Il Consiglio di Stato ha definitivamente messo la parola fine sul progetto “Eleonora” di Arborea, in provincia di Oristano, confermando la precedente sentenza del Tar Sardegna, contro la quale la Saras spa, titolare del permesso di ricerca, aveva presentato ricorso all’inizio di quest’anno. La decisione è arrivata lunedì 11 luglio. A vincere sono stati i cittadini di Arborea, dopo una lunga battaglia durata cinque anni. Terre di frontiera sul numero di maggio ha ripercorso i momenti cruciali dell’intera vicenda, analizzando proprio la sentenza del Tar Sardegna, oggi confermata dal Consiglio di Stato. Un articolo che vi riproponiamo di seguito.
Il progetto Eleonora è un permesso di ricerca in terraferma per l’individuazione di giacimenti di gas metano in provincia di Oristano, in Sardegna, proposto dalla Saras spa. L’azienda della famiglia Moratti prevede – dopo le necessarie fasi di studio ed investigative – la realizzazione di un pozzo esplorativo nel comune di Arborea, a circa 150 metri dal Sito di Interesse Comunitario (SIC) “Stagno S’Ena Arrubia”, 4,5 chilometri dal centro abitato e a poche decine di metri da abitazioni rurali. Il pozzo esplorativo è denominato “Eleonora 01 dir”. La comunità locale, dal 2011, si è attivata con la costituzione del Comitato civico “No al progetto Eleonora” e – da subito – con decise, quanto convinte, azioni ha indotto il SAVI (Servizio Valutazioni Ambientale) della Regione Sardegna ad inserire il progetto nella procedura VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale), costringendo la Saras a redigere uno Studio di Impatto Ambientale (SIA). Successivamente ha promosso e contribuito a costituire un pool tecnico incaricato di redigere uno studio specifico per le osservazioni al progetto del pozzo.
A seguito di tali adempimenti, così come previsto dalle normative, il SAVI indìce un’assemblea pubblica ad Arborea, con la partecipazione di tutti i soggetti interessati e portatori di interesse, nel corso della quale la Saras presenta e illustra il progetto alla cittadinanza. L’assemblea – tenutasi il 30 maggio 2013 – è molto partecipata e dura circa sette ore, con interventi efficaci e pungenti che vedono i tecnici della Saras in gravi difficoltà nel fornire le necessarie risposte e rassicurazioni alle domande poste dalla popolazione. Nei giorni a seguire inizia la lotta contro il tempo per presentare le osservazioni. L’iter procedurale arriva al suo culmine con la Conferenza di Servizi decisoria del 29 luglio 2014, presso il SAVI della Regione Sardegna, a Cagliari. Si susseguono altre 7 ore di interventi dei tecnici di tutte le parti convocate: Saras, Enti locali e organi tecnico-istituzionali. I consulenti del Comune di Arborea, inoltre, consegnano ulteriori relazioni tecnico-scientifiche sulle contro-osservazioni formulate dalla Saras alle osservazioni prodotte dai portatori di interesse. Emerge – oltre alle criticità del progetto stesso – anche un aspetto di natura vincolistica a cui gli stessi dirigenti del SAVI sembrano sorprendersi. In base alle norme di tutela paesaggistica regionale l’intero comprensorio di Arborea è incluso nella “fascia costiera” e, pertanto, devono applicarsi le relative norme di tutela e salva- guardia. In base a questo sono da escludere le realizzazioni di nuovi insediamenti industriali. Gli Enti territoriali presenti (Comune di Arborea e Provincia di Oristano, ndr), oltre ad evidenziare e circostanziare l’aspetto vincoli- stico esprimono parere negativo. Sulle facce dei dirigenti e consulenti scienti ci della Saras è visibile il panico e lo stupore allorquando i tecnici del SAVI decidono di sospendere per un congruo periodo ogni decisione, in attesa di valutare compiutamente nel merito la suddetta normativa, applicata al caso specifico della realizzazione di un pozzo di esplorazione. Il 5 settembre 2014 la Saras ricorre al Tar Sardegna per il mancato pronunciamento della Regione. Il 9 settembre 2014 con Determinazione n.19132 il SAVI chiude il procedimento dichiarando improcedibile l’istanza VIA della Saras. La società della famiglia Moratti ricorre ulteriormente al Tar con motivi aggiunti. Il Tar Sardegna, in data 13 gennaio 2015 stabilisce di rinviare l’udienza di discussione all’1 luglio 2015. La fatidica data registra il pronunciamento della sentenza che rigetta in toto, il ricorso. La Saras ricorre al Consiglio di Stato che dovrà pronunciarsi definitivamente nel merito il 9 giugno 2016.
