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I rifugiati dell’informazione

Sull’edizione cartacea di Repubblica dell’11 ottobre, Luca Bottura (che ringrazio anticipatamente, ma a me sconosciuto fino a ieri) in un articolo titolato “Le fake news ai raggi X” cita Terre di frontiera.
L’argomento è, da qualche giorno, abbastanza noto. Riguarda un fatto di cronaca che ha visto coinvolti – in prima battuta – Omar Jallow, ventiseienne originario del Gambia ed alcuni agenti della Poltrada, e in seconda battuta il Sindacato autonomo di polizia (Sap), il ministro dell’Interno ed una serie di emittenti e testate giornalistiche locali e nazionali. Ma andiamo con ordine.
Il 5 ottobre, nei pressi del ghetto di Borgo Mezzanone, a Foggia, agenti della Polstrada intimano l’alt a un’auto che procede a velocità sostenuta. Alla guida c’è Omar Jallow che non si ferma al posto di blocco rischiando di investire uno degli agenti. La corsa di Omar Jallow finirà di lì a poco: inseguito, fermato e ammanettato, alla presenza di numerosi ospiti del Centro accoglienza richiedenti asilo (Cara) e del ghetto foggiani.
Il Sap di Foggia, qualche ora dopo, commenta così l’episodio: «[…] poliziotti impegnati in un preciso servizio istituzionale, qualche giorno fa, all’esterno del Cara di Borgo Mezzanone, sono stati oggetto di una vile aggressione messa in atto da più di una cinquantina di cittadini extracomunitari che li hanno accerchiati colpendoli ripetutamente con calci, pugni e oggetti contundenti. Ai colleghi sono stati riscontrati seri danni giudicati guaribili in giorni 30 e 15 di prognosi e solo l’arrivo di ulteriori rinforzi della Polizia di Stato e altre forze dell’ordine hanno scongiurato il peggio.»
La notizia rimbalza su tutti i giornali e arriva al ministro dell’Interno, Matteo Salvini, il quale a mezzo tweet commenta la notizia con l’ormai proverbiale: «la pacchia è finita», a corredo della solita propaganda sul neonato decreto Sicurezza e dintorni.
Nel caos mediatico, Terre di frontiera – in esclusiva – riceve e pubblica due video, a supporto dell’ottimo articolo di Emma Barbaro (“Cosa è accaduto a Borgo Mezzanone?”).
Una ricostruzione dei fatti diversa dalle notizie emerse fino a poche ore prima, semplicemente perché dà voce all’altra parte in causa: i numerosi ospiti del Cara e del ghetto di Borgo Mezzanone presenti in quei momenti concitati. Che nessuno, ovviamente, ha pensato di interpellare, perché quando ti tolgono la voce sei debole e vulnerabile. Perché gli ospiti del Cara e del ghetto di Borgo Mezzanone, fin da subito, non sono stati considerati una delle parti in causa. Ma esclusivamente la causa.
Il 10 ottobre, l’Ansa Puglia e La Repubblica Bari menzionano i video e riportano una nuova dichiarazione del Sap di Foggia: «Quei video parlano da soli, basta vederli attentamente. È chiaro che non ci sono calci e pugni. Ma ci sono due poliziotti accerchiati da più di 50 persone che hanno cercato tantissime volte di sottrarre all’arresto il cittadino gambiano che si era reso responsabile del reato.» Il Sap, insomma, a freddo, rettifica le dichiarazioni a caldo. Ma la prognosi resta.
In questa ricostruzione, alimentata da persone che fisicamente sono state (e sono) a Borgo Mezzanone, con ruoli ed esperienze diverse, Luca Bottura – comodamente seduto alla sua scrivania – tra le altre considerazioni (alcune condivisibili ed apprezzabili) si chiede: «Avrà ragione il Sap? Possibile. Avranno ragione i gambiani? Altrettanto possibile. Ma ormai si tratta di un cold case e gli unici a poterlo disvelare saranno i magistrati, magari acquisendo il materiale video. Perché, fermo restando che tentare di impedire un arresto è un reato perseguibile – anche quando succede a Napoli, a Milano, in Sicilia, e magari l’arrestato è un boss mafioso – è sempre cosa buona e giusta definirne i contorni in modo leale e veritiero. O almeno provarci. Cosa che avremmo dovuto fare noi giornalisti, prima che ci pensassero un sito semiclandestino e un signore che come secondo lavoro va a caccia di bufale.»
Sì, certo. Innanzi tutto, voi giornalisti che scrivete di fake news avreste dovuto verificare le fonti scoprendo che Terre di frontiera, testata regolarmente registrata e prodotta da giornalisti regolarmente iscritti all’Ordine (col patentino, insomma), tutt’altro è che un sito semiclandestino.
Avreste scoperto che ci siamo sporcati davvero le mani sulla questione migranti, sulle condizioni disumane di chi vive nei ghetti, sul sistema che li alimenta (a tutti i livelli), sull’indifferenza istituzionale che uccide la civiltà, sull’ignavia politica, sulla gestione dell’accoglienza in un clima di emergenza perenne che sta restituendo frutti marci, sul ruolo delle forze dell’ordine spesso abbandonate a se stesse, sui danni causati dalla criminalità. Avreste scoperto che Borgo Mezzanone è una realtà al limite.
Terre di frontiera ha raccontato tutto questo sul campo, non da casa. Indagando, documentando ed approfondendo. Acquisendo autorevolezza. Senza pressappochismo e senza impartire lezioni abbiamo fatto esattamente quello che avrebbe dovuto fare qualsiasi giornalista degno di essere considerato tale, desideroso di non fermarsi ai tweet, ai sentito dire, agli annunci propagandistici e agli approcci esclusivamente mediatici delle vicende.
Terre di frontiera è, certamente, una piccola realtà, con pochi mezzi e strumenti limitati, ma che su un tema come questo, e su altri, ha deciso di vederci chiaro, con un lavoro minuzioso e permanente. Perché siamo andati a fondo, «in modo leale e veritiero».
Non è un caso, infatti, che i video siano arrivati alla nostra redazione e non alle redazioni di testate più blasonate per le quali magari, prima del 5 ottobre, Borgo Mezzanone rappresentava una frontiera sconosciuta, appartenente ad un universo parallelo.
Invece, capita molto spesso, che il lavoro di piccoli giornali clandestini serva a ricostruire i fatti con dignità e ristabilire un po’ di verità, reale e non social.
È notizia di qualche ora fa, come riferito da TgCom24, che sulla vicenda di Omar Jallow sono state aperte due inchieste: «Una mira ad individuare gli autori dell’aggressione ai poliziotti, l’altra riguarda la legittimità delle modalità di arresto.», come dichiarato dal procuratore capo di Foggia, Ludovico Vaccaro.

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Autore:

Giornalista, direttore del periodico Terre di frontiera. Reporter per la Terra 2016 e Premio internazionale all'impegno sociale 2015 Livatino-Saetta-Costa. <a href="https://www.pietrodommarco.it">About me</a>