Periodico indipendente su Ambiente, Sud e Mediterraneo / Fondato il 23 dicembre 2015
 

Taranto, intervista al Commissario per la bonifica della città

Conversazione con Vera Corbelli, Commissario straordinario per gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto.

Il 26 luglio 2012 è stato stipulato un Protocollo d’intesa per l’individuazione degli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto, e delle relative risorse economiche. Gli interventi previsti riguardavano il quartiere Tamburi (cinque scuole e il cimitero San Brunone), l’area portuale, il sito degli insediamenti produttivi del comune di Statte e il primo seno del Mar Piccolo. Commissario straordinario è Vera Corbelli, nominata con decreto del presidente del Consiglio dei ministri dell’8 luglio 2014. Da allora ci sono state successive proroghe annuali alla sua nomina. L’ultima è del 24 luglio 2018.
Le attività svolte sotto il Commissariato sembrano rispettare il cronoprogramma previsto, ma gli interventi sul bacino del Mar Piccolo non sono stati ancora conclusi. Non è chiaro, inoltre, come le attività di bonifica possano conciliarsi con la presenza di sorgenti inquinanti ancora attive. In più, con il progetto petrolifero Tempa Rossa, previsto a Taranto, l’aumento del traffico di petroliere nella rada del Mar Grande, per il trasporto di ingenti quantità di petrolio provenienti dalla Basilicata, avrà come inevitabile conseguenza l’aumento del carico inquinante in mare. Tutto questo potrebbe vanificare gli interventi previsti di bonifica nell’area portuale.
Poi c’è la bonifica del capannone ex Cemerad, nel quale per anni sono stati accatastati, in stato di abbandono, fusti contenenti rifiuti di ogni genere, anche radioattivi.
Questi gli argomenti trattati nel corso della nostra intervista a Vera Corbelli.

Dottoressa Corbelli, a quanto ammontano i finanziamenti complessivi relativi al programma di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto, e quanti ne sono stati utilizzati finora?
Il valore complessivo degli interventi di bonifica è di circa 215 milioni di euro, mentre le risorse disponibili trasferite sulla contabilità speciale del Commissariato sono pari a 126 milioni e 850 mila euro. Di questi, oltre il 40 per cento sono stati liquidati e oltre l’80 per cento sono stati impegnati.

Sono trascorsi oltre quattro anni dalla sua nomina ma gli interventi sul bacino del Mar Piccolo non sono stati conclusi. Lo stesso vale per gli interventi di riqualificazione ambientale riguardanti il rione Tamburi. Perché questi ritardi?
Il Commissario opera senza deroghe e nei tempi di legge ordinari. Non ci sono ritardi rispetto al cronoprogramma. Tutto procede secondo le attività che sono state pianificate.

Allora, può dirci quali sono state le attività svolte?
Abbiamo realizzato oltre cento azioni…

Ne elenchi alcune…
Abbiamo completato la verifica, la validazione e l’approvazione del progetto esecutivo dei lavori relativi all’intervento di riqualificazione delle aree esterne alle scuole “Deledda”, “Vico”, “De Carolis”, “Giusti” e “Gabelli”. Lo stesso dicasi per l’affidamento dei lavori relativi all’intervento di bonifica delle aree non pavimentate del cimitero San Brunone. Inoltre, abbiamo elaborato il progetto definitivo relativo all’intervento di messa in sicurezza permanente della falda profonda dell’area PIP di Statte. È stata predisposta una preliminare progettazione di riqualificazione territoriale-ambientale delle aree costiere del Mar Piccolo e di quelle afferente i bacini sottesi. È stata completata l’attività preliminare e si procederà allo sviluppo della fase di concertazione, alla redazione dei successivi livelli progettuali e alla realizzazione dell’intervento secondo la normativa vigente in materia.

Certo, ma quali sono stati, invece, i progetti effettivamente realizzati?
Abbiamo attuato parzialmente l’intervento di Sistema finalizzato alla rigenerazione, bonifica ed ambientalizzazione del Mar Piccolo. Queste opere sono articolate in sub-progetti relativi ad interventi strutturali e non strutturali: bonifica e riqualificazione ambientale delle sponde e delle aree contermini, attuazione del progetto per un’azione finalizzata alla rimozione dei rifiuti ed alla manutenzione delle aree degradate denominato “Verde Amico” che prevede piani di riqualificazione professionale e ricollocazione di 145 ex lavoratori di società in house della Provincia.

