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La Procura fermi Tempa Rossa: l’area della raffineria Eni di Taranto è inquinata

I lavori di Tempa Rossa che interessano l’area della raffineria Eni di Taranto avvengono su una falda notevolmente inquinata, nonostante gli stessi interventi abbiano tenuto conto delle procedure in materia ambientale, passando dalle prescrizioni delle Conferenze dei servizi a cui i rappresentanti di Eni hanno partecipato al ministero dell’Ambiente.

Ma cosa è importante al fine della tutela della salute dell’uomo, degli stessi operai e della protezione degli ecosistemi? Rispettare le procedure burocratiche o non inquinare? È sufficiente rispettare le norme a fronte di una falda gravemente inquinata da decenni? Chi ha inquinato la falda sottostante gli impianti della raffineria Eni di Taranto? I lavori del progetto Tempa Rossa impediranno i lavori di bonifica in futuro? A lavori ultimati, la falda sarà ancora inquinata? Quali sono le analisi di rischio sanitario legate a questo grave inquinamento delle acque sotterranee?
I primi documenti che attestano l’inquinamento della falda nell’area della raffineria Eni di Taranto risalgono al 2002. Per far fronte a questo stato di contaminazione delle acque, la raffineria Eni di Taranto si è dotata di un sistema di messa in sicurezza di emergenza (mise) realizzato, in teoria, per depurare le acque di falda che scorrono sotto i suoi impianti. Questo impianto è entrato in funzione nel 2015. I documenti che l’associazione Peacelink ha acquisito dimostrano che lo stato di inquinamento storico della falda sottostante gli impianti della raffineria non è variato neanche dopo la messa in opera dell’impianto mise per bonificare la falda.
Lo dimostrano le campagne di monitoraggio delle acque di falda eseguite dal 2010 al 2017 proprio dalla stessa società Eni. Le campagne di monitoraggio vengono svolte da una ditta terza ingaggiata da Eni e tutte sono avvenute in contraddittorio con Arpa Puglia che ha validato i risultati delle analisi.
Peacelink, nei prossimi giorni, consegnerà tutta la documentazione alla Procura della Repubblica di Taranto affinché si verifichi la compatibilità dei lavori di Tempa Rossa con lo stato attuale della falda e si comprenda se questi lavori possano rappresentare in futuro un impedimento per le opere di bonifica o addirittura una eventuale migrazione degli inquinanti presenti in falda.
La falda in questione presenta un inquinamento storico e versa, ancora oggi, in uno stato critico.
I valori degli inquinanti riscontrati nei monitoraggi – anche in quelli recenti del 2017 – superano abbondantemente i limiti di legge. Parliamo di inquinanti come arsenico, berillio, cromo, nichel, alluminio, ferro, piombo, vanadio, idrocarburi, benzene, toluene, etilbenzene, stirene, xilene, metil-t-butil etere.
Ma l’ente competente, in tutti questi anni, ha identificato la fonte inquinante?
“Chi inquina paga”: non vogliamo sbagliarci ma Taranto è una città di uno Stato membro dell’Unione Europea.

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Autore:

Fotoreporter e mediattivista di Peacelink. Website: <a href="http://www.lucianomanna.it/about/">www.lucianomanna.it</a>