Con una missiva indirizzata a Daniela Spera, in qualità di rappresentante del comitato Legamjonici, alcuni cittadini del quartiere Paolo VI di Taranto, hanno manifestato le proprie preoccupazioni in merito alle condizioni dello stabilimento Basile Petroli spa, uno dei quattro impianti di Taranto che rientrano nel campo di applicazione della legge che riguarda il controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze pericolose. La normativa europea di riferimento è la Seveso III (2012/18/UE) recepita dall’Italia col decreto legislativo n.105 del 26 giugno 2015.
La missiva ha come autore un gruppo di cittadini di Paolo VI che ha preferito mantenere l’anonimato. «Nello stabilimento c’è presenza di molti litri di benzina – si legge nella lettera – anche in serbatoi sotto terra che non vengono controllati da molti anni e quando piove molto si vedono macchie di benzina vicino ai cancelli. Ogni anno vediamo un silos in più. Prima lo stabilimento era piccolo, ora è molto più grande e siamo preoccupati.» E non a torto.
L’incidente rilevante viene definito dall’articolo 3, lettera O, del decreto come «un evento quale un’emissione, un incendio o un’esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verifichino durante l’attività di uno stabilimento e che dia luogo a un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento e in cui intervengano una o più sostanze pericolose.» Sostanze che Basile Petroli spa manipola ogni giorno. La nascita della Basile Petroli risale al 1951, anno in cui comincia ad esercitare l’azienda familiare. Si tratta di un deposito di oli minerali che si sviluppa su un’area di superficie complessiva di 29 mila metri quadrati su terreno di proprietà recintato. Lo stabilimento è localizzato in Contrada Carmine, S.S.172 per Martina Franca a nord del quartiere Paolo VI, da cui dista circa 700 metri.
Il quartiere Paolo VI conta circa 19 mila abitanti. Lo stabilimento svolge attività di deposito, in cui non sono previsti processi produttivi, che consiste nella discarica, stoccaggio temporaneo, additivazione denaturazione, miscelazione e caricazione di prodotti petroliferi (benzine, gasoli, oli combustibili e lubrificanti).
Sul sito della Prefettura di Taranto, il 24 maggio del 2017, è stato pubblicato il Piano di emergenza esterno (Pee) dello stabilimento per la consultazione pubblica. Il documento è stato redatto sulla scorta delle informazioni fornite dal gestore ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n.105 del 26 giugno 2015 e con i dati forniti dal Comune riguardanti gli insediamenti presenti entro un raggio di un chilometri dai confini del deposito (abitazioni, industrie e zone ad elevata presenza di pubblico). Trascorsi i trenta giorni per la consultazione, il Prefetto di Taranto, d’intesa con la Regione e gli Enti locali interessati, approva il Piano di emergenza esterna, integrandolo, se necessario, al verificarsi di sostanziali modifiche nello stabilimento delle fonti di rischio oppure se al variare delle situazioni circostanti.
Il 21 giugno 2017 il presidente del consiglio di amministrazione Francesco Basile delega a Riccardo Caracuta la funzione di gestore per quanto attiene «il potere decisionale determinante per l’esercizio tecnico dello stabilimento o dell’impianto stesso», mantenendo a sé il potere economico per il conferimento delle risorse necessarie all’esercizio e prevenzione degli incidenti rilevanti
Il gruppo di cittadini chiede, inoltre, esplicitamente al comitato ambientalista di attuare specifiche verifiche: «Qualcuno controlla se sono in regola tutte le autorizzazioni (Vigili del fuoco, autorizzazioni comunali e provinciali, autorizzazioni ambientali di trattamento acqua)? In caso di incendio dove andiamo? I nostri palazzi sono vicini allo stabilimento ed i fumi ci ammazzerebbero tutti. I vigili del fuoco hanno controllato se è sicuro quello stabilimento? La notte è controllato?»
Domande che, senz’altro, necessitano di risposte. Timori che questi cittadini non manifestano, però, direttamente alle autorità competenti. Una cosa è certa. Dalla lettera appare evidente lo stato di abbandono in cui versa la popolazione circostante sia sotto l’aspetto informativo sia sotto l’aspetto della presenza delle istituzioni nel territorio. Questo alimenta ansie e paure.