Quando sono cominciati i lavori?
Il 13 settembre scorso è stata effettuata la sottoscrizione dei contratti di lavoro e sono iniziate le attività, come da comunicazione da parte della società Infrataras. Inoltre, abbiamo attuato la rimozione sostenibile e lo smaltimento dei materiali di natura antropica presenti sul fondale, la definizione di interventi per la mitigazione degli impatti derivanti dalle immissioni nel Mar Piccolo.

A che punto è l’affidamento degli interventi sul Mar Piccolo?
È stata avviata la fase nella quale i concorrenti ammessi sono stati invitati a produrre l’offerta tecnico-organizzativa ed economica relativa agli interventi a farsi per la fase di dimostrazione tecnologica. La scadenza per la presentazione dell’offerta tecnico-economica è fissata al 22 febbraio 2019. Inoltre c’è stato l’affidamento del servizio di “rimozione, salpamento e smaltimento del mercato ittico-galleggiante affondato nel Mar Piccolo di Taranto.”

Gli effetti delle discariche sul territorio sono stati presi in considerazione?
Certamente. Sono state definite le misure connesse alla mitigazione delle criticità dovute alla presenza di cave e discariche. È stata svolta un’azione mirata all’individuazione di aree interessate dalla presenza di rifiuti – con il supporto del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri – per la valutazione della loro compromissione e per la predisposizione di misure necessarie per la bonifica ed ambientalizzazione. Per la bonifica della Salina Grande di Taranto è stato completato il progetto per l’affidamento del servizio relativo all’Intervento Sperimentale Dimostrativo di Bonifica. È inoltre in corso la procedura di gara per l’affidamento dei servizi.

Sono state previste attività per garantire la sicurezza alimentare nella filiera della mitilicoltura?
Sì. Sono stati definiti gli interventi atti a favorire la sostenibilità della mitilicoltura rafforzandone la filiera produttiva, anche mediante il consolidamento della rete territoriale e intersettoriale del Commissario con le istituzioni, gli operatori della pesca e il mondo della ricerca. In più, abbiamo elaborato una proposta per la costituzione dell’Osservatorio Galene – Osservatorio sulla sostenibilità del Mar Piccolo – finalizzato a sviluppare ricerca e conoscenza delle biodiversità presenti. È prevista la creazione di una rete di attori sociali in grado di supportare i processi decisionali e di sviluppo a sostegno delle tematiche ambientali e produttive. E potrei continuare ancora per molto: le sembra poco tutto questo?

I cittadini sono i più colpiti dagli effetti dell’inquinamento, chiedono giustamente i risultati e al momento non ne vedono. Molte delle azioni descritte non sono, però, tangibili e visibili…
Questo può trarre in errore. Come ho sostenuto nel corso della recente audizione in Commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera, lo scorso 5 dicembre, sarebbe auspicabile snellire le procedure giuridico amministrative per raggiungere, in tempi rapidi, la realizzazione dell’intero complesso ed articolato programma delle misure definite e programmate. La gran parte degli interventi eseguiti dal Commissario non sono immediatamente percettibili perché riguardano la bonifica ambientale di ciò che è depositato sul fondo del mare (Mar Piccolo) o nel sottosuolo (come ad esempio il cimitero di San Brunone).

Di cosa parliamo nello specifico?
Parliamo di sedimenti marini, di suolo e sottosuolo, e falde acquifere. Abbiamo realizzato oltre mille campionamenti nell’area vasta. Ma quanti ne sono a conoscenza? Per il cimitero di San Brunone, in poco più di due anni si è riusciti a completare tutte le indagini ed i rilievi necessari alla costruzione di un accurato quadro conoscitivo, a scegliere la migliore soluzione progettuale, a sviluppare tutte e tre le fasi di progettazione. Abbiamo acquisito tutti i pareri, concluso le operazioni di verifica e validazione e avviato le operazioni per l’affidamento dei lavori.

