Il referendum del 17 aprile sulla durata delle concessioni di coltivazione di idrocarburi a mare, entro le 12 miglia dalla costa, si è concluso con un nulla di fatto. Solo il 32,15 percento degli aventi diritto al voto si sono recati alle urne, di cui l’85,84 percento ha votato Sì ed il 14,16 percento ha votato No. Il resto schede bianche (0,66 percento) e schede nulle (1,06 percento). Quorum, pertanto, non raggiunto.
L’unica regione italiana ad aver superato la soglia del 50 percento +1 è stata la Basilicata, con il 50,16 percento (96,40 percento di Sì). Una vera e propria “isola del quorum”, in cui la ventennale attività di estrazione di greggio – dal più grande giacimento in terraferma d’Europa – ha forgiato, nel tempo, una coscienza critica (seppur in ritardo). Anche rispetto agli impatti su ambiente, salute ed economie locali. Sul dato dell’affluenza in Basilicata – così come su quello della città di Taranto (42,51 percento) e dell’intera provincia (41,74 percento), di poco superiori alla media regionale (41,65 percento) – ha influito il clamore mediatico suscitato dall’inchiesta della Procura di Potenza che ha coinvolto i progetti di Eni (Centro olio di Viggiano) e Total (Tempa Rossa), in Basilicata e Puglia.
Ed è proprio su questo abbiamo costruito il nostro speciale, cercando di raccontare – mettendo da parte i numeri referendari – cosa accade in queste “isole”. Passando per quelle dinamiche e quegli sviluppi che per anni le hanno estromesse dalla cronaca nazionale, relegandole in una dimensione locale regolata da norme proprie, in cui l’attivismo di pochi e storici comitati locali ha pagato il prezzo dell’emarginazione di lotta condotta su altri fronti.
Abbiamo costruito il nostro racconto tenendo conto della strada tracciata dagli inquirenti. Né più né meno. Citando i documenti in nostro possesso. Consapevoli che le misure di custodia cautelare e le ipotesi di reato non rappresentano condanne definitive, non potevamo esimerci da una ricostruzione dei fatti.