Si è concluso lo scorso 15 luglio il processo di primo grado per la gestione della discarica Resit a Giugliano, in Campania.
Una vicenda cruciale nella storia della “Terra dei Fuochi”, incentrata sulla figura dell’avvocato Cipriano Chianese, responsabile della gestione della discarica, considerato da alcuni addirittura il primo imprenditore delle ecomafie. Chianese è stato condannato a 20 anni (10 in meno di quanto richiesto dall’accusa). Per Giulio Facchi, subcommissario per l’emergenza rifiuti nel periodo 2000-2004, 5 anni e mezzo. In totale le condanne sono state 15, 19 invece le assoluzioni (per alcuni capi d’imputazione anche per i condannati).
La vicenda è nata nel 1996 quando Roberto Mancini – il poliziotto morto il 30 aprile 2014 a dodici anni dalla diagnosi di linfoma non-Hodgkin contratto per il ripetuto contatto ravvicinato con i rifiuti tossici e radioattivi, e la cui biografia è stata raccontata nel libro “Io morto per dovere” di Nello Trocchia, Luca Ferrari e la vedova Monica Dobrowolska – consegnò alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli una dettagliatissima informativa sullo smaltimento di rifiuti nella “Terra dei Fuochi”, nonché sul coinvolgimento del clan camorristico dei Casalesi. Un’informativa a cui, dopo diversi anni, diede attenzione solo il giudice Alessandro Milita, pubblico ministero nel processo conclusosi il 15 luglio.
Nei prossimi numeri di Terre di frontiera pubblicheremo un approfondimento dettagliato sul processo.