Al netto di quanto ci ha esposto, proprio in seguito ai ritardi, il 28 febbraio 2018, è stato sottoscritto un nuovo Protocollo d’Intesa. Quali misure prevede?
Il Protocollo d’Intesa è stato sottoscritto tra il ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il ministro per la Coesione Territoriale ed il Mezzogiorno ed il Commissario straordinario con risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione 2014-2020. È finalizzato a promuovere l’accelerazione degli interventi individuati nel “Piano Operativo Ambiente” di cui alla delibera Cipe n.55 dell’1 dicembre 2016, ovvero il completamento degli interventi di bonifica, riqualificazione ed ambientalizzazione riguardanti il quartiere Tamburi e la prosecuzione degli interventi sul Bacino del Mar Piccolo di Taranto (primo e secondo stralcio).

Di quante risorse stiamo parlando?
Le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 destinate al Sito di interesse nazionale ammontano complessivamente a 40 milioni di euro. La vera criticità sta nel fatto che le aree risanate possono poi essere nuovamente compromesse. Per evitare questo è stata progettata, congiuntamente alla Prefettura, al Comune di Taranto e alla Questura, una misura di intervento per la realizzazione di una rete di sorveglianza e monitoraggio. È già stato considerato con il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, la possibilità di avviare, di concerto con il Comune di Taranto, un’iniziativa tesa all’adozione da parte di associazioni del territorio delle aree verdi risanate.

Ritorniamo al Mar Piccolo. Quando saranno ultimati gli interventi previsti?
Dal momento in cui inizieranno ad operare i soggetti che si sono aggiudicati la gara di appalto del valore di 32 milioni di euro circa, e realizzata con un modello innovativo, il Partenariato per l’Innovazione, sono previsti 635 giorni per la realizzazione dei dimostratori. Solo all’esito dei risultati che i dimostratori avranno prodotto potremo decidere che mix di tecnologie adottare sul campo. Gli interventi da realizzare nel primo seno del Mar Piccolo hanno come obiettivo l’abbattimento del livello di contaminazione riscontrato nei sedimenti marini. Mediante l’applicazione, previa dimostrazione su scala pilota, di tecnologie innovative, le cui tipologie sono già state individuate: l’asportazione selettiva dei sedimenti con relativo recupero; il capping con relativa ricostruzione dell’habitat naturale e la bioremediation in situ.

Quindi, altri due anni circa di attesa, con la speranza che tutto proceda speditamente.
La durata del contratto d’appalto, come dicevo, è di 635 giorni e non è oggetto di rinnovo.

Sembra una procedura piuttosto complessa. Ce la spiega meglio?
Si tratta della prima gara in Italia di questo tipo nel settore delle bonifiche. L’intenzione del legislatore è quella di coinvolgere la flessibilità e i vantaggi del partenariato pubblico-privato, anche o soprattutto in termini economici, al fine di raggiungere l’innovazione e metterla utilmente a servizio del pubblico. La procedura di gara ha previsto una fase preliminare complessa che ha presupposto una chiara definizione delle esigenze dell’amministrazione. Lo scorso 28 novembre sono state inviate le lettere di invito ai nove soggetti con i requisiti richiesti dal bando di gara internazionale. Questi soggetti dovranno far pervenire al Commissariato straordinario, entro il 22 febbraio, secondo le modalità indicate nella lettera di invito, un plico sigillato contenente la progettazione definitiva ed esecutiva degli interventi di risanamento ambientale dei sedimenti nelle aree prioritarie del Mar Piccolo di Taranto, primo seno, mediante dimostrazione. Il plico dovrà contenere l’offerta tecnica ed economica. I soggetti possono far richiesta di chiarimenti entro l’11 gennaio.