Riflessioni di merito
Le motivazioni con cui il Tar Sardegna si è pronunciato costituiscono un precedente forte che o re notevoli spunti di riflessione e commenti tecnici, ponendosi quindi come una sorta di linea guida per le relazioni tecnico-scientifiche a supporto delle osservazioni da presentare agli studi di impatto ambientale. Un ruolo fondamentale, in positivo, lo giocano sicuramente le “pressioni“ ambientali esercitate dai cittadini. Entrando nel merito della disamina sul ricorso presentato dalla Saras, gli organi giudicanti del Tar Sardegna hanno voluto approfondire la tematica sotto ogni pro lo, non fermandosi solo all’aspetto specifico della “questione“ vincolistica. Di fatto viene “chiarito” dai magistrati come la realizzazione di un pozzo esplorativo, anche se non produttivo, generi una trasformazione dei luoghi “non reversibile“ e, quindi, non più configurabile come “ripristino dei luoghi” ante operam. Se a questo aggiungiamo lo sviluppo previsionale futuro con la realizzazione di più pozzi di estrazione, in caso di esiti positivi, la compromissione dei luoghi è ancora più marcata ed evidente. Altro che impatto zero e/o reversibilità. Si censura anche l’aspetto definito temporaneo, in quanto, alcune strutture dovranno per forza essere presenti in maniera permanente come: cantine di perforazione, tubazioni, tappi di chiusura e/o sigillatura. Assume allora un carattere fondamentale l’aspetto legato alla fase tipica di una perforazione, anche se non esplicita- mente sottolineato nel presente dispositivo di rigetto. Se consideriamo come compromissione dei luoghi naturali, le opere e le strutture di servizio e supporto, non possiamo nemmeno escludere i reali, oggettivi e dimostrati impatti ambientali che derivano dalla “semplice“ perforazione. Si possono, pertanto, prendere ad esempio, la presenza nel sottosuolo di idrogeno solforato, radionuclidi, metalli e metalloidi. Ogni perforazione attraversa strati di roccia caratterizzati da presenza di tali elementi in “forma del tutto naturale“ che, se lasciati nelle profondità e sormontati dalle rocce sovrastanti non creano “impatti“ nell’ambiente superficiale circostante nelle varie matrici (suolo, acqua, aria), proprio perché con nati e “residenti” a quelle profondità. Nel mentre, invece, si opera una perforazione sia pur con tutti i crismi e sistemi rassicuranti, come sovente scrivono nelle loro relazioni tecniche i proponenti dei progetti di ricerca idrocarburi, si opera inevitabilmente una compromissione definitiva e permanente dei luoghi, con l’immissione di sostanze “naturali” la cui concentrazione è superiore e/o notevolmente superiore a quella rilevata in superficie ante operam.
Appare chiara, la “non reversibilità” del processo industriale. Avendo preso parte al pool di tecnici per conto del Comune di Arborea e dei Consorzi dei produttori, per le “osservazioni“ e, avendo altresì partecipato alla già citata Conferenza dei Servizi, ho avuto modo, insieme agli altri colleghi, non solo di esaminare compiutamente il progetto, ma anche di intesa e col supporto strategico e fattivo del Comitato civico “No al progetto Eleonora” di svolgere specifiche indagini onde rappresentare per alcuni aspetti la situazione ambientale preesistente. Il lavoro è stato svolto, insieme al collega Vincenzo Briuolo e con la cortese e preziosa consulenza del professor Domenico Cicchella. Si è redatta una specifica cartografia con i valori di radioattività di fondo naturale attraverso rigorosi criteri scienti ci e mediante l’ausilio di indagini strumentali e l’identificazione dal punto di vista geofisico dei valori caratterizzanti i suoli e le acque del sottosuolo. Di contro, abbiamo potuto confutare, sia nella relazione tecnica sia in Conferenza dei Servizi – con dati di fatto – gli studi e le analisi geochimiche presentati dalla Saras e eseguiti anche dall’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia). Emerge chiaramente “il valore” delle motivazioni della sentenza del TAR Sardegna, ponendo nuovi scenari e sviluppi per la redazione di studi a difesa dei territori interessati da progetti non solo concernenti le attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi. Non va di meno sottolineata la nota del Tar di “rimprovero” per la contraddizione della stessa Regione Sardegna: “… Dopo aver autorizzato (sin dal 2007) lo svolgimento di un progetto di ricerca di idrocarburi in una vasta zona (tutta costiera) comprendente anche l’area di cui ora si discute ha persino dato l’avvio della procedura VIA per la realizzazione del pozzo esplorativo e solo dopo alcuni numerosi anni di correlativa attività ha poi archiviato quest’ultima procedura con una motivazione basata esclusivamente su vincoli paesaggistici da tempo esistenti …”. Chiaramente tutto ciò è emerso proprio per la spinta e la volontà del Comitato civico “No al progetto Eleonora” che ha “costretto” gli Enti interessati non solo ad aprire bene gli occhi ma, soprattutto, a rispettare le normative nazionali e regionali vigenti. In conclusione, la sentenza stigmatizza che ogni operazione tecnica-operativa non può definirsi scevra da conseguenze, e che in taluni casi sono irrimediabili.
Sarebbe interessante aprire un confronto per approfondire e proporre modi che “sostanziali” alle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale e alla redazione di studi di impatto ambientale, ove venga, non solo sancito, ribadito e rispettato il “Principio di Precauzione” (articolo 301 del Decreto legislativo n.152/06), ma che siano date le stesse identiche “regole“, criteri e opportunità dei proponenti i progetti a tutti i portatori di interesse, e che vi siano organi e Enti preposti ai controlli e a rilasciare le autorizzazioni che siano garanti di terzietà.
Contro questa sentenza la Saras è ricorsa il 7 gennaio 2016 al Consiglio di Stato. In data 3 marzo 2016 il Consiglio di Stato ha rinviato nel merito la decisione all’udienza fissata per il 9 giugno 2016. Se il Consiglio di Stato dovesse confermare la sentenza del TAR Sardegna, il progetto per la perforazione del pozzo “Eleonora 01 dir” sarebbe definitivamente archiviato. In caso di accoglimento del ricorso presentato dalla Saras la Regione Sardegna dovrebbe riavviare l’iter istruttorio.
Tratto dal numero 3 anno 1 / maggio 2016 / Pagina 64