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Basilicata, il Tar sblocca permesso di ricerca Total

Il Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata, con provvedimento numero 85 del 29 gennaio 2018, ha accolto il ricorso della Total contro la deliberazione della Regione Basilicata di bocciare il permesso di ricerca Tempa La Petrosa, nell’area jonica calabro-lucana. I giudici: “All’epoca dell’emanazione della deliberazione giuntale impugnata, la Regione Basilicata non era più investita del relativo potere.”

Il Tar Basilicata, il 29 gennaio 2018, ha risolto la disputa in atto tra la multinazionale Total e la Regione Basilicata sulle autorizzazioni ambientali relative al permesso di ricerca Tempa La Petrosa: 412,1 chilometri quadrati – tra Basilicata e Calabria – da assegnare ai francesi. Lo ha fatto avallando alcune norme contenute nel decreto-legge Sblocca Italia che introducono il titolo concessorio unico e conferiscono ai ministeri competenti i poteri di attribuzione e valutazione, scavalcando l’ente regionale.
Infatti, il Tar Basilicata sottolinea che “all’epoca dell’emanazione della deliberazione giuntale impugnata, la Regione Basilicata non era più investita del relativo potere.

COME SI ARRIVA AL RICORSO AL TAR DELLA TOTAL
Nel marzo del 2007 la Total presenta al ministero dello Sviluppo economico istanza di rilascio del permesso di ricerca Tempa La Petrosa. Dopo un anno e mezzo – siamo nel mese di settembre 2008 – dal ministero interpellano la Regione Basilicata chiedendo all’ente di attivare la procedura di verifica di esclusione di assoggettabilità a Valutazione d’impatto ambientale (Via). Passano tre anni abbondanti e la Total sottopone a Via il permesso di ricerca. Dalla Regione tutto tace, fino al mese di agosto 2012 quando gli uffici regionali – sollecitati dal ministero dello Sviluppo economico – attivano la procedura di Via, e cala nuovamente il silenzio su un permesso di ricerca che comprende parte del territorio del Parco nazionale del Pollino e si delinea in prossimità della Riserva naturale dei Calanchi di Montalbano Jonico, della Riserva naturale Bosco Pantano di Policoro, del Sito d’interesse comunitario Foce dei Fiume Sinni e del Centro nucleare Trisaia di Rotondella.
Passano due anni e a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge n.133 del 12 settembre 2014 – convertito nella legge n.164 dell’11 novembre 2014, meglio conosciuta come Sblocca Italia – la Total, in applicazione dell’articolo 38 chiede “espressamente la conversione del procedimento in corso per il rilascio di permesso in quello per rilascio del titolo concessorio unico, con ciò optando inequivocabilmente per il passaggio alla nuova disciplina, ivi inclusa la competenza statale sulla Via.
Cosa fa la Regione Basilicata? Niente. In tutta risposta, nel mese di aprile del 2015, comunica di aver adottato la delibera n.364 del 27 marzo 2015 con la quale ha espresso giudizio negativo di compatibilità ambientale. Che nel mese di giugno la Total decide di impugnare dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Basilicata.

LE MOTIVAZIONI DEL TAR
Secondo il Tar della Basilicata “coglie nel segno la dedotta censura di incompetenza della Regione intimata all’emanazione del provvedimento impugnato. Invero, l’articolo 38 del ripetuto decreto legislativo 134 del 2014, al n.5, dispone che le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi sono svolte, tra l’altro, a seguito del rilascio di un titolo concessorio unico […]”. Inoltre, il Tar sottolinea che la richiesta di Total di avvalersi del titolo concessorio unico è arrivata entro i termini previsti dalla legge – ovvero “entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, anche ai titoli rilasciati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, e ai procedimenti in corso.” – e prima dell’emanazione della delibera impugnata. La richiesta di Total – datata 5 febbraio 2015 – lascia indifferente la Regione. Infatti, il Tar evidenzia che “l’ente intimato, per tale versante, non ha inteso replicare in diritto alla tesi di parte ricorrente, essendosi limitata a evidenziare la mancata comunicazione all’Ufficio compatibilità ambientale di tale opzione, riconoscendo anzi che tale ufficio: non essendone a conoscenza, ha proseguito nell’iter istruttorio di Via, che altrimenti sarebbe stato archiviato in ragione della nuova istanza.
Pertanto, sul permesso di ricerca Tempa La Petrosa deciderà il ministero dello Sviluppo economico. Invece, relativamente alla Valutazione di impatto ambientale a decidere sarà il ministero dell’Ambiente.
Ricordiamo che anche la Shell, nel 2016, ritirò in Regione Basilicata i progetti relativi ai permessi di ricerca Monte Cavallo, Pignola e La Cerasa, chiedendo la Valutazione d’impatto nazionale.

