La campagna vaccinale negli istituti di pena del Molise va avanti. Anzi, salvo rarissime eccezioni, la potremmo definire persino già abbondantemente avviata alla conclusione nella somministrazione delle prime dosi. Un risultato davvero formidabile per cui la Garante dei diritti delle persone private della libertà personale della Regione Molise, Leontina Lanciano, si è battuta con le unghie e con i denti.
Dottoressa Lanciano, al di là delle dichiarazioni o strumentalizzazioni politiche, va segnalato un dato: l’Italia, a differenza di altri Paesi europei, ha largamente avviato la campagna vaccinale nelle carceri.
Certo, ma la necessità di vaccinare i detenuti nelle carceri è divenuta prioritaria, in maniera dettagliata e uniforme, grazie al Generale Figliuolo. Perché fino a qualche mese fa le varie Cabine di Regia regionali non avevano assolutamente preso in considerazione la possibilità di inserire i detenuti tra le categorie prioritarie per l’accesso al vaccino. Io stessa ho scritto più volte alla Cabina di Regia del Molise per sollecitarli in tal senso. E consideri che nella casa circondariale di Larino, nel corso dei mesi, sono divampati più focolai di contagio. Quindi, è solo a partire dalla presa di coscienza del Generale Figliuolo che ora possiamo affermare che la campagna vaccinale nelle carceri è stata avviata e, in alcuni casi, si sta persino concludendo per quanto concerne la somministrazione della prima dose.
Come ha reagito l’amministrazione penitenziaria, e chiaramente non solo, al divampare dei focolai?
Nelle carceri di mia competenza si sono verificati dei focolai che purtroppo in un caso specifico, quello che riguarda l’istituto di Larino, hanno portato alla morte di una persona. Quest’uomo era stato ricoverato in ospedale a causa del Covid-19, è stato dimesso e dopo circa un paio d’ore è morto in carcere, forse a causa di un possibile infarto.
Ho visitato gli istituti di pena tante volte nel corso di questi mesi. E devo dire che tutti si sono attrezzati coi presidi di sicurezza necessari. In più, nei mesi scorsi ho chiesto alla Protezione Civile un invio massiccio di mascherine e dispositivi di sicurezza individuali. E la Protezione Civile ha accolto e continua ad accogliere le mie richieste in tal senso.
Come sono stati gestiti i focolai nel carcere di Larino?
Va premesso che attualmente, e per fortuna, non ci sono detenuti positivi al Covid-19. I focolai, esplosi sia durante la prima ondata che nel corso della seconda, sono stati gestiti garantendo l’isolamento dei positivi e dei nuovi ingressi. Non c’è stata alcuna promiscuità tra le persone positive al virus e quelle negative. Poi, nel carcere di Larino sono stati fatti tamponi a tappeto per verificare ulteriori casi di positività.
Il 27 aprile scorso il segretario regionale del Sindacato autonomo della polizia penitenziaria (Sappe), Matteo Del Re, in un comunicato stampa al vetriolo ha sottolineato le inadempienze della Regione Molise nella vaccinazione degli agenti. Le cose stanno davvero così?
Preferisco darle notizie in tempo reale, perché questi comunicati onestamente lasciano il tempo che trovano. Le vaccinazioni in carcere, partite attorno alla metà di aprile, sarebbero potute iniziare molto prima, e su questo posso essere d’accordo con loro. È anche vero che le mie richieste non sono state accolte. Ma la situazione attuale è chiara.
A Campobasso su 125 detenuti, tutti sono stati vaccinati con dosi Moderna. Solo 30 persone si sono rifiutate di sottoporsi al vaccino perché pensavano si trattasse di dosi AstraZeneca.
Hanno rifiutato, quindi, non tanto il vaccino ma di essere vaccinati con dosi AstraZeneca?
Sì. Deve pensare che se c’è stato un certo scetticismo su AstraZeneca fuori dall’ambiente carcerario, all’interno la percezione, dettata dalla paura, è stata enorme.
E questo si è verificato anche negli altri istituti di pena?
Sì, ma con proporzioni differenti. A Isernia, su circa 50 detenuti, solo quattro hanno rifiutato il vaccino e per le stesse ragioni. Tutti gli altri sono stati vaccinati sempre con dosi Moderna. A Larino la situazione è più complessa. Su 170 detenuti solo 25 hanno rifiutato il vaccino. Per gli altri 25 che in precedenza si erano contagiati, invece, si dovranno attendere i sei mesi previa verifica sulla presenza di anticorpi. Per cui, come vede, i dati sono molto precisi. E parlano da soli.
Il medesimo dato si riflette anche sugli operatori del carcere e sulla polizia penitenziaria?
