Periodico indipendente su Ambiente, Sud e Mediterraneo / Fondato il 23 dicembre 2015
 

La guerra non è mai una soluzione, ma i Saharawi non avevano scelta

«Essere un Saharawi significa essere un combattente. Per questo non mi arrenderò fino al raggiungimento del sogno che non hanno potuto realizzare i miei nonni: la libertà. Lotterò per dare un futuro dignitoso alla prossima generazione che ha il diritto di essere parte di un popolo unito e indipendente».

L’essenza del popolo Saharawi si può riassumere in due parole: speranza e pazienza. Aspettiamo una soluzione da 45 anni, vissuti pieni di speranza e con una fede immensa verso la Minurso. Meritiamo di vedere riconosciuta la nostra indipendenza e il nostro diritto all’autodeterminazione. In questi anni, carichi di lotta, dolore, malinconia, il popolo Saharawi ha vissuto frammentato tra i campi profughi, la zona occupata, quella liberata e la diaspora. Vivere in un campo non è facile, soprattutto quando le condizioni climatiche si fanno insopportabili e gli aiuti umanitari sono ridotti. E non è più facile nella zona occupata del Sahara Occidentale i diritti umani non esistono, l’economia è in condizioni disastrose, malgrado le tante ricchezze minerali e le riserve di fosfato dell’area, saccheggiate dal Marocco. Per i Saharawi, quindi, la terra è un simbolo di sacrificio: il sacrificio compiuto per ottenere la libertà.
La mia terra è come un cappotto di cui rivestirmi, un rifugio e il popolo Saharawi è disposto a lottare per essa fino alla fine. Una lotta che ancora molte persone non conoscono: non conoscono la storia del popolo Saharawi e del Sahara, un tema politico che richiede una soluzione urgente. La situazione attuale può migliorare solo se intorno a noi avremo persone di buona volontà, con la volontà di cambiare le cose, senza abbassare la testa. Per questo guardo al mondo intorno a noi con ottimismo, e fiducia.
Anche se è normale, in una situazione del genere, avere paura. Io ho paura che le cose anziché migliorare, peggiorino e che questa situazione duri ancora per molto. Mentirei se dicessi che la guerra non mi fa paura: in realtà la guerra non è stata una soluzione utile, ma il popolo Saharawi è andato in guerra perché costretto dalla cattiva gestione delle Nazioni Unite e dagli abusi degli occupanti marocchini. E per questo ci troviamo ad affrontare un secondo conflitto, dopo la guerra del 1975-1991. Andremo avanti fino al risultato finale. Dopo tanti anni, ora il popolo Saharawi sta giocando la sua ultima carta, combinando lotta pacifica e armata. In questo modo, si può fare pressione sull’occupante marocchino per il raggiungimento del nostro scopo, ovvero un referendum che possa risolvere il nostro problema.
In questo momento ci troviamo in una fase molto delicata della nostra storia che avrà sicuramente ripercussioni sul nostro futuro, non rassicurante, visti gli eventi attuali, ma se tutto andrà bene, avremo la possibilità di un futuro dignitoso.

Traduzione a cura di Michela Trerotola

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Autore:

Giornalista di Sahara Press Service.