Secondo un modello di simulazione idrodinamico della circolazione degli inquinanti nel Mar Piccolo, dagli studi condotti dal Dipartimento di Ingegneria Civile idraulica del Politecnico di Bari, è emerso come il richiamo di acqua da parte dell’idrovora dell’ex Ilva condizioni la circolazione idrica in tutto il bacino. Questo fenomeno determina il trasporto degli inquinanti immessi nel Golfo di Taranto (Mar Grande) nel primo seno e successivamente nel secondo seno del Mar Piccolo. Oltre ai canali di scarico dell’acciaieria, altra fonte di inquinamento è rappresentata dal traffico di navi e petroliere. Come si conciliano le attività di bonifica in itinere con una situazione di inquinamento ancora in atto?
In merito al dato al quale lei si riferisce lo ritengo non esaustivo della situazione idrodinamica in essere nel Mar Piccolo. Le attività ad oggi svolte – indagini, studi, analisi di laboratorio – hanno comportato una verifica delle varie correnti nella loro dinamicità stagionale. Questo ha consentito la zonazione del Mar Piccolo e l’identificazione degli ulteriori interventi in corso di realizzazione. Si è tenuto conto, e si tiene conto, di quelle che sono le varie sorgenti primarie e secondarie di inquinamento. Si è intervenuto, e si sta intervenendo, sulle varie cause che, come si è detto più volte, sono molteplici.

Quindi, quali sono gli interventi previsti sulle sorgenti inquinanti attive?
Sono stati realizzati degli interventi per mitigare le criticità ed il rischio e si stanno approfondendo quelle situazioni suscettibili a significative pressioni cercando di fornire risposte finalizzate alla sostenibilità del sistema fisico ambientale del Mar Piccolo e che diano risposte adeguate alle attività produttive. In merito al transito di petroliere che non riguardano il primo e secondo seno si sta provvedendo, in seguito, alla progettazione alla installare di stazioni di monitoraggio per comprendere l’eventuale ed effettivo apporto di inquinante nel sistema Mar Piccolo.

Con il progetto Tempa Rossa aumenterà l’inquinamento in mare. Non crede che oltre ad un’azione di intervento sia necessaria anche un’azione di prevenzione, evitando ulteriore inquinamento?
Le zone marino-costiere rappresentano ecosistemi naturali tra i più vulnerabili e più minacciati, interessati da un degrado diffuso e progressivo in termini di perdita di habitat, eutrofizzazione, contaminazione ed erosione. E’ in corso la progettazione e l’implementazione di un sistema di monitoraggio basato su due metodologie integrate di approccio: la prima con piattaforme fisse e la seconda con campagne periodiche.
Quindi, in sostanza, prevedete un’azione di vigilanza…
Al fine di monitorare lo stato qualitativo delle acque, dei sedimenti e della biocenosi che popolano i mari di Taranto. Le piattaforme fisse hanno, a loro vantaggio, la possibilità di rilevare dati con continuità nel tempo ma per ovvie motivazioni economiche e tecnologiche esse risultano limitate a pochi posizionamenti ed ai parametri ambientali facilmente e correttamente rilevabili attraverso sonde automatiche. Il monitoraggio attraverso campagne periodiche ha, invece, il vantaggio dell’incremento del numero delle stazioni e dei parametri da analizzare ma prevede misure distanziate nel tempo e spesso non in grado di rilevare eventi puntuali. è per tale motivo che l’integrazione delle due metodologie permette un monitoraggio completo ed appunto integrato relativamente ai parametri analizzati.

Parliamo del sito della ex-Cemerad di Statte. Dove sono stati trasferiti i rifiuti radioattivi? Per il trasporto è stato previsto un sistema GPS o di tracciabilità?
I rifiuti radioattivi vengono trasferiti presso il deposito della Nucleco a Casaccia, in provincia di Roma. Per il trasporto utilizziamo il sistema satellitare, anche per i rifiuti non radioattivi. È stata progettata ed avviata la messa in sicurezza e gestione dei rifiuti radioattivi depositati nell’area ex Cemerad, così come l’attuazione delle operazioni di identificazione, la preparazione e l’identificazione dei fusti ai fini del trasporto, l’allontanamento e il conferimento dei fusti presso operatori, l’esecuzione di attività di caratterizzazione e bonifica del sito ai fini del rilascio privo da vincoli. Sono stati allontanati 2.307 fusti contenenti materiale radioattivo (prevalentemente C14 e H3) e sono in corso presso il cantiere le operazioni di preparazione ed identificazione ai fini del trasporto dei restanti fusti. Dallo scorso ottobre sono riprese le attività di trasporto finalizzate all’allontanamento dei fusti nel deposito, e che prima dell’insediamento del Commissario, nel novembre del 2015, era abbandonato da oltre venti anni. Il primo trasporto, dopo la fase di stand-by connessa a procedure burocratiche da espletare, è stato effettuato il giorno 23 ottobre 2018.

