spera per conto di 52 tarantini, avvalendosi della difesa dell’avvocato Sandro Maggio e, in seguito anche dell’avvocato Leonardo La Porta, entrambi del Foro di Taranto. Successivamente, nel 2015, analogo ricorso è stato presentato da altri 130 tarantini. La Corte ha poi accorpato la trattazione delle due istanze.
I ricorrenti hanno accusato lo Stato italiano di non aver adottato tutti gli strumenti giuridici e normativi necessari per garantire la protezione dell’ambiente e della salute dei tarantini ma, al contrario, le leggi emanate e susseguitesi nel tempo, hanno avuto il preciso scopo di tutelare, esclusivamente, gli interessi dell’ex Ilva, oggi ArcelorMittal.
Una logica già ampiamente condannata dalla popolazione di Taranto, soprattutto alla luce dei risultati degli studi scientifici (tra gli altri, lo studio Sentieri dell’Istituto superiore di sanità) e delle perizie chimico-ambientale ed epidemiologica realizzate dagli esperti incaricati dal giudice per le indagini preliminari, Patrizia Todisco, agli inizi dell’inchiesta sull’Ilva, nel corso dell’incidente probatorio nel procedimento penale noto come Ambiente Svenduto.
Alla Corte europea è stato chiesto di riconoscere, ai tarantini, il loro diritto di vivere in un ambiente salubre. Con questa decisione la prima sezione della Corte ha riconosciuto la giusta richiesta dichiarando la violazione da parte dell’Italia dell’articolo 8, nella parte in cui dispone che «ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio», e dell’articolo 13, nella parte in cui dispone che «ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale». Entrambi gli articoli sono contenuti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

LA SENTENZA NON È ANCORA DEFINITIVA
Il Governo italiano ha tre mesi di tempo per presentare opposizione presso la Grande Camera. Ora ci si chiede cosa farà il Governo nel caso la sentenza venisse confermata. Abbiamo rivolto questo interrogativo agli avvocati Leonardo La Porta e Sandro Maggio, che hanno difeso i ricorrenti della prima istanza collettiva.
L’avvocato La Porta sottolinea che l’Italia dovrà impegnarsi ad attuare quanto contestato dai ricorrenti per eliminare la situazione di pericolo attuale, non dimenticando che «il governo ha ceduto ad ArcelorMittal lo stabilimento Ilva concordando con l’azienda un piano ambientale di cui non si conosce la reale efficacia sotto l’aspetto della tutela della salute dei tarantini. Tra l’altro i dettagli del piano sono ignoti. A questo si deve aggiungere la condizione di immunità penale degli attuali gestori Ilva, conferita sempre per decreto, che non fa altro che protrarre la violazione dello Stato Italiano.»
L’avvocato Sandro Maggio, invece, pone l’attenzione sulla violazione dell’articolo 13, ovvero il diritto al ricorso effettivo: «Abbiamo anche evidenziato come le violazioni lamentate dai ricorrenti non avessero nell’ordinamento interno un valido mezzo di tutela. Cioè la Corte ha riconosciuto l’assenza della possibilità di ricorso effettivo contro un decreto che ha efficacia immediata e che va a ledere il diritto fondamentale alla salute dei cittadini. Siamo curiosi di sapere come intende l’Italia superare questa violazione contestata, qualora la sentenza diventasse definitiva.»
Molti però si chiedono anche come la sentenza potrebbe diventare effettiva. Ed è sempre l’avvocato Maggio a chiarire che «la Corte europea individua il Comitato dei ministri come organo deputato a vigilare al fine di porre in esecuzione quanto stabilito dalla Corte da parte degli Stati membri. Il Comitato dei ministri è un organo esecutivo del Consiglio d’Europa ed è costituito da ministri esteri di 47 paesi membri. È un organo sovranazionale deputato a intervenire anche fornendo suggerimenti per eliminare la violazione segnalata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.»
Intanto i tarantini hanno accolto con grande soddisfazione la sentenza che se divenisse definitiva offrirebbe un nuovo slancio alla battaglia per il diritto alla salute e alla vita.

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Autore:

Responsabile del Comitato Legamjonici di Taranto. Nel 2010 consulente di parte nell’inchiesta “Ambiente svenduto” sull’Ilva.