Periodico indipendente su Ambiente, Sud e Mediterraneo / Fondato il 23 dicembre 2015
 

Orizzonti perduti

La Basilicata è quella regione in cui tutto finisce nel dimenticatoio, un pozzo nero senza fondo in cui vengono sversate indifferenza e responsabilità. Succede per le responsabilità istituzionali sul petrolio e sulle inchieste giudiziarie (vecchie e nuove), impantanate nelle eccezioni. È così che, con la successiva e quasi inevitabile prescrizione, l’illecito diventa lecito e quello che sembrava una prova, con il passare del tempo, svanisce. Scompare. Di disastro ambientale non si sente più parlare, inghiottito dai faldoni.
Esattamente due anni fa, nell’ambito dell’inchiesta petrolio in Basilicata – che noi abbiamo denominato Oilgate – il Tribunale del Riesame di Potenza ha dichiarato fondata l’accusa contro Eni di aver smaltito illecitamente i rifiuti derivanti dalle attività estrattive, generando un ingiusto profitto per milioni di euro. Ancora oggi, parte delle perizie presentate dall’accusa, volendo parafrasare sempre i giudici del Riesame, sono di chiarezza adamantina, così come risultano imbarazzanti alcune conversazioni di dipendenti e dirigenti Eni carpite dalle intercettazioni. Le carte ci sono, basta leggerle.
Nel frattempo (esattamente un anno fa) Eni ha trovato modi e tempi per ammettere lo sversamento di 400 tonnellate di petrolio all’interno del perimetro del Centro olio di Viggiano e nei terreni esterni all’impianto. Un episodio gravissimo, raccontato dai responsabili e dagli organi preposti al controllo quasi in uno stato confusionale, ma che ha fatto emergere tutte le criticità nella gestione dell’affare petrolio in Basilicata degli ultimi venti anni, oltre che la più assoluta inadeguatezza dei governi regionali che si sono susseguiti, per nulla tempestivi ed incisivi nel far fronte alle emergenze.
Il Centro olio della Val d’Agri ha inquinato e, oggi, dopo diversi tira e molla, fermi dell’impianto e ripresa delle attività in nome dell’interesse nazionale, della produzione e delle royalties continua ad essere in funzione e a sostenere il raddoppio della produzione di barili. Tutto ben schermato dietro il Miglio artistico di Raymundo Sesma, che segna una sorta di confine, tra dentro e fuori l’impianto classificato dalla Seveso, suscettibile di causare incidente rilevante. Anziché guardare dall’esterno l’artistico miglio, si dovrebbe invece cercare di sciogliere il groviglio: bonifica dei terreni, piano di emergenza esterna, piano di caratterizzazione. Chi, in tal senso, dovrebbe controllare e dare risposte, è latitante.
È in questo scenario ultimo che l’Eni ha deciso di raccontare il suo punto di vista dalla terraferma lucana, con il mensile “Orizzonti, Idee dalla Val d’Agri”. Legittimo farlo, offrendo una visione parziale dei fatti, per un’azienda che fonda la propria comunicazione sulle immagini patinate. Ma la nuova rivista, che farà ricomparire – e ritrovare – gli orizzonti perduti della Basilicata è chiaramente un’operazione di difesa e contrattacco. Un modulo spesso usato per nascondere i punti deboli, sfruttando ripartenze e contropiedi.
La più classica e scontata operazione di colonizzazione (come tante altre messe in campo in questi anni), di fronte alla quale, leggendo i nomi di chi animerà il progetto, bisognerebbe interrogarsi su chi ha gestito e gestisce l’informazione e la cultura in Basilicata, per nulla imparziale.

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Autore:

Giornalista, direttore del periodico Terre di frontiera. Reporter per la Terra 2016 e Premio internazionale all'impegno sociale 2015 Livatino-Saetta-Costa. <a href="https://www.pietrodommarco.it">About me</a>