Ma per il trasferimento dei rifiuti ex-Cemerad si parlava anche di una destinazione fuori dai confini nazionali…
Come le dicevo ora la destinazione principale è la Nucleco, anche se dal prossimo anno i rifiuti radioattivi andranno in Slovacchia, in particolare presso l’impianto di Bohunice della Javws. Da gennaio 2019 si prevedono ulteriori trasporti verso Casaccia per i fusti contenenti materiale radioattivo non ancora decaduto, in ragione di un trasporto ogni 3 settimane, mentre all’estero andranno i liquidi organici radioattivi ed una quantità solida equivalente stimata in circa mille fusti.
Le attività di allontanamento dei fusti si erano interrotte in attesa dei requisiti di equivalenza al fine di assicurare caratteristiche radiologiche tra i rifiuti primari da inviare in Slovacchia, dove vengono trattati, e le ceneri di ritorno in Italia. Dal punto di vista amministrativo l’iter è stato complesso ed ha previsto il confronto fra diverse Istituzioni ed enti, tra cui i ministeri dell’Ambiente, dello Sviluppo economico, del Lavoro e delle Politiche sociali, l’Ispra e la Regione Lazio. Tutti i trasporti, che avvengono tramite vettori autorizzati, sono stati effettuati previa comunicazione a tutti gli organi coinvolti, in particolare la Prefettura, la Questura, i Comuni di Statte e Taranto, il ministero dell’Ambiente e l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione. Il deposito è in totale sicurezza, nel rispetto delle normative vigenti, e risulta controllato da vigilanza armata 24 ore su 24.

Con quali risorse sono stati effettuati questi interventi?
Le risorse – 10 milioni di euro – rientrano in quelle destinate al Commissario straordinario per gli interventi di cui alla legge n.20 del marzo 2015 (“Disposizioni urgenti per l’esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell’area di Taranto”, ndr).

Ci spiega, in sintesi, l’iter seguito e i soggetti coinvolti?
Il percorso per la rimozione e l’allontanamento dei rifiuti ha visto assieme al Commissariato l’impegno costante del Governo, della Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti, dei parlamentari del territorio, della Prefettura e dell’Amministrazione comunale di Statte. Le attività di rimozione e di allontanamento dei rifiuti sono iniziate dopo le valutazioni propedeutiche e le analisi specifiche inerenti l’intera area realizzate dal Commissario straordinario con il supporto della Sogin, la società per la gestione dei siti nucleari e dei rifiuti radioattivi, e della Nucleco. Attraverso una procedura rigorosa articolata in diverse fasi abbiamo stabilito l’adeguamento della protezione fisica del sito, la valutazione strutturale del deposito, il piano di intervento interno, la caratterizzazione radiologica delle matrici ambientali e il monitoraggio.

Cosa è stato trovato nel capannone?
Dalle valutazioni eseguite dal Commissariato, con il supporto di Ispra e Sogin, sulla base della documentazione disponibile e dalle ispezioni effettuate, è stata riscontrata la presenza complessiva di circa 16.500 fusti dei quali circa 3480 potenzialmente radioattivi e 13.020 potenzialmente decaduti, per la maggior parte provenienti da attività sanitarie (ospedali e cliniche pubbliche e private, laboratori Ria); fusti radioattivi contenenti filtri di condizionamento contaminati dall’evento Chernobyl ritirati da strutture pubbliche e private e, infine, fusti contenenti sorgenti radioattive (parafulmini, rivelatori di fumo, sorgenti di taratura, fili di iridio, vetrino con uranio naturale). Tutte le operazioni sono state concordate ed eseguite in stretta collaborazione con la Prefettura di Taranto dove è stato costituito un Tavolo tecnico di confronto al quale partecipano i rappresentati di tutte le forze dell’ordine e degli organismi tecnici locali, che ha visto anche la messa a punto e l’attuazione di tutte le misure idonee a scongiurare qualsivoglia rischio per persone e luoghi di intervento tra i quali il Piano di emergenza esterno.

