Periodico indipendente su Ambiente, Sud e Mediterraneo / Fondato il 23 dicembre 2015
 

Nuovo decreto Via: la sanatoria è servita

Arriva in Gazzetta Ufficiale il nuovo decreto sulla Valutazione d’impatto ambientale. Una vera e propria sanatoria che premia i furbi. La nomina della Commissione Via avverrà senza procedure concorsuali obbligatorie. Inoltre, alcune tipologie di progetti energetici passeranno sotto la competenza nazionale, sovvertendo subdolamente il risultato del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016.

Il governo Gentiloni (in piena continuità con il precedente esecutivo Renzi, ndr) vara le nuove norme sulla Valutazione di impatto ambientale (Via) e sdogana le procedure “in sanatoria”, e postume, per opere già realizzate o già cantierizzate. Cave, industrie insalubri con emissioni in atmosfera, impianti per rifiuti e decine di altre tipologie di attività con impatto potenziale sull’ambiente e sulla salute: tutto potrà essere “sanato” a posteriori, con una piccola multa, se scoperti ad operare senza aver svolto la procedura di Valutazione d’impatto ambientale.
Un procedimento che – per unanime giurisprudenza (e logica) è intrinsecamente di carattere preventivo per evitare problemi all’ambiente e alla salute dei cittadini – potrà essere tranquillamente scavalcato mettendo tutti davanti al fatto compiuto.

Il terrificante comma 3 dell’articolo 18 obbliga gli enti competenti – quindi anche le Regioni per i progetti di loro competenza – a dare la possibilità alle aziende, scoperte a svolgere attività senza aver fatto la procedura di Via, di ripresentare l’istanza. Nel frattempo si potrà decidere di far andare avanti i cantieri come se nulla fosse. Addirittura questa possibilità vale per quei casi in cui il provvedimento di Via sia stato annullato dal Tar o dal Consiglio di Stato. Infatti, il decreto prevede che si possa “consentire la prosecuzione dei lavori o delle attività a condizione che tale prosecuzione avvenga in termini di sicurezza con riguardo agli eventuali rischi sanitari, ambientali o per il patrimonio culturale.”
Ma se a mancare è proprio il procedimento che stabilisce se ci sono o meno rischi potenziali, il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, ci può spiegare dov’è la logica?

Tra l’altro si prevede una multa da 35 mila a 100 mila euro. Importi ridicoli se si pensa ai profitti che si fanno ogni mese con cave e grandi impianti. Pertanto non vi sarà neanche la deterrenza e, anzi, senza alcuna proporzionalità e progressività, conviene a quel punto spingere al massimo le attività abusive visto che la multa comunque sarà al massimo sempre di 100 mila euro.
Insomma sarà il Far West perché gli enti si troveranno davanti al fatto compiuto, con i lavoratori che chiederanno di continuare l’attività in corso, seppur abusiva. Alla faccia di coniugare lavoro e salute. Si acuiranno gli scontri tra inquinati e lavoratori ricattati dall’azienda a lavorare in condizioni precarie. In poche parole un disastro. Il solito premio ai furbi sulla testa di cittadini e lavoratori.

Alcuni passaggi del nuovo decreto – grazie al tempestivo intervento dei comitati e delle Regioni – sono leggermente migliorati. Ad esempio, sull’airgun o sulla Verifica di assoggettabilità, con il ritorno del periodo dedicato alle osservazioni da parte del pubblico, ma – purtroppo – senza elaborati progettuali. Pertanto i cittadini faranno osservazioni su un generico Studio preliminare ambientale che di solito è composto da poche paginette che non danno la possibilità di capirci molto.

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