Sulla Gazzetta ufficiale n.252 del 27 ottobre 2016 è stato pubblicato il decreto del presidente della Repubblica n.194 del 12 settembre 2016, recante “norme per la semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti amministrativi, a norma dell’articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n.124”. Meglio conosciuta come “legge Madia” sulla Pubblica Amministrazione, che interviene su diversi aspetti di interesse per gli Enti locali. Una legge molto contestata. E proprio in questo decreto attuativo – a regolamento dell’articolo 4 – potrebbe nascondersi l’ennesimo colpo di mano dell’Esecutivo in materia di competenze incrociate tra Stato e Regioni. L’intento è chiarissimo fin dalle prime battute: si prefigura – in caso di vittoria del ‘No’ al referendum costituzionale del 4 dicembre – un salvacondotto anticipato per tutti quei “procedimenti amministrativi relativi a infrastrutture e insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese”, in programmazione. Procedimenti amministrativi considerati, pertanto, strategici e di interesse nazionale. Ancora una volta spunta l’interesse nazionale. Come già evidenziato dal decreto-legge “Sblocca Italia”. E tra questi procedimenti sono contemplati anche quelli che “hanno ad oggetto autorizzazioni, licenze, concessioni non costitutive, permessi o nulla osta comunque denominati, ivi compresi quelli di competenza delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, necessari per la localizzazione, la progettazione e la realizzazione delle opere, lo stabilimento degli impianti produttivi e l’avvio delle attività.”
In sostanza, al fine di ridurre i “termini dei procedimenti” (articolo 3) scatterebbe il “potere sostitutivo” (articolo 4) del presidente del Consiglio dei ministri che così “può adottare i relativi atti”. Se, invece, per alcune opere non sussiste un preminente interesse nazionale alla loro realizzazione, il presidente del Consiglio può delegare all’esercizio del potere sostitutivo “il presidente della regione o il sindaco”. Non solo. Mancano all’appello i criteri per caratterizzare come “indispensabile” un progetto, individuabile dagli enti territoriali – entro il 31 gennaio di ogni anno – purché “corredato da specifica analisi di valutazione dell’impatto economico e sociale”. In questo caso, risolviamo il conflitto tra Stato e Regioni e inneschiamo il conflitto tra Regioni e comunità locali, troppo spesso su posizioni diametralmente opposte.
Le disposizioni introdotte dal decreto del presidente della Repubblica n.194 del 12 settembre 2016 valgono anche per Regioni a statuto speciale, che dovranno adeguare i propri ordinamenti, “ferme restando le competenze previste dai rispettivi statuti speciali e relative norme di attuazione”.
Ancora una volta la strada che sta perseguendo il governo Renzi è quella dell’accentramento dei poteri decisionali in materia di infrastrutture considerate strategiche per il Paese. Immaginiamo un elenco ricco di discariche e inceneritori di rifiuti, permessi per la ricerca di gas e greggio, stoccaggi di gas, centrali a carbone, autostrade e così via.
Il n.194 del 12 settembre 2016, in quanto decreto del presidente della Repubblica, ha immediata valenza di legge ed entrerà in vigore l’11 novembre. Magari, per correttezza, sarebbe stato meglio attendere l’esito referendario. Ma, evidentemente, la pressione delle lobbies è stringente, pressante, impellente. Sinonimo più, sinonimo meno.
E se per la loro “sopravvivenza” si corre il rischio di compromettere la tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio culturale e la tutela della salute non c’è problema.