Qual è lo studio alla base delle attività che lei ha pianificato e sta realizzando? Può spiegarci il modello concettuale?
Si tratta di un modello concettuale mai realizzato in precedenza. Al fine di identificare il trend evolutivo nel tempo della contaminazione del sistema Mar Piccolo, si è partiti dallo stato di contaminazione registrato a seguito di indagini pregresse, svolte a cura di Icram nel 2005/2010 integrandolo con le risultanze della Campagna Geognostica, con significative analisi di laboratorio, appositamente progettata e realizzata dal Commissario straordinario, dal settembre 2016 a marzo 2017.
Nel 2005, in particolare, è stato eseguito il Piano di caratterizzazione ambientale dell’area marino-costiera, predisposto dall’Icram, nell’area 170 ha, di competenza della Marina Militare di Taranto. Le attività di campionamento hanno riguardato il prelievo di 75 carote di sedimento per l’esecuzione di indagini chimico fisiche e microbiologiche. I risultati delle analisi chimiche eseguite sui sedimenti hanno evidenziato uno stato di contaminazione diffusa da PCB, con superamento dei limiti di intervento sito-specifici stabiliti da Icram-Ispra per tutta l’area indagata e per tutto lo spessore analizzato. In tutta l’area è stata, inoltre, determinata una contaminazione diffusa da Piombo.
Nell’attuazione di quanto definito e programmato, tenuto in debito conto quanto realizzato in precedenza ed i relativi risultati, ho ritenuto necessario progettare e realizzare una accurata Campagna Geognostica, con significative analisi di laboratorio. Dal settembre 2016 a marzo 2017, in particolare, sono stati acquisiti dati di dettaglio riguardanti le caratteristiche geologiche, geotecniche, meccaniche ed idrauliche, oltre che le caratteristiche chimiche, biologiche, eco-tossicologiche dell’intero deposito olocenico del Mar Piccolo. L’indagine ha avuto la finalità di elaborare un modello concettuale avanzato, sufficientemente quantitativo e scientificamente basato, indispensabile per la individuazione e progettazione di sostenibili misure ed interventi da mettere in atto.
In particolare, la Campagna Geognostica ha contemplato la esecuzione di 67 sondaggi, di cui 46 effettuati nel primo e secondo seno del Mar Piccolo e 21 nelle aree contermini al Mar Piccolo con profondità di prelievo dei campioni sino al raggiungimento del tetto delle Argille Sub-Appennine. Attesa la complessità del sistema Mar Piccolo, per la definizione dei parametri utili alla formulazione del modello concettuale, è stato necessario prelevare sullo stesso intervallo stratigrafico più campioni di materiale da sottoporre a diverse specifiche analisi (chimiche, ecotossicologiche, geotecniche, geologiche, tecnologie ambientali). Ciò ha comportato l’esecuzione, sullo stesso sito, di due/tre sondaggi paralleli.
Relativamente ai campioni di sedimento prelevati nell’ambito della succitata Campagna Geognostica, sono stati eseguite 19.861 prove di laboratorio di cui 380 per la caratterizzazione fisico-meccanica e 19.481 per la caratterizzazione ambientale. Nello specifico, per la caratterizzazione fisico-meccanica dei sedimenti sono state eseguite 89 analisi granulometriche e definizione delle proprietà fisiche, 77 prove di compressione edometrica, 34 prove di consolidazione, 50 prove di permeabilità, 52 prove di resistenza a taglio diretto, 39 prove triassiali consolidate non drenate (CIU); 39 prove per la determinazione della resistenza non drenata; per la caratterizzazione ambientale sono state eseguite: 57 analisi ecotossicologiche, 19 analisi sul plancton (cisti bentoniche), 9 analisi microbiologiche e 19.396 analisi chimiche (590 Idrocarburi C>12 e C<12, 6195 PCB totali e congeneri e PBDE, 1368 Diossine, 2360 Pesticidi, 5605 IPA, 228 Organostannici, 2950 Metalli Pesanti).
L’intensa attività di studio, di indagini e di analisi multidisciplinare del sistema fisico-ambientale in parola, posta in essere ha consentito di pervenire ad una zonazione dell’area in funzione del grado di contaminazione riscontrato e delle caratteristiche fisico-meccaniche dei sedimenti marini permettendo, nel contempo, di definire le principali strategie di intervento di risanamento/messa in sicurezza tecnicamente efficienti, socialmente accettabili, compatibili con la tutela dell’ambiente e tecnologicamente innovative, al fine di preservare l’intero ecosistema acquatico e, conseguentemente, la salute dell’uomo. L’attività di caratterizzazione del sistema Mar Piccolo e l’approccio metodologico utilizzato ha permesso di suddividere il primo seno del Mar Piccolo in zone e sottozone, differenziate per livello e tipologia di contaminazione dei sedimenti marini, per caratteristiche fisico-meccaniche ed idrauliche degli stessi al fine di individuare le possibili e diverse modalità di intervento di risanamento e/o messa in sicurezza dei fondali del Mar Piccolo e, dunque, di forte indirizzo nelle strategie di gestione del sistema. L’analisi congiunta dei caratteri chimici e geo-idro-meccanici dei sedimenti ha consentito di pervenire ad una schematizzazione sintetica del Conceptual Design Site Model del primo seno del Mar Piccolo.
Tale schematizzazione fornisce alcuni elementi di indirizzo alla gestione del sistema attuale, alla cui base c’è la chiusura di tutte le fonti di contaminazione eventualmente ancora presenti e che ancora possono alimentare la contaminazione del sistema.