In questo caso va fatta qualche precisazione. Prima di Pasqua gli agenti di polizia penitenziaria erano stati avviati alla vaccinazione. Poi, tutto si è bloccato a causa delle ridefinizioni delle fasce d’età per la somministrazione di determinate categorie di vaccini. Per cui a Campobasso, su circa 100 agenti, solo 20 erano stati vaccinati prima della ridefinizione di cui le ho parlato. A tutti è stato somministrato il vaccino Moderna. A Isernia, allo stesso modo, su circa 35 membri del personale penitenziario, prima di Pasqua ne sono stati vaccinati 17 mentre per gli altri ancora si attende. A Larino, invece, vale lo stesso discorso fatto sulla popolazione detenuta perché i focolai hanno riguardato anche membri della polizia penitenziaria. Ma, complessivamente, il risultato è ottimale.
In generale sono state somministrate sempre dosi Moderna?
Sì, sempre dosi Moderna, almeno così mi è stato riferito.
Dunque, una volta concluso il primo ciclo di vaccini si cercherà di convincere anche quelli che si sono rifiutati.
Certamente. C’è un bello staff sanitario, i detenuti saranno rassicurati e sono certa che si vaccineranno. Ho sentito telefonicamente la direttrice del carcere di Larino che mi ha assicurato che per quelli che si sono rifiutati ci sarà un’azione capillare di sensibilizzazione.
Come vivono i detenuti questi mesi che li separano da un parziale e auspicabile “ritorno alla normalità”?
Molti di loro attendevano i vaccini da tempo. Ma altrettanti, chiaramente, avevano paura delle dosi di AstraZeneca. Quelli che hanno aderito alla campagna vaccinale sono molto soddisfatti perché vedono nel vaccino la possibilità di venir fuori da una pandemia che, per loro, si è rivelata un vero e proprio terremoto esistenziale. I contatti con le famiglie sono stati azzerati. E per quanto in tutte le carceri si sia provveduto a intensificare le telefonate o le videochiamate, queste misure non si sono rivelate comunque sufficienti. In molti casi, in qualità di Garante, ho dovuto far da cerniera tra i detenuti e le loro famiglie. Alcuni hanno genitori anziani, che non riuscivano a effettuare delle videochiamate. Ma ci sono stati anche detenuti che non hanno visto i propri figli minori per oltre un anno. In un caso, grazie alla disponibilità del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), sono riuscita ad ottenere il trasferimento provvisorio, per un mese, di un detenuto presso una struttura collocata in prossimità della propria abitazione famigliare perché così avrebbe potuto incontrare il figlio che, per difficoltà fisiche, non poteva in alcun modo raggiungerlo a Campobasso. L’impegno talvolta paga.
Data la situazione generale, il DAP e i relativi Tribunali di sorveglianza, non avrebbero potuto predisporre misure alternative al carcere lì dove possibile?
Questa domanda andrebbe rivolta direttamente al DAP e ai Tribunali di sorveglianza. Il caso di cui le ho parlato precedentemente è stata una vera e propria rarità. Spesso, purtroppo, non va così.
Se penso a quanti diritti dei detenuti sono stati compressi o persino negati in questi quindici mesi mi si stringe il cuore. Molti dei detenuti nelle carceri molisane sono tossicodipendenti. Ecco, persino a loro non sono stati garantiti i trattamenti individuali che, in teoria, sono previsti per legge. In molti avevano chiesto di scontare la propria pena in comunità, ma nemmeno questo è stato possibile a causa della pandemia.
Però ora si sono vaccinati. E, in teoria, dovrebbero ricominciare tutte quelle attività trattamentali che in questi mesi hanno subito una battuta d’arresto. È corretto?
Onestamente per ora non se ne sa nulla. Siamo in attesa di chiarimenti in tal senso. Qui in Molise, per la verità, al momento non se n’è ancora parlato. Il ministero della Giustizia e il DAP dovrebbero fornirci direttive chiare. Nel frattempo tuttavia, in accordo con i direttori delle carceri, ho fornito ai detenuti che scontano la pena negli istituti del Molise il mio indirizzo di posta elettronica. Purtroppo non è un rimedio utile, perché si parla di una compressione dei loro diritti, ma almeno sanno che possono scrivermi quando vogliono o quando ne hanno bisogno. È un modo per comunicare, per non farli sentire soli.
I detenuti, e questo mi preme sottolinearlo, sono persone. Ed è vero, sono in carcere per pagare il loro debito con la giustizia. Ma la loro umanità non va svalutata. I diritti umani, tra cui c’è il più basilare rispetto per il prossimo, sono importanti. Mi piacerebbe che sulle macerie di questa pandemia, fosse finalmente edificato un carcere più giusto. Più umano.