Il 24 ottobre 2016 il governo francese procedette con lo sgombero della giungla di Calais, il più grande campo informale d’Europa in cui vivevano circa 10 mila migranti e profughi. Centinaia di agenti vennero impiegati nell’operazione, con tanto di bulldozer che rasero al suolo gli accampamenti abusivi. Ciò per allontanare e distribuire 5.466 persone (ma si stima che in realtà fossero oltre 7 mila di cui 1.952 minori) nei 301 centri di accoglienza in Francia.
Recentemente la situazione sta tornando ad essere allarmante con la nascita di vari insediamenti abusivi in cui regnano desolazione, immondizia, topi e frustrazione. Le organizzazioni umanitarie stimano che al momento ci siano 700 tra migranti e richiedenti asilo che vi stazionano, dormendo in pieno inverno in tende e baracche di fortuna, in condizioni sanitarie precarie.
Chi si accampa a Calais e Grande Synthe mira a ottenere un passaggio a bordo di camion in partenza per la Gran Bretagna: si registrano casi di morti tra coloro che si nascondono sotto i mezzi pesanti o salgono sul tetto per poi finire a terra o soffocati. Lo scorso mese tra le vittime c’è stato un ragazzo di appena 15 anni. Per contrastare l’assembramento di migranti a Calais, Parigi e Londra si è messo a punto un sistema di sorveglianza più stringente, affidato alla polizia francese, mentre il Regno Unito ha finanziato un muro lungo un chilometro e alto 4 metri, che si aggiunge alle recinzioni di filo spinato e alle griglie che corrono lungo la strada di accesso al porto. Un progetto costato 2,7 milioni di euro alle casse del governo britannico.
Juma, 32 anni, ha l’impeto allegro del cantastorie. È capace di rendere la sua odissea frivola come una barzelletta, sebbene sia in realtà un’escalation di violenze: scappato dai Monti Nuba (Sudan) a causa della guerra civile, sopravvissuto alle torture dei libici, scavalcato a piedi il confine tra Ventimiglia e Mentone, approdato alla “Jungle” di Calais per poi esserne sbattuto fuori dai poliziotti in antisommossa. Da quattro mesi Juma è ospitato da R. e C., due dei circa 200 volontari che animano la piattaforma virtuale “Hébergement Plateforme Citoyenne”, nata circa due anni fa a Bruxelles per aiutare i migranti e profughi in attesa di raggiungere l’Inghilterra.
«Che cosa vorresti fare una volta raggiunto il Regno Unito?», domando.
«Vorrei diventare un mediatore culturale o operatore umanitario per aiutare i migranti come me. So cosa significa soffrire, che cos’è il dolore. Ho testato sulla mia pelle la follia della Libia e i confini instabili dell’Europa. Sono molto grato al popolo belga per l’aiuto, non ho mai percepito una tale umanità, né in Francia né tanto meno in Italia. Vorrei fare la mia parte per sdebitarmi.»
La stazione “Gare du Nord” esplode di corpi raggomitolati nei sacchi a pelo. Mezzo mondo in attesa dei Passeur: Ghanesi, Senegalesi, Maliani, Afghani, Somali, Curdi, Egiziani, Eritrei. Persone di età compresa tra i 18 e i 34 anni.
- Foto: Mohamed, 36 anni, Kurdistan (Dunkerk, febbraio 2019) // Matthias Canapini
- Foto: Uno dei tanti oggetti che testimoniano il passaggio a Grande Synthe (Dunkerk, febbraio 2019) // Matthias Canapini
- Foto: Care4Calais durante la visita pomeridiana in uno degli accampamenti informali (Calais, febbraio 2019) // Matthias Canapini
- Foto: Saeid Nasri, iraniano di 34 anni, ricoverato presso una comunità psichiatrica a seguito di una forte depressione e tentato suicidio per le condizioni precarie in cui viveva (Calais, febbraio 2019) // Matthias Canapini
- Foto: Recinzioni e barriere intorno al porto di Calais, da cui partono giornalmente i traghetti per Dover (Calais, febbraio 2019) // Matthias Canapini
- Foto: Personale medico dell’associazione Care4Calais durante la visita pomeridiana in uno degli accampamenti informali (Calais-febbraio 2019) // Matthias Canapini
- Foto: Paul, volontario dell’associazione Care4Calais (Calais, febbraio 2019) // Matthias Canapini
- Foto: Camille, volontaria dell’associazione Care4Calais (Calais, febbraio 2019) // Matthias Canapini
PASSAGGI. LUNGO I CONFINI D’EUROPA
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