Il 9 maggio in 32 Comuni della Provincia di Teramo – serviti dalla società Ruzzo Reti spa – l’acqua fornita è stata dichiarata non idonea al consumo umano. Nella notte l’emergenza è stata dichiarata rientrata, mentre migliaia di cittadini si sono allarmati per ore rivolgendosi in massa ai supermercati per rifornirsi. Ricordiamo che l’emergenza idrica teramana, come da noi approfondito nel numero di gennaio (pagina 52), è nata nell’agosto del 2016.
Una nuova emergenza idrica sta interessando la provincia di Teramo. Trentadue i Comuni coinvolti. Alle 18:30 del 9 maggio la locale Asl ha inviato una nota che informava la non conformità dell’acqua per “odore e sapore non accettabile”, rilevata dall’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (Arta) dopo un prelievo del giorno precedente. Secondo le scarne informazioni rese pubbliche, la comunicazione è avvenuta prima ancora di una vera e propri analisi chimica. Nella nota l’Asl ha informato di aver disposto “con effetto immediato la messa a scarico da parte dell’ente gestore Ruzzo Reti spa dell’acqua proveniente dallo sbarramento destro e sinistro rilevato che l’acqua del Lab-Infn è già a scarico” e la “limitazione d’uso dell’acqua in rete con divieto di utilizzo per uso idropotabile e uso unicamente per fini igienici.”
Mentre i suoi colleghi predisponevano le ordinanze di non potabilità il sindaco di Teramo, Maurizio Brucchi, ha disposto anche la chiusura delle scuole e della mensa universitaria. Intanto, nel centro città, è esplosa una vera e propria emergenza sociale. In pochi minuti sono andate esaurite le confezioni di acqua minerale vendute nei supermercati. Un assalto in piena regola. Scene che ricordano quanto è accaduto, dieci anni fa, dopo la scoperta della discarica di Bussi. Segnali opposti, nelle stesse ore, sono giunte dal capoluogo abruzzese. Secondo Aurelio Melaragni, direttore tecnico della Gran Sasso Acqua – che gestisce il servizio idrico all’Aquila e in altri 35 Comuni – le prime analisi effettuate dopo segnalazioni di cattivo odore hanno confermato la potabilità. I risultati di ulteriori analisi “confermeranno se è vera l’ipotesi che ci siamo fatti, ossia che ci siano state interferenze durante lavori stradali. Per ora, lo ribadisco è solo un’ipotesi.”
Alle 2 della notte tra il 9 e il 10 maggio durante il Tavolo sulla crisi aperto in Prefettura sono arrivati i risultati delle analisi effettuate dall’Arta che certificano “piena conformità alla normativa vigente” dell’acqua distribuita. Fine emergenza? Sembrerebbe così. Ma, a quanto pare, ancora una volta dubbi e interrogativi rimangono sospesi. In tutta questa vicenda s’inserisce anche la crisi politica al Comune di Teramo. Dopo la dichiarata fine dell’emergenza-lampo, il primo cittadino ha ritirato le proprie dimissioni (presentate nelle scorse settimane dopo dissidi nella maggioranza di centro-destra) affermando di sentire il bisogno di ritirarle “per difendere il bene più prezioso che abbiamo: la nostra acqua.” Non proprio considerazioni rassicuranti.
Dal canto suo, il presidente della Ruzzo Reti spa, Antonio Fortini, ha dichiarato che “stanotte sono stato ascoltato anche dalla magistratura che ha doverosamente aperto un’altra indagine sul caso”, lasciandosi andare anche ad una considerazione destinata a far riflettere oltre che animare il dibattito pubblico, sulle attività “confliggenti” di Ruzzo Reti, Strada dei Parchi e Laboratori del Gran Sasso: “forse qualcuno dei tre dovrebbe rinunciare ma non dico io chi. O forse si dovrebbero trovare risorse per mettere in sicurezza il tutto ed evitare episodi come quelli accaduti.” E si arriva pertanto al cuore della situazione di queste ore, tra notizie più o meno ufficiali e ricostruzioni difficili e non confermate.
Questa volta la sostanza proibita finita nel mirino dovrebbe essere il toluene, stoccato nei Laboratori, ma “le acque provenienti dal punto di captazione interno ai Laboratori sono messe a scarico dal giorno 1° maggio. È quindi da tale data che tutte le acque provenienti dai Lngs non vengono immesse nella rete idrica dell’acquedotto del Ruzzo”, dichiarano. Seguendo, quindi, quanto dichiarato dal presidente della Ruzzo, il maggior indiziato diventa Strada dei Parchi, la cui durissima replica nella serata del 10 maggio non si fa attendere, definendo ridicoli i sospetti sui lavori nel tunnel autostradale sotto il Gran Sasso. La società ribadisce di utilizzare materiali autorizzati dalla Asl, che in oltre dieci anni non hanno mai rilevato problemi e che “le quantità di solventi contenuti nelle vernici sono davvero infinitesimali.”
In più, aggiunge Strada dei Parchi, sotto il manto stradale ci sono 25 centimetri di catrame e dai 30 ai 70 centimetri di cemento armato, strati che renderebbero impossibile qualsiasi filtraggio nella falda. È in atto “un perverso gioco di scarico delle responsabilità e di errori di valutazione.” Parole forti che complessivamente descrivono un quadro tutt’altro che rassicurante.
Cosa è accaduto nei giorni scorsi? E cosa nei mesi precedenti? Quale lo stato dell’emergenza di quindici anni fa, mai archiviata? E lo stato dell’emergenza proclamata l’anno scorso? Il toluene, la sostanza incriminata secondo notizie ufficiose, può essere molto tossica. Queste le domande e le inquietudini dei cittadini, del tutto lecite, fino a quando non si avranno certezze.