«Non è il disastro ambientale di cui tanto si è parlato in questi anni, ma è un nuovo e inedito pericolo che sta portando – senza che scatti alcun clamore mediatico – al divieto delle attività agricole nella zona di Statte. Al divieto di pascolo ora si aggiunge un divieto di consumo di frutta e verdura […]. Quanti lo sanno?»
Con queste parole l’associazione Peacelink introduce le motivazioni che l’hanno spinta a scrivere una lettera aperta ai ministri della Salute, Giulia Grillo, e dell’Ambiente, Sergio Costa, e al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano.
«Parliamo dei livelli di contaminazione – sottolinea l’associazione – nei pressi delle discariche Ilva che si trovano fra Taranto e Statte.» Si tratterebbe di un inquinamento accertato solo di recente dal Comune di Statte e che ha portato il sindaco a vietare le attività agricole con un’ordinanza.
Peacelink spiega con chiarezza che nell’ordinanza del sindaco di Statte si è ritenuto necessario «adottare ogni misura utile ad evitare che il rischio associato alla contaminazione inaccettabile – accertata giusta determinazione dirigenziale della Regione Puglia n.124 del 26 maggio 2017 – aggravi il già sussistente pericolo per la salute pubblica.»
Nell’ordinanza si legge, inoltre, che è altamente probabile, se non proprio certo, che le sostanze i cui valori sono risultati al di sopra delle concentrazioni soglia contaminazioni consentite «trasmigreranno nel ciclo produttivo alimentare». Da qui derivano una serie di obblighi di informazione verso «i fruitori, gli avventori, gli addetti alle operazioni agricole» e anche di divieti di «produzione primaria di alimenti». La salubrità dei prodotti agricoli – precisa l’ordinanza – deve essere attestata da «accertamenti analitici».
Dopo aver ripercorso la storia del disastro ambientale in atto da anni sul territorio tarantino, Peacelink alza nuovamente la guardia chiedendo ai ministri un decreto che contenga cinque punti necessari per il ripristino della legalità e della giustizia, ovvero: 1) l’annullamento del decreto che garantisce l’immunità penale ai commissari; 2) l’annullamento del decreto che garantisce l’immunità penale ai nuovi acquirenti (Arcelor Mittal); 3) l’annullamento del decreto che stravolge e peggiora l’Aia prorogando fino al 2023 le prescrizioni non attuate (perfino i certificati antincendio dell’area a caldo); 4) il conseguente ripristino delle precedenti prescrizioni (più stringenti e pertanto non attuate); 5) l’applicazione dell’articolo 29 decies del Codice ambientale (sanzioni Aia) che prevede la «chiusura dell’impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l’ambiente.»
Richieste, in verità, non nuove ma ribadite allo scopo di tutelare la salute dei tarantini. L’appello arriva dopo la bufera mediatica scatenata dall’intervento del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, a Sky Tg 24. Il neo ministro ha affermato che «vedo una Taranto ambientalmente ben tenuta, a me interessa che il sistema ambiente funzioni comunque, può essere l’Ilva o un altro sito.»
Costa ha poi specificato che «tutto ciò che il nuovo acquirente dovrà fare è perfettamente individuato dal ministero dell’Ambiente nel campo della tutela dell’ambiente e del territorio e non potrà discostarsene. Noi vigileremo perché questo avvenga.»
Parole, queste ultime, che seguono il tracciato già solcato dalla vecchia politica sostenitrice dell’ambientalizzazione dell’Ilva. Una visione che nulla ha a che vedere con le promesse di cambiamento del nuovo governo.
Contro questa posizione si è schierata nei giorni scorsi Taranto Respira che ha anche colto l’occasione per criticare il Movimento 5 Stelle: «Non ci aspettavamo certo che il nuovo governo mettesse in atto le promesse del movimento cinque stelle fatte durante la campagna elettorale riguardo Ilva. Per anni gli esponenti tarantini del movimento di Di Maio avevano manifestato insieme agli ambientalisti la propria rabbia per il grave inquinamento ambientale provocato dalla grande acciaieria ed avevano fatto propri i vari programmi di riconversione economica della nostra città che Taranto Respira da sempre propone. Abbiamo lottato, spesso fianco a fianco, con i rappresentanti e i sostenitori del M5S, contro le politiche dei precedenti governi, in particolare di quello Renzi responsabile di una serie esagerata di interventi e decreti che, in barba a qualunque prassi giurisprudenziale e di buon senso istituzionale, avevano mantenuto in vita una azienda altrimenti fallita e operante al di fuori delle norme di legge. Non ci aspettavamo decisioni che virassero decisamente verso un’accelerazione della chiusura e della riconversione economica. A dispetto delle promesse elettorali dei candidati tarantini alle politiche, i primi dubbi ci erano già venuti ascoltando le dichiarazioni di Di Maio a Taranto di qualche mese fa che non ci parve proprio indicassero la strada che avrebbe portato alla chiusura di Ilva.»
A rincarare la dose ci ha pensato poi il Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti: «Il neo ministro dello Sviluppo economico e vicepremier, Luigi Di Maio, venerdì sarà a Brindisi e Barletta per chiudere la campagna elettorale delle prossime elezioni comunali. Quale occasione migliore per dimostrare con i fatti che questo governo vuole un futuro differente per Taranto, venendo in città e toccando con mano il problema Ilva?»
Il comitato nella stessa nota lancia, quindi, un invito al vice premier faccia visita allo stabilimento «e naturalmente, come operai di questo comitato, siamo pronti a fargli da guida.» Dal Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti aggiungono, inoltre, che «dai rappresentanti del governo del cambiamento, che ha posto nel contratto la volontà di riconvertire l’intera area di Taranto, pretendiamo un comportamento diverso: una ispezione minuziosa all’interno di Ilva, in cui mai nessun ministro è stato portato durante i tour telecomandati, è certamente opportuna oltre che indispensabile. Noi siamo disponibili e siamo pronti. Per venerdì o qualsiasi altro giorno ma, certamente, prima che Arcelor Mittal prenda possesso della gestione dello stabilimento e, quindi, prima del 1 luglio 2018.»
Un intervento che suona anche come una velata critica nei confronti di un movimento politico ampiamente sostenuto dai “liberi e pensanti” che proprio in occasione delle elezioni amministrative a Taranto ha schierato membri del proprio comitato con il simbolo pentastellato, due dei quali sono oggi consiglieri comunali.