Nuovi colpi di scena sul caso dei poliziotti aggrediti da oltre cinquanta migranti nel gran ghetto di Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia. Dopo la denuncia del Sindacato autonomo di polizia (Sap), si alza decisa la voce della Questura di Foggia che, raggiunta dai microfoni di Foggia Today, stigmatizza il comportamento dei richiedenti asilo “ospiti” della baraccopoli che sorge a ridosso del Cara. I poliziotti, secondo la ricostruzione del questore Mario Della Cioppa, sarebbero stati picchiati con spintoni, calci e pugni durante l’arresto del gambiano Omar Jallow. Ma la versione dei testimoni oculari dell’accaduto è opposta. Terre di frontiera è in grado di mostrarvi un video esclusivo e nuove testimoniante inedite. Per una pagina di cronaca giudiziaria ancora tutta da scrivere.
Ormai non si parla d’altro da giorni. La notizia è rimbalzata su tutte le testate locali e nazionali. Nel terzo video esclusivo che Terre di frontiera è in grado di mostrarvi emergono nuovi particolari dell’arresto di Omar Jallow. Elementi utili per le indagini sul secondo filone d’inchiesta aperto dalla Procura di Foggia in riferimento alla legittimità delle modalità d’arresto. La prima inchiesta, invece, dovrà individuare gli autori dell’aggressione ai poliziotti.
IL TERZO VIDEO RICEVUTO DALLA NOSTRA REDAZIONE
LE VERSIONI DELLA QUESTURA
Per il Questore di Foggia Mario Della Cioppa, intervistato dalla testata Foggia Today, non c’è alcun dubbio sulla dinamica degli eventi. Il cittadino gambiano Omar Jallow non si sarebbe fermato al posto di blocco tentando di investire uno degli agenti della Polstrada che gli aveva intimato l’alt. Subito dopo, lanciatosi in una folle fuga all’interno del ghetto di Borgo Mezzanone, avrebbe tentato di speronare l’auto d’ordinanza. L’inseguimento sarebbe culminato all’interno della baraccopoli. Lì dove il ventiseienne, dopo aver schiantato l’auto contro un manufatto, avrebbe tentato la fuga a piedi. La scena descritta dal Questore Della Cioppa è chiara: i poliziotti bloccano Omar, il ragazzo riesce a liberarsi con calci e pugni e fugge a piedi. I due operatori riescono a bloccarlo ancora una volta «placcandolo mentre continuava a dimenarsi». In questa fase concitata, mentre gli agenti avevano ammanettato il giovane a un solo polso, i poliziotti sarebbero stati circondati da decine e decine di migranti. Negli attimi successivi, non supportati da documenti video, secondo la Questura Omar Jallow sarebbe caduto su cumuli di vetri e rifiuti trascinando con sé uno dei poliziotti. A questo punto i migranti intervenuti avrebbero tentato di liberare il ragazzo con spintoni, calci e pugni all’indirizzo dei due agenti. «Ma tutto ciò – sottolinea Della Cioppa a Foggia Today – non c’è nei video».
Dalla ricostruzione della Questura, insomma, scompaiono gli oggetti contundenti cui aveva fatto riferimento il Sindacato autonomo di polizia (Sap) nel primo comunicato diramato a tutti gli organi di stampa, ma resterebbe l’aggressione. Che si sarebbe conclusa, per i due operatori di Polizia, con una prognosi di 15 e 30 giorni e con un setto nasale rotto.
LA CONTROVERSIONE. PRIMA TESTIMONIANZA
Completamente diversa, invece, la dinamica degli eventi descritta dai tre ragazzi di cui abbiamo raccolto le testimonianze che vi faremo ascoltare integralmente. Perché è bene sottolineare che mentre gli atti di Polizia sono già stati trasmessi agli inquirenti per le valutazioni nel merito, nessuno ha ancora ascoltato i testimoni oculari della vicenda. Gli stessi migranti accusati di aver aggredito i due agenti con spintoni, calci e pugni.
«Io ero seduto qui fuori, davanti alla moschea. Omar è uscito e ci siamo salutati», dice Stefano (nome di fantasia, voce narrante del primo audio che stiamo per farvi ascoltare, ndr). Dopo neanche due o tre minuti io l’ho visto tornare. Appena lui ha visto la Polizia da lontano è tornato indietro perché la sua macchina era senza assicurazione e lui senza patente. Lui aveva paura di perdere la macchina e di avere problemi con la Polizia. La Polizia ha iniziato a seguirlo ad alta velocità con le sirene spiegate. Hanno cominciato a correre per la strada, sembrava un film. Tutti ci siamo spaventati e siamo usciti a guardare. Io ho chiamato i miei amici e ho chiesto informazioni. Poi sono andato sul posto e ho girato uno dei video. I ragazzi erano arrabbiati. Perché i poliziotti avevano messo a terra Omar come un animale. Non è bello. Però nessuno di noi li ha toccati o li ha picchiati. Nessuno. Non abbiamo detto neanche una parolaccia. Niente. Quando sono usciti, dopo aver arrestato Omar un poliziotto guidava la sua macchina.»
