Periodico indipendente su Ambiente, Sud e Mediterraneo / Fondato il 23 dicembre 2015
 

«Noi vogliamo vivere, ora e per sempre»

A Taranto mobilitazione nazionale contro le grandi industrie inquinanti: corteo dal quartiere Tamburi fino ai cancelli dell’ex-Ilva. Inattesi momenti di tensione con le forze dell’ordine.

Resta ferma e decisa l’attenzione della popolazione, di comitati e associazioni sull’industria pensante ex-Ilva, ora ArcelorMittal. La mobilitazione – di circa duemila partecipanti – “Noi vogliamo vivere”, del 4 maggio, organizzata dall’Assemblea permanente Taranto, ha avuto come punto di incontro Piazza Gesù Divin Lavoratore del quartiere Tamburi.
Alle 14 in punto, nonostante la pioggia battente, erano presenti tutte le realtà locali, provinciali e molte organizzazioni nazionali impegnate nella lotta sul fronte ambientale, politico e sociale. Presenti famiglie e bambini. Tante le sigle presenti, tra le quali la Confederazione Cobas e le organizzazioni studentesche che hanno aperto il corteo. A seguire un ordine dettato dai promotori: c’è stato posto per tutti. Presenti anche bandiere politiche in coda al corteo.
La manifestazione è la terza tappa di un percorso nazionale iniziato a Torino a dicembre. La rabbia di una vita privata dei tanti diritti: quello al gioco, alla salute, a vivere in una città fantasma fatta di proclami, tanti, dove neanche la chiusura di due scuole per pericolo inquinamento non è stata così forte da obbligare a prendere una dura posizione da parte delle istituzioni locali e nazionali.
Al quartiere Tamburi esistono problemi seri, primo tra tutti l’abbandono, che non è solo sensazione: continuano giornate di Wind Day, continuano ad essere assenti i dati sulle collinette e i bambini, le famiglie, dopo reclami e nervosismi vari, in tempi di iscrizione al nuovo anno scolastico non sono stati rassicurati.
A Taranto non si vive bene: secondo i dati riportati dall’Osservatorio nazionale amianto i morti per mesotelioma per esposizione ad amianto tra il 2006 e il 2011 sono la metà di quelli censiti nell’intera Puglia dal Registro regionale. E questi sono solo dati che si aggiungono ad altri dati.
«Sono arrabbiata perché sono costretta a vivere fuori dalla mia città. Ogni volta che torno mi accorgo che nulla è cambiato.» Lei, Maria, ha trenta anni. Non è in corteo, aspetta ad un angolo dello stradone attraversato dagli attivisti. Stringe le mani alla sua mamma, racconta con forte emotività che aveva bisogno di lavorare e che si sente orfana di una terra senza futuro.
Vive a Capracotta, Antonio, e rappresenta il movimento degli uomini casalinghi. È arrivato a Taranto per dire alle donne di riprendere a governare come succedeva nelle vecchie comunità matriarcali e proporre il gemellaggio con il comune molisano, situato nel punto più alto dell’Appennino, per «disintossicarsi dall’inquinamento respirando aria pulita.» Antonio ha manifestato sotto la pioggia in estremo silenzio. Attraversata la fine di via Orsini, e imboccata la via per Statte con il coro «Taranto Libera, Taranto Libera» si è giunti ai cancelli di ArcelorMittal. Qui ci sono stati momenti di tensione tra la Polizia e un gruppo di manifestanti: c’è stato un tentativo di scavalcare i cancelli accompagnato da lanci di fumogeni, bottiglie, sassi e minacce da parte di un gruppo a volto coperto che, secondo alcune testimonianze, non sono stati mai visti durante i precedenti aggregamenti. Insomma non rappresentano le realtà ambientaliste.
Alla protesta di sabato è seguita la comunicazione dell’azienda leader nella produzione di acciaio di un taglio temporaneo di 3 milioni di tonnellate. Verrà chiuso l’impianto di Cracovia e sarà ridotta al minimo quello nelle Asturie, in Spagna. E per quanto riguarda l’ex-Ilva è previsto un rallentamento dell’aumento di produzione di sei milioni al fine di ottimizzare costi e qualità della produzione. Parla di decisione “sofferta” Geert Van Poelvoorde, vice presidente e ceo Europa di ArcelorMittal, dovuta – scrive in una nota la società – all’indebolimento della domanda e all’aumento delle importazioni associati a una insufficiente protezione commerciale dell’Unione Europea, agli elevati costi energetici e all’aumento dei costi delle quote di CO2.
A questo si aggiunge la notizia di un azzeramento di giunta da parte del sindaco Rinaldo Melucci, che secondo indiscrezioni in attesa di rimpasto potrebbe tenere per sé la delega all’Ambiente. L’incertezza sta regnando sovrana, ma chissà se questo non sia l’inizio di una nuova era per la città più inquinata d’Europa.

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Autore:

Nata al quartiere Tamburi di Taranto ai piedi dell’Ilva, la più grande ed inquinante industria siderurgica d’Europa. Quelle polveri sottili, quella mancanza di informazioni sulla loro natura destano la sua curiosità e da qui inizia il percorso di attivista del quartiere, segno di fame dove tutto era impossibile a sapersi ma facile da vedere. Inizia a collaborare con testate giornalistiche locali, online e offline, dove mette al centro la comunità, le donne e il forte senso di appartenenza ad un territorio di frontiera il più delle volte con vita a sé. Le questioni sociali, ambientali sono il file rouge della sua attività nella redazione giornalistica di <strong>Telerama</strong> e di <strong>Radio Popolare Salento</strong>. Ha collaborato con <strong>NarcoMafie</strong>. Fondatrice di <strong>Donna a Sud</strong>, Festival delle culture al femminile del Mediterraneo. Vicepresidente dell’Associazione <strong>Iwoman</strong>. Creator di In <strong>Sommovimento</strong>, incontri e appunti tra culture contemporanee.