In Basilicata e anche in Italia non abbiamo bisogno di nuove Commissioni parlamentari di inchiesta sul petrolio. Sulla questione petrolio abbiamo bisogno di un governo che faccia decreti sui pozzi che inquinano, sul trattamento dei reflui petroliferi, sulla tutela delle acque, sull’airgun in mare, sui limiti delle emissioni e su una nuova legislazione a favore della tutela della salute pubblica, degli ecosistemi e delle economie locali.
Di inchieste (oltre quelle giudiziarie) reportage, articoli, convegni, manifestazioni e di problemi connessi allo sfruttamento fossile della Basilicata è pieno il web. Il nostro contributo da dieci anni a questa parte, in cui ci occupiamo di petrolio, non è mancato.
L’inchiesta sul petrolio in Basilicata l’ha già fatta nel 2011, per il Movimento 5 Stelle, Gianroberto Casaleggio sul blog, quando intervistò i comitati locali proprio sul petrolio in Basilicata. Guardando poi la questione da un punto di vista politico, i lucani hanno detto di uscire definitivamente dal petrolio con il plebiscito sul referendum sulle trivelle del 2016 (non solo per quelle in mare), quindi perché non rispettare la volontà popolare?
Luigi Di Maio, ministro dello Sviluppo economico, è da troppo tempo che resta in silenzio sulla questione. Già dalla campagna delle ultime politiche si tenne alla larga dal problema lucano e addirittura avallò sui media con sue parole l’uscita dal fossile nel 2050.
Nel 2050 non sappiamo nemmeno che fine farà l’acqua lucana che disseta quattro regioni del Meridione e che fine farà il mar Jonio, che è li con il suo carico di tesori dai tempi della Magna Grecia. Mentre per l’impatto sanitario la prima Valutazione d’impatto sanitario (Vis) in Val d’Agri ha dato i primi risultati. Alcuni procedimenti di nuovi pozzi sono già in itinere nei rispettivi ministeri a guida M5S.