Sul processo per il disastro ambientale a Gela, il giudice dell’udienza preliminare, Paolo Fiore, ha disposto il rinvio a giudizio per manager e tecnici di tutte le aziende del gruppo Eni. L’accusa è di disastro ambientale innominato. La prima udienza del processo è fissata il 18 ottobre. Gli avvocati della multinazionale petrolifera escludono qualsiasi nesso tra le attività industriali e i danni all’ambiente e alla salute.
Manager e tecnici Eni dovranno rispondere, davanti al giudice del tribunale di Gela, di disastro ambientale innominato, che era l’originaria contestazione mossa dai pubblici ministeri della Procura, a conclusione di quella che viene ritenuta l’indagine madre sui danni ambientali causati dalla presenza industriale nell’area gelese.
A processo – fissato per il prossimo 18 ottobre – vanno Giuseppe Ricci, Battista Grosso, Bernardo Casa, Pietro Caciuffo, Pietro Guarneri, Paolo Giraudi, Lorenzo Fiorillo, Antonino Galletta, Renato Maroli, Massimo Barbieri, Luca Pardo, Alfredo Barbaro, Settimio Guarrata, Michele Viglianisi, Rosario Orlando, Salvatore Losardo, Arturo Anania, Massimo Pessina, Enzo La Ferrera, Marcello Tarantino, Gaetano Golisano ed Emanuele Caiola.
Il gup, che allo stesso tempo ha disposto il non doversi procedere solo per alcuni capi di imputazione già prescritti, ha accolto le richieste che erano state avanzate dal pm Federica Scuderi. Le difese di tutti gli imputati, invece, hanno respinto la ricostruzione di accusa, escludendo che vi possa essere un nesso tra le attività industriali del gruppo Eni e i danni all’ambiente e alla salute, invece indicati dai pm. Per i difensori, non ci sarebbero dati certi su una possibile contaminazione ambientale, generata dall’industria. Il ciclo produttivo di Eni, a livello locale, avrebbe influito pesantemente sulla salute dei cittadini, con tanto di patologie che superano, in alcuni casi, le medie nazionali.
Questa la posizione dell’accusa, che ha fatto leva su diverse perizie tecniche. L’indagine venne chiusa dopo anni di verifiche, mettendo insieme le risultanze dei controlli e dei monitoraggi, affidati soprattutto ai militari della Capitaneria di porto, ma anche a tecnici e consulenti scelti dai pm della Procura. Il rinvio a giudizio disposto dal giudice Fiore va a riscontrare quanto sostenuto anche dalle parti civili, presenti nel procedimento. Erano già state ammesse le costituzioni del Comune (con l’avvocato Dionisio Nastasi) e della Regione e del ministero dell’Ambiente (con l’avvocato Giuseppe Laspina). Parti civili sono le associazioni ambientaliste Aria Nuova e Amici della Terra (con i legali Joseph Donegani, Antonino Ficarra e Salvo Macrì), l’Osservatorio nazionale amianto (con gli avvocati Davide Ancona e Lucio Greco), diversi proprietari terrieri che avrebbero risentito negativamente proprio delle emissioni della fabbrica di contrada Piana del Signore e delle attività realizzate fuori dal sito della multinazionale. Costituita è anche la moglie di un ex lavoratore della raffineria, deceduto negli scorsi anni. La donna ha avanzato la richiesta per il tramite dei legali Joseph Donegani ed Emanuele Maganuco. In giudizio ci sono, inoltre, altri lavoratori e operatori agricoli locali, rappresentati dai legali Giuseppe Panebianco, Nicoletta Cauchi, Claudio Cricchio, Tommaso Vespo, Enrico Aliotta, Giovanna Cassarà e Laura Cannizzaro.
“Il rinvio a giudizio – dice l’avvocato Dionisio Nastasi che rappresenta il Comune – mette già un primo tassello. Non è possibile sostenere, anche in aula, che questo sia un territorio salubre, non intaccato da evidenti fenomeni di inquinamento. Non siamo noi a dirlo, ma sono i dati degli esperti che parlano chiaro. Noi porteremo avanti la nostra linea anche in dibattimento, davanti al giudice, adottando tutte le misure necessarie alla prosecuzione del processo.”
Adesso, però, il caso verrà valutato dal giudice, nel corso del dibattimento di primo grado, e già si preannuncia una lunghissima istruttoria, fatta principalmente di perizie tecniche e testimoni che si succederanno in aula. Un rinvio a giudizio che arriva mentre le strade di accesso alla raffineria Eni di contrada Piana del Signore, nelle ultime due settimane, sono state presidiate dai lavoratori dell’azienda edile Turco Costruzioni, che hanno ricevuto trentasei provvedimenti di licenziamento. La riconversione a green della fabbrica locale, decisa dai manager del Cane a sei zampe, continua a mietere tagli occupazionali.