I COMUNI CONTRARI AL PERMESSO DI RICERCA
Fin da subito i Comuni interessati dal permesso di ricerca si sono dichiarati contrari al permesso di ricerca. I Comuni di Colobraro, Montalbano Jonico, Nova Siri, Rotondella, San Giorgio Lucano, Santarcangelo, Senise, Tursi e Valsinni, nel 2012, inoltrarono una nota alla Regione Basilicata con il proprio parere contrario, sottolineando che le paventate attività petrolifere avrebbero potuto modificare sensibilmente “gli equilibri del territorio a forte vocazione agricola e turistica”, nonché “comportare aggravio al fenomeno della subsidenza interessante la zona dove attualmente è ubicato il Centro Enea.
Dal fronte calabrese, invece, la Total ha incassato prima, ed impugnato poi – dinanzi al Tar della Calabria – anche la deliberazione sfavorevole della Regione Calabria, data 2 aprile 2015.
La parte del permesso di ricerca Tempa La Petrosa ricadente in territorio calabrese incide, come quello lucano, con una parte del Parco nazionale del Pollino, con la Zona di protezione speciale Alto Ionio Cosentino e i Siti di interesse comunitario Pinete di Montegiordano e Montegiordano Marina.
Su questo, in sostanza, hanno puntato i Comuni di Canna, Montegiordano, Nocara, Oriolo e Rocca Imperiale che il 25 luglio 2012 furono convocati a Catanzaro presso la Regione Calabria, per ridiscutere sulle autorizzazioni al permesso di ricerca. A tal proposito, l’Organizzazione lucana ambientalista (Ola), denunciò il tentativo da parte di Total di rompere e destabilizzare il fronte del no.

LO SBLOCCA ITALIA DI RENZI E LA CORSA AL DINIEGO DELLA REGIONE BASILICATA
La deliberazione n.364 del 27 marzo 2015, impugnata dalla Total, non contiene solo il giudizio sfavorevole per il permesso di ricerca Tempa La Petrosa. Infatti, a seguito del Sì alla legge Sblocca Italia, la Regione Basilicata, forse per correre ai ripari, deliberò altri quattro giudizi di compatibilità ambientale Via sfavorevoli per l’istanza di permesso di ricerca denominato Oliveto Lucano della Total ricadente in aree comprese nel cuore delle Dolomiti lucane; per il permesso di ricerca Torrente Alvo della Appennine; per la concessione di coltivazione Policoro della Gas plus e per la riattribuzione del giacimento marginale Canaldente della Canoel Italia, ricadente nel comune di Pisticci.
Oggi, mentre la giustizia amministrativa sottolinea ancora una volta il depotenziamento delle Regioni in materia energetica, riecheggiano le parole dell’allora assessore all’Ambiente della Regione Basilicata, Aldo Berlinguer: “La Regione ha una linea ben precisa: no a nuove estrazioni.
In verità, alla decisione della Regione Basilicata di non impugnare la legge Sblocca Italia, ha fatto seguito la proposta di Berlinguer di istituire le zone franche petrolifere, ovvero più estrazioni petrolifere più agevolazioni fiscali per i Comuni.

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Autore:

Giornalista, direttore del periodico Terre di frontiera. Reporter per la Terra 2016 e Premio internazionale all'impegno sociale 2015 Livatino-Saetta-Costa. <a href="https://www.pietrodommarco.it">About me</a>