La Concessione di coltivazione idrocarburi “Val d’Agri”, necessaria per continuare ad estrarre petrolio in Basilicata scade il 26 ottobre 2019 ma Eni e Shell già da due anni hanno fatto richiesta di rinnovo. L’area ha un’estensione di 660,15 chilometri quadrati, include 19 Comuni e si ritrova al centro di una nuova contrattazione tra il Governo centrale e quello regionale.
Eni (e Shell) estrae attualmente più di 80 mila barili al giorno sui 104 mila autorizzati nel 1998. Uno studio della compagnia petrolifera descrive il giacimento come il più grande d’Europa in terraferma, con 24 pozzi attivi su 39, tutti potenzialmente produttivi. Nell’area, interessata tra l’altro dal perimetro del Parco nazionale Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese – commissariato dal ministro dell’Ambiente, Sergio Costa – insistono cento chilometri di condotte interrate e un centro olio, ubicato a Viggiano.
Secondo le aziende coinvolte nel progetto le estrazioni continueranno ancora per mezzo secolo. Ma sul rinnovo della concessione sono in atto trattative segrete tra le compagnie e il governo centrale e regionale. Recentemente, infatti, dalle pagine del Corriere della Sera si è appreso che il vicepresidente del Consiglio dei ministri, Matteo Salvini, ha incontrato l’amministratore delegato di Eni, Claudio De Scalzi.
«Ho appena incontrato l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, in Basilicata si possono investire 4 miliardi.»
Al centro dell’incontro ci sarebbe un nuovo Memorandum del petrolio in Basilicata, che vede la Lega (Nord) giocare un ruolo centrale, dal momento che, per la prima volta, la Regione è governata dal centrodestra e con esponenti del partito a ricoprire importanti incarichi istituzionali dopo le recenti elezioni regionali ed amministrative.
Infatti, alla presidenza del Consiglio regionale c’è Carmine Cicala, fratello del rieletto primo cittadino di Viggiano, Amedeo Cicala. Così come Mario Guarente, neo sindaco del capoluogo di Regione, Potenza, che ha vinto il ballottaggio per soli duecento voti in più rispetto a Valerion Tramutoli, candidato in una lista civica di sinistra.
«Io veramente credo – ha riferito Salvini al Corriere – che il rispetto dell’ambiente sia fondamentale, ma penso che anche la crescita lo sia. Il grande tema dell’autonomia è che alcuni uffici romani dicono qui no, qui no, qui no…»
Da queste dichiarazioni emergerebbe un chiaro riferimento all’alleato di governo, il Movimento Cinquestelle, chiamato a rilasciare le autorizzazioni ambientali per il rinnovo della concessione e alla variazione del programma dei lavori Val d’Agri, diventato pomo della discordia con l’ex Giunta regionale della Basilicata a guida Partito Democratico, uscito sconfitto dalle recenti elezioni e che aveva espresso parere negativo.
IL VETO ALLA VARIAZIONE DEL PROGRAMMA DEI LAVORI DELL’EX GIUNTA REGIONALE
Il 5 dicembre 2018, con deliberazione n.1290, l’ex Giunta regionale della Basilicata esprimeva parere negativo sull’istanza Eni, datata 13 ottobre 2017, con oggetto la variazione del programma dei lavori di ricerca e sviluppo della concessione di coltivazione idrocarburi Val d’Agri, ai sensi dell’articolo 7, commi 1 e 2 del decreto ministeriale 7 dicembre 2016 e dell’articolo 34, comma 4 del decreto direttoriale 15 luglio 2015.
L’ex Giunta regionale, non si sa quanto in maniera strumentale, sollevava «dubbi e perplessità» per l’assenza di elementi di valutazione chiari in relazione alla reiniezione delle acque di strato. Su questo argomento è in corso a Potenza il processo sul presunto inquinamento provocato dal Centro olio di Viggiano e lo smaltimento di reflui del petrolio in Val d’Agri e in Val Basento.
La Regione Basilicata contestava ad Eni la trasformazione del pozzo “Monte Alpi Est 1” in pozzo reiniettore in considerazione che tale attività, già svolta attraverso il pozzo “Costa Molina 2”, ha creato numerose problematiche di carattere sociale ed ambientale, in assenza di monitoraggi adeguati, con la richiesta (inevasa) da parte della Regione ad Eni di sostituzione di taluni additivi (nella delibera di giunta regionale non vengono indicate le tipologie) con prodotti meno impattanti dal punto di vista ambientale (delibera di Giunta regionale n.1290/2018).
Il diniego regionale faceva espresso riferimento alla prevista attività del centro mobile Syndial in località Vigne di Viggiano. Centro mobile, questo, per il quale gli Uffici della Regione Basilicata hanno invece di recente convocato la Conferenza dei servizi decisoria per il prossimo 9 luglio presso il dipartimento Ambiente della Regione Basilicata. Tutto questo accade prima del rinnovo della concessione Val d’Agri e prima dell’approvazione della variazione del programma dei lavori Eni, con la patata bollente depositata presso i ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, retti rispettivamente dai ministri Luigi Di Maio e Sergio Costa.
PER NOSCORIE TRISAIA E MEDITERRANEO NO TRIV È IN PERICOLO L’ACQUA PUBBLICA E LA SUA QUALITÀ
«In attesa che Regione e Governo coinvolgano sulla questione le comunità, così come prevede la Convenzione di Arhus, invitiamo le amministrazioni comunali e delle tre regioni interessate che utilizzano le acque lucane e quelle della Val d’Agri a formulare le proprie osservazioni sul rinnovo della concessione Val d’Agri al ministero dello Sviluppo economico, gestito dal pentastellato Luigi Di Maio cui spetta l’ultima parola, insieme al ministro Sergio Costa, sulle questioni ambientali». Secondo le due associazioni ambientaliste, «non aver reso partecipi, a suo tempo, le comunità limitrofe collegate dagli ecosistemi e dagli impianti alla scelta di trivellare la Val d’Agri è stato un grosso errore. Non farlo in questa fase con tutti gli attori interessati sarebbe come perseverare nello stesso errore.»
Insomma, il tema del rinnovo della concessione petrolifera dell’Eni – secondo No Scorie Trisaia e Mediterraneo No Triv – non deve essere solo una questione della Val d’Agri, ma deve coinvolgere tutti i sindaci lucani e deve riguardare anche le regioni vicine, vale a dire Puglia, Calabria e Campania.
«Voler puntare ancora una volta sulle royalty per lo sviluppo di una regione e di una valle – concludono gli ambientalisti – si rivela una pessima scelta, contrariamente a quanto avvenuto in altre parti della Basilicata dove lo sviluppo economico autopropulsivo del territorio ha creato ricchezza e sviluppo.»
In pericolo sono ancora una volta le acque lucane che rischiano di essere inquinate e privatizzate, così come la recente vicenda della privatizzazione dell’Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia (Eipli) inserita del decreto Crescita, approvato alla Camera dei deputati con il voto di fiducia apposto dal Governo.