LA CONTROVERSIONE. SECONDA TESTIMONIANZA
Sulla stessa lunghezza d’onda la versione fornitaci da Gabriele (altro nome di fantasia, ndr) voce narrante della seconda testimonianza audio: «Io ero qua e stavo aggiustando una bicicletta. Ho visto passare due macchine. In una c’era l’africano (Omar, ndr) e la Polizia stava dietro. Sono andato a vedere cosa stava succedendo. Andavano troppo veloce, stavano per fare un incidente. Quando hanno preso Omar, il poliziotto ha messo una manetta alla sua mano e una manetta a Omar. Dopo il poliziotto ha tolto la manetta dalla sua mano e ha preso Omar sotto, a terra. Voleva mettere la sua mano vicino alla ruota della macchina. Da lì noi abbiamo cercato di prendere Omar dicendo: “Non fare così perché non è un animale”. Lui ha detto che per forza così doveva fare e per forza là lo doveva mettere. Quando lui ha preso Omar, nessuno ha detto niente. Nessuno gli ha detto che non lo doveva fare. Ma quando lui ha cercato di mettere la mano di Omar vicino alla ruota abbiamo detto che non siamo animali. Abbiamo circondato la macchina per dire che non lo dovevano trattare come un animale – prosegue – Omar faceva resistenza ma non ha colpito il poliziotto, stava già a terra. Quando la Polizia ci ha detto che per forza così doveva fare, li abbiamo lasciati fare. Perché abbiamo detto: lasciate che lo portino via, poi ci pensa il suo avvocato. Omar era già a terra da trenta o quaranta minuti quando sono arrivate le altre macchine della Polizia. Gli altri si sono messi a parlare con noi. Mio Dio, eravamo più di cento persone. Se noi avessimo colpito la Polizia, loro dovevano solo scappare. Eravamo tanti. Se li avevamo picchiati nemmeno Bruce Lee usciva fuori da qui.»
LA CONTROVERSIONE. TERZA TESTIMONIANZA
Secondo la ricostruzione dei migranti, dunque, durante la folle fuga sulla pista di Borgo Mezzanone, negli attimi di concitazione, l’auto di Omar avrebbe urtato una delle baracche site in prossimità di una delle strade sterrate del ghetto. Il ragazzo sarebbe sceso a piedi per poi essere bloccato dagli agenti nei pressi di una stamberga in costruzione. Qui gli operatori lo avrebbero buttato a terra, tra i cumuli di rifiuti in vetro, per poterlo ammanettare. Uno degli agenti sarebbe caduto insieme a lui. Solo successivamente la scena si sarebbe spostata nuovamente sull’asfalto della pista, lì dove era ferma l’auto d’ordinanza della Polstrada. Omar avrebbe tentato di divincolarsi e, per impedirne la fuga, sarebbe stato gettato nuovamente a terra da uno dei poliziotti. Lo stesso operatore che lo avrebbe poi assicurato, con una manetta, alla ruota della macchina.
«Io ho visto Omar a terra, vicino alla macchina – dichiara Matteo (nome di fantasia ndr) – Hanno messo il ginocchio sul collo di Omar per qualche minuto. I ragazzi dicevano che loro non dovevano maltrattare Omar così. Buttarlo a terra e fare tutte queste cose. Solo per questo lo volevano difendere. Ti posso garantire che nessuno ha messo le mani addosso alla Polizia. Tutti erano lì attorno alla macchina ma volevano solo che i poliziotti non lo maltrattassero così. Non è che lo difendevano per non farlo arrestare. Lo dovevano prendere, ma non così. Lo stavano difendendo in questo senso. Io ho visto quando si è fatto male Omar. Quando lo hanno buttato a terra, pure il poliziotto è caduto. Mentre lo stavano inseguendo e fermando. Perché lì c’era tanta immondizia ed era bagnato perché aveva piovuto. Ma nessuno li ha picchiati. Da quando hanno messo Omar vicino alla ruota della macchina, sono passati venti o trenta minuti. Poi sono arrivate le altre auto della Polizia. Nel frattempo, noi stavamo parlando con loro. Ma nessuno li ha toccati.»
SUI LUOGHI DELL’INSEGUIMENTO