L’agenda commerciale dell’Unione Europea è appesa a un lo che si chiama CETA. Se il processo di ratifica dell’accordo UE-Canada fallisce, sarà una vittoria storica per la società civile.
La ratifica del CETA al Parlamento Europeo, che dovrebbe sancirne anche l’applicazione provvisoria in attesa delle ratifiche nazionali, è in agenda per San Valentino. Così Strasburgo e Bruxelles cercano di saldare la liaison dangereuse con gli interessi dei più grandi gruppi di potere industriale e finanziario al mondo. Un grande accordo di libero scambio con il Canada, che aprirà i rispettivi mercati in tutti i settori dell’economia: dall’agroalimentare ai servizi, dagli appalti pubblici agli investimenti, dall’energia alle biotecnologie. Senza contare i vantaggi che il trattato anche alle 42 mila imprese statunitensi che hanno una sede in Canada – l’81 per cento degli investitori Usa in Ue – e potranno all’occorrenza trasformarsi in aziende canadesi per utilizzare le disposizioni più favorevoli del CETA e il suo tribunale speciale. Per questo motivo, i movimenti sociali che in questi anni si sono opposti ai nuovi accordi promossi dall’Unione Europea, individuano in quest’ultimo trattato il cavallo di Troia del più noto TTIP, negoziato con gli Stati Uniti.
Il dialogo con gli Usa vive un momento di stanca, dovuto alle grandi preoccupazioni dell’opinione pubblica manifestate in centinaia di piazze durante questi anni. Oltre ai timori dei cittadini per un abbassamento degli standard europei, e l’aumento del potere delle grandi multinazionali rispetto ai governi, il TTIP è congelato per la tornata elettorale di Washington (che ha visto trionfare il repubblicano Donald Trump contro la democratica Hillary Clinton), Berlino e Parigi. Anche il CETA è stato sull’orlo del fallimento, rischiando di mandare a gambe all’aria l’intera agenda commerciale europea. Infatti, sebbene la firma fosse prevista il 27 ottobre a Bruxelles, durante un vertice Ue-Canada, la cerimonia è slittata per l’incapacità dei governi di dare mandato all’esecutivo europeo per l’operazione. A far saltare il banco è stata la Vallonia, regione del Belgio federale che ha negato il via libera al governo centrale, il quale non ha potuto assicurare il suo sostegno alla proposta della Commissione. Senza l’unanimità degli Stati membri, si è inceppato l’ingranaggio.
Il ministro del commercio canadese, Chrystia Freeland, la Commissaria Ue al Commercio, Cecilia Malmström, e il presidente del Parlamento europeo, Martin Schultz, hanno avviato urgenti negoziati con il governo vallone, retto dal socialista Paul Magnette. Dopo due giorni di pressioni politiche, sostenute da minacce di ripercussioni sul piano economico, la piccola regione belga ha ceduto e domenica 30 ottobre è arrivata la firma. Ma non prima di aver strappato alcune concessioni: sarà la Corte Europea di Giustizia, ad esempio, su input del Belgio, a valutare la legalità del meccanismo ISDS/ICS, il tribunale sovranazionale per gli investimenti che permette alle aziende di denunciare gli Stati che approvano leggi ritenute dannose per i loro profitti. Inoltre, basterà un voto contrario anche nel Parlamento regionale di uno Stato federale a far saltare l’applicazione provvisoria del CETA se le modifiche non verranno apportate. L’Ue ha anche promesso la promessa di una completa esclusione dal mercato per i servizi che gli Stati membri decidono di quali care come “servizi pubblici” e per i cosiddetti “servizi di interesse generale”. A ciò si aggiunge un impegno a tutelare l’agricoltura, vietare le importazioni di OGM e carne agli ormoni, proteggere il principio di precauzione. Questo compromesso non ha convinto la società civile europea, salda sulla posizione di partenza: opzione zero, o battaglia. Così, il 5 novembre, in diverse città italiane, e in altri Stati europei, è stato lanciato lo #StopCETAday, una giornata di mobilitazione contro l’accordo euro canadese e il crescente potere delle multinazionali. A Roma, in piazza Montecitorio, gli attivisti della “Campagna Stop TTIP Italia” hanno organizzato un presidio insieme ai sindacati e altre organizzazioni ambientaliste e della società civile, per sottolineare i rischi delle importazioni di grano canadese trattato massicciamente con il glifosato e carico di micotossine. A Torino si è svolto un presidio sotto il grattacelo San Paolo, mentre a Verona un corteo ha attraversato la città. Iniziative anche a Milano, Napoli, Gallarate, Catanzaro Udine. Sono le prove generali per un inverno che si annuncia bollente. San Valentino compreso.
Tratto dal numero 8 anno 1 / novembre 2016 / Pagina 62