Periodico indipendente su Ambiente, Sud e Mediterraneo / Fondato il 23 dicembre 2015

Grandi rotture di gas

Viaggio fotografico nel cuore delle riserve nazionali di gas, in Pianura padana, tra infrastrutture, snodi, centrali, paesaggi e comunità.

L’esplosione che il 12 dicembre ha interessato l’impianto di distribuzione gas di Baumgarten, in Austria, ha riportato l’attenzione mediatica – seppur per qualche ora – sugli approvvigionamenti gassiferi italiani, sulle infrastrutture da realizzare (a tutti i costi) in virtù della nuova Strategia energetica nazionale e sulla possibilità di aumentare le riserve strategiche del nostro Paese.
Che oggi sono rappresentate dagli impianti di stoccaggio di gas attivi, principalmente, in Pianura padana. E quasi tutti della Stogit – del gruppo Snam – che con 9 giacimenti attivi è il maggiore operatore italiano e uno dei principali operatori in Europa.
Nel 2015 la capacità di stoccaggio è stata di 11,5 miliardi di metri cubi, oltre ai 4,5 miliardi di metri cubi di riserva strategica.
L’hub austriaco, dal canto suo, con una capacità annua di 40 miliardi di metri cubi, è uno dei principali snodi di distribuzione del gas naturale in Europa del gasdotto Tag Trans Austria Gasleitung GmbH. Il Tag trasporta gas naturale proveniente dalla Russia, consumato in Italia e Austria.
L’interruzione delle forniture causata dall’incidente di Baumgarten non è durata più di 24 ore e per il nostro Paese non c’è stata alcuna ripercussione, nonostante la preoccupazione di Carlo Calenda, ministro allo Sviluppo economico, che sponsorizza la realizzazione di nuovi infrastrutture (Tap in primis) e nuovi stoccaggi.
In questo scenario, a passare in secondo piano, il morto e i feriti dell’incidente austriaco, i limiti di sicurezza degli impianti di stoccaggio di gas presenti in Italia – soprattutto per quanto riguarda l’applicazione della direttiva Seveso – ed il rischio sismico.
Per mostrare gli impatti degli stoccaggi italiani sulle comunità locali, siamo stati in questi territori che ospitano le centrali e i campi di stoccaggio di Bordolano, Sergnano e Ripalta Cremasca in provincia di Cremona e Cornegliano Laudense in provincia di Lodi.
Ci siamo ritornati a distanza di 4 anni e la situazione non è cambiata di molto a livello di controlli e di sicurezza, tra infrastrutture, snodi e centrali che crescono, mutando abitudini, economie locali, viabilità e divorando paesaggi.

Iscriviti alla nostra newsletter!

Condividi questo articolo
Autore:

Giornalista, direttore del periodico Terre di frontiera. Reporter per la Terra 2016 e Premio internazionale all'impegno sociale 2015 Livatino-Saetta-Costa. <a href="https://www.pietrodommarco.it">About me</a>