In Abruzzo nuove polemiche sugli impianti per la gestione dei rifiuti, mentre manca un mese al termine imposto dalla Commissione europea per l’adeguamento dei piani regionali, prima dell’avvio delle procedure d’infrazione. E prende nuovamente piede la discarica Furci nel vastese.
A Furci, nel vastese, si torna a parlare del progetto di una megadiscarica. L’iter autorizzativo – dopo dodici anni – era stato chiuso due anni fa dal Servizio gestione rifiuti della Regione Abruzzo. Il 15 settembre 2015 i dirigenti regionali – Marco Famoso e Gianfranco Piselli – avevano comunicato “la conclusione e la conseguente archiviazione del procedimento”, reso improcedibile dalla mancata trasmissione di documentazione e non avendo nessuna informazione sulla volontà del proponente di proseguire nell’acquisizione dell’autorizzazione all’impianto.
Il progetto – contro il quale si erano schierati diverse associazioni ambientaliste, cittadini e sindaci di ventuno Comuni – è quello di una discarica proposta dalla Vallecena srl. Il Forum abruzzese dei movimenti per l’acqua pubblica ha reso noto che lo stesso servizio regionale ha convocato per il 28 aprile una Conferenza dei servizi per l’avvio del procedimento istruttorio dell’autorizzazione alla costruzione della discarica. Un nuovo procedimento, insomma, per un progetto che dovrebbe contenere diverse modifiche rispetto al precedente, eppure la Regione ha proposto una trasmigrazione dei pareri sul precedente progetto al nuovo progetto. Chi si oppone sostiene “che quella delle discariche non è la via giusta per i rifiuti.”
Nel 2012 la Commissione di Valutazione d’impatto ambientale (Via) aveva ridimensionato il progetto presentato, portando la potenzialità annua a 25 mila tonnellate. Al tempo stesso veniva confermata la natura dei rifiuti conferibili da trattare a base di cemento, calce, silicati per renderli idonei allo smaltimento in discarica e che rispondono a ben 264 codici differenti del Catalogo europeo dei rifiuti. Codici che comprendono sostanze come arsenico, cianuro, cromo, mercurio, metalli pesanti, piombo, asbesto, policlorobifenili (PCB), ceneri pesanti, scorie, derivati della raffinazione petrolifera e sostanze di derivazione farmaceutica e veterinaria, pesticidi. La classificazione dell’area nel Piano di assetto idrogeologico (Pai) fu anche uno dei punti salienti di uno studio del professor Francesco Saverio Schioppa – specialista in igiene e medicina preventiva dell’Università “D’Annunzio” di Chieti, secondo cui nel progetto non c’è stata mai traccia di una distanza adeguata indispensabile a mitigare i possibili effetti negativi di un tale impianto sulle coltivazioni di pregio, nonché una distanza minima di 500 metri tra la discarica e le abitazioni civili.