Qual è l’obiettivo del suo progetto?
Vengono perseguiti gli obiettivi di cui all’accordo del 2012 e della legge n.20 del 2015 che possono essere sintetizzati in bonifica, recupero e rigenerazione dell’ambiente: la rigenerazione dell’ambiente e il rilancio dell’economia attraverso la valorizzazione del territorio riqualificato. Per questo è fondamentale rendere i principali stakeholder, in primis i cittadini, protagonisti attivi della bonifica. L’uomo, le persone, devono essere il centro di qualsiasi azione di recupero del territorio. Il rilancio di quest’area rappresentativa del Mezzogiorno passa attraverso la capacità di mettere l’ambiente al centro delle politiche e di una nuova strategia di sviluppo nonché per una stretta cooperazione inter-istituzionale.

Dottoressa Corbelli, in conclusione, al di là degli inevitabili tecnicismi, necessari, tuttavia, a dare un’idea della portata degli interventi da attuare, cosa ne pensa dell’attuale modello industriale presente nel territorio di Taranto?
La nostra vera, grande, risorsa è l’ambiente, inteso come ecosistema di tutte le risorse del territorio, quelle naturali e le infrastrutture, come i porti ma oggi anche le reti telematiche, quelle economiche e quelle culturali, come un sito archeologico o un museo, e poi quelle storiche e sociali. La mia idea, che sta trovando ampi consensi non solo istituzionali, è che Taranto possa rappresentare, a livello regionale, nazionale ed internazionale, l’esempio di come un tessuto sociale-territoriale, soggetto ad elevate pressioni industriali e produttive (come molte altre città italiane), che nel tempo hanno prodotto una crisi ambientale di ampie proporzioni possa rigenerarsi attraverso un percorso a 360 gradi che vede consapevolmente coinvolta la collettività, la comunità scientifica, il sistema industriale e intellettuale. Insomma una nuova idea di sviluppo che ha al centro l’ambiente, e non solo gli asset economici tradizionali. Ambiente, peraltro, che gioca un ruolo sempre più determinante proprio nelle politiche economiche attraverso i comportamenti delle persone che lo vivono e ne determinano il futuro, come si evince anche dagli studi del Premio Nobel per l’Economia 2017, Richard H. Thaler.
A Taranto c’è bisogno di un cambio di paradigma. Un cambiamento fondamentale che passa per la sensibilizzazione verso un sistema fisico-ambientale che, pur soggetto a significative criticità e rischio, deve costituire fonte di sani e rispettosi investimenti.
Anche su questo fronte il Commissariato sta fortemente investendo. Ne è un esempio il progetto “La scuola racconta e…”, un percorso che ha sensibilmente contribuito a fornire una visione, agli alunni delle scuole Tamburi, della loro città come realtà non solo fortemente compromessa ed inquinata ma di grande valenza e potenzialità ambientali e culturali, dalle quali ripartire per una sostenibile crescita sociale ed economica.

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Autore:

Responsabile del Comitato Legamjonici di Taranto. Nel 2010 consulente di parte nell’inchiesta “Ambiente svenduto” sull’Ilva.