Con il decreto n.13/2017, poi convertito nella legge n.46/2017, meglio nota come legge Minniti-Orlando, su indirizzo della Commissione europea sono stati istituiti in Italia dei centri di identificazione, registrazione e accoglienza dei migranti, i cosiddetti hotspot.
Troviamo gli hotspot da Pozzallo a Lampedusa, da Trapani ad Augusta, da Porto Empedocle fino a Taranto. Città, quest’ultima, porto del Mediterraneo, da sempre interessata dal fenomeno migratorio. Anche per questo è stato istituito nel capoluogo jonico un nuovo corso di laurea triennale in Scienze giuridiche per l’immigrazione, i diritti umani e l’interculturalità. Tra le discipline, quelle giuridiche, economiche, pedagogiche, filosofiche e letterarie. Tra i promotori dell’iniziativa c’è Riccardo Pagano, professore ordinario di Pedagogia generale presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, Dipartimento jonico, che abbiamo incontrato per cercare di capire meglio il fenomeno migratorio ed il rispetto dei diritti umani.
Professore, partiamo proprio da questo nuovo corso di laurea. Qual è stato il motore che ha spinto alla sua istituzione e quali gli sbocchi professionali?
Il Dipartimento jonico, facendo leva sulle proprie risorse di docenza e studiando le dinamiche del territorio tarantino, ha promosso questo nuovo corso di laurea nell’ambito delle scienze giuridiche. È il primo nel suo genere in Italia. Ha discipline che ampliano l’offerta formativa dando allo studente la possibilità di avere una visione complessiva del delicato fenomeno dell’immigrazione. Questo perché il problema si affronta partendo dalle conoscenze scientifiche. Attraverso questa formazione, ci auguriamo, inoltre, che i giovani laureati possano diventare elemento di sensibilizzazione per tutti i cittadini, affinché si comprenda la portata mondiale di un problema di cui non ci si può fare carico solo a livello locale.
Com’è noto Taranto è sede di uno dei più grandi hotspot d’Europa. Per questo motivo non possiamo girarci dall’altra parte e far finta che il problema non esista. Il modo migliore per affrontarlo è la conoscenza. I giovani saranno formati in maniera tale da possedere soluzioni nella gestione e governance del fenomeno migratorio, nel rispetto della normativa vigente e tenendo come obiettivo primario il riconoscimento e il rispetto dei diritti umani. Le adeguate competenze consentiranno ai giovani neo assunti nell’ambito del pubblico, del privato, del sociale e delle Organizzazioni non governative, di affrontare il fenomeno in maniera consapevole e nel pieno rispetto del diritto internazionale. Sono assolutamente convinto che il problema non si affronta né con l’immigrazione selvaggia né con politiche repressive.
Come reputa l’attuale politica italiana sull’immigrazione? E come valuta le azioni intraprese dai governi italiani negli ultimi anni?
La politica oggi si approccia al problema con metodiche repressive, con un’azione direi poliziesca. Il fenomeno migratorio è grande e complesso e in questo modo non riusciremo a bloccarlo. Deve certamente essere affrontato a livello mondiale. Con la legge Minniti qualche risultato è stato raggiunto in passato in termini di riduzione del numero di sbarchi ma il flusso non si è arrestato e l’Italia non può trovare da sola la soluzione al problema. L’Europa dovrebbe cominciare ad assumersi le proprie responsabilità.
Certo, però nel frattempo tante persone muoiono annegate…
Su questo punto sono categorico: l’Italia non può e non deve negare il soccorso. Lo dice innanzitutto la legge. Non possiamo permettere che il mar Mediterraneo diventi la tomba per bambini, donne e uomini disperati.
Il tema dell’immigrazione è oggi al centro della discussione politica e sociale quasi fosse un fenomeno recente. In realtà l’Italia è da anni meta di flussi migratori. Perché?
Il fenomeno è antico e va affrontato prima di tutto nei paesi da dove parte questo flusso migratorio. L’Africa in passato è stata colonizzata dai paesi occidentali e poi abbandonata a se stessa, controllata dai dittatori locali, mentre la popolazione è stata lasciata senza cibo, senza sistema fognario e senza acqua corrente. Questo ha comportato inevitabili conseguenze a livello sanitario e non possiamo chiudere gli occhi di fronte a questa drammatica realtà. Ecco perché, la popolazione africana, in cerca di condizioni di vita migliori, si avventura in viaggi della disperazione, rischiando la vita. Tutto ciò che accade in Africa si riversa sul suo versante nord e di conseguenza sul Mediterraneo e quindi sull’Italia. La sua posizione geografica la rende territorio “ponte” e, per questo, meta di prima accoglienza. Il nostro paese risulta quindi in parte penalizzato e obbligato a farsi carico del problema ma non per questo deve essere lasciato solo. Occorre però intervenire con cognizione di causa partendo dal ripristino della legalità. Anche per questo è nata la necessità di istituire questo nuovo corso di laurea.
Come si risolve il problema?
Voglio ricordare ciò che è accaduto in Albania quando agli inizi degli anni Novanta abbiamo assistito ad un imponente flusso migratorio. Il fenomeno si è bloccato solo quando si è intervenuti in Albania. Quando questo Paese ha trovato la propria via di sviluppo e un percorso politico democratico. Occorre agire allo stesso modo in Africa. Favorendone lo sviluppo. Solo così il fenomeno migratorio, nel lungo periodo, avrà termine. E bisogna intervenire al più presto anche perché la popolazione africana cresce demograficamente. Oggi conta 1 miliardo e trecento milioni di abitanti contro i 300 milioni del passato.
In tutto questo, l’Europa da che parte sta?
La posizione dell’Europa è molto ambigua e invece dovrebbe farsene carico perché la decisione è certamente di tipo politico, a livello nazionale e sovranazionale. E poi, i fenomeni migratori ci sono sempre stati: a volte sono stati affrontati in maniera repressiva ma spesso anche in maniera inclusiva. La storia farà il suo corso. Intanto bisogna sollecitare l’Europa perché la risoluzione del problema si otterrà solo quando in primis tutti i paesi europei lavoreranno insieme senza alzare muri o barriere, come sta facendo l’Austria, ad esempio. Inoltre, nel processo di rinascita dell’Africa, è necessario il coinvolgimento delle potenze politiche ed economiche di tutto il mondo.