La campagna vaccinale nella casa circondariale Spini di Gardolo di Trento è partita ufficialmente lo scorso 8 marzo. «Attualmente è stata vaccinata poco meno del 60 per cento della popolazione detenuta, ma il dato è in continua fluttuazione», precisa a Terre di frontiera la Garante dei diritti dei detenuti della Provincia Autonoma di Trento, Antonia Menghini.
Professoressa Menghini, quando è partita la campagna vaccinale nella casa circondariale di Trento?
La campagna vaccinale è partita ufficialmente l’8 marzo per tutta la popolazione detenuta.
Quali vaccini vengono inoculati?
In una prima fase venivano somministrate principalmente dosi di AstraZeneca. Al momento si predilige Pfizer.
Come mai si predilige il Pfizer? Ci sono stati dinieghi al vaccino?
Sì, spesso è accaduto. E si trattava di dinieghi per lo più legati alla vicenda AstraZeneca.
Quali sono i numeri degli attuali vaccinati tra popolazione detenuta, operatori e polizia penitenziaria?
Al momento non ho un dato preciso. Posso affermare tuttavia che è stata vaccinata poco meno del 60 per cento della popolazione detenuta. Il dato è però in continua fluttuazione, in quanto legato anche alle uscite di persone detenute già vaccinate e ai nuovi ingressi di persone detenute ancora non vaccinate. Rispetto alla polizia penitenziaria, la campagna vaccinale è ora gestita dal Cup. Dunque non dispongo di dati precisi. L’adesione, almeno agli inizi della campagna vaccinale non è stata però significativa.
Quando si prevede di terminare la campagna vaccinale in un’ottica di ripresa delle attività di formazione e rieducazione in carcere?
In realtà la campagna vaccinale continua con riferimento quantomeno ai nuovi ingressi. Come dicevo, il dato è in continua fluttuazione.
Per coloro i quali non si sono ancora sottoposti al vaccino o, piuttosto, lo hanno rifiutato, ci sarà la possibilità di accedervi in seguito?
Posso affermare che in qualità di Garante per i diritti dei detenuti spingerò sull’attività di sensibilizzazione, così come mesi fa ho insistito sulla necessità di inserire la popolazione detenuta e gli operatori penitenziari tra i soggetti destinatari di una priorità vaccinale. I contatti con il Dipartimento politiche sociali e salute della Provincia autonoma di Trento per sollecitare l’avvio della campagna vaccinale in carcere sono stati costanti. Così come è costante il contatto con il presidio medico interno al carcere per monitorare la progressione della campagna vaccinale.
Come si è riusciti in questi mesi a garantire il contrasto alla diffusione del virus in carcere?
Sono stati adottati immediatamente più protocolli operativi da parte dell’area sanitaria e della stessa amministrazione penitenziaria, sia per quanto concerne la prevenzione sia per quanto concerne la gestione di eventuali positività riscontrate. Sono stati adottati tutti i dispositivi di protezione, prevedendo tamponi in ingresso e gli isolamenti precauzionali e sanitari.
Con quale frequenza e quale rilevanza si sono sviluppati focolai?
Ci sono stati pochi casi sia nel mese di aprile che di novembre 2020 e un focolaio più consistente, in riguardo a una trentina di positività, nel mese di dicembre 2020. Fortunatamente si è sempre trattato di casi asintomatici o paucisintomatici.
I detenuti positivi sono dunque stati isolati?
Certo, le persone detenute positive sono state poste in isolamento. Chiaramente si è proceduto con l’isolamento precauzionale in attesa del duplice tampone e di tutti i riscontri del caso.