La nostra lettura della Relazione Dia (Direzione investigativa antimafia) sulle attività svolte e i risultati conseguiti nel secondo semestre del 2018. La Campania e Napoli.
La camorra resta un “sistema” che si fonda su un impero economico. Una realtà che si articola in sodalizi e alleanze mutevoli in assenza di una struttura verticistica e sovraordinata. Caratteristica, questa, che le consente di adattarsi costantemente alle circostanze aggredendo, di volta in volta, consenso sociale.
«I sodalizi camorristici», scrive la Dia, «si infiltrano nell’economia legale o attraverso la partecipazione in imprese sane oppure operando direttamente con proprie ditte di riferimento, caratterizzate da una continua modificazione di assetti e sedi sociali, in modo da rendere più complesso risalire alla reale proprietà. In alcuni casi si tratta di vere e proprie reti di imprese, attraverso le quali controllano l’intera filiera delle attività connesse ad un determinato settore economico. […] Restano confermati i variegati rapporti che legano il mondo imprenditoriale alla criminalità organizzata.»
L’INCANDESCENTE CLIMA NAPOLETANO
La realtà napoletana, in larga parte, vive momenti di fibrillazione. Il clima che si respira in alcuni quartieri nevralgici della città – come Forcella, rione Sanità, San Giovanni a Teduccio, Quartieri Spagnoli, Scampia, Secondigliano, Barra, Ponticelli, Pianura, quartiere Traiano – è incandescente. A confermarlo è l’ascesa di giovani leve che, per affermarsi, utilizzano metodi intimidatori e palesemente violenti. Le cosiddette “stese”, che si susseguono a raffica nei mesi presi in considerazione dalla relazione della Dia, ne sono un esempio lampante. E, a volte, a farne le spese sono cittadini che hanno la sola colpa di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato.
Il 3 settembre 2018 – tanto per citare un caso – una donna viene ferita da un colpo di pistola vagante mentre era affacciata sul balcone delle propria abitazione a Forcella.
L’ARRESTO DI DI LAURO A SCAMPIA E LA SOLIDA CRIMINALITÀ PROVINCIALE
Come un vero boss, Marco di Lauro – figlio del boss dell’omonimo clan che giganteggia a Scampia, attualmente detenuto in regime di 416 bis) – non se ne era mai andato. Il Ministero dell’Interno lo aveva persino inserito nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità giacché si riteneva fosse lui, dopo l’arresto del celebre padre, ad aver preso le redini del clan. E così nel marzo scorso Di Lauro è stato arrestato dagli uomini della Polizia di Stato proprio a Chiaiano, in un’area prossima alla base del sodalizio criminale.
In provincia invece i clan Moccia (originari di Afragola, ndr) e Mallardo (di Giugliano in Campania, ndr) restano le realtà criminali più solide. Sono tra i pochi a vantare, infatti, solidi e proficui rapporti col cartello dei Casalesi. I Moccia, in particolare, hanno dato vita a una federazione di gruppi che ha imposto il proprio potere su una parte estesa della provincia – Caivano, Casoria, Cardito, Carditello, Frattamaggiore, Frattaminore, Crispano – e, persino, in alcune aree del Lazio.
Tra le realtà citate Caivano (comune sciolto per mafia nel 2018, ndr) si conferma, con il suo rinomato “Parco Verde”, una delle principali reti di spaccio di stupefacenti in Campania e al di fuori dell’ambito regionale. Il clan Mallardo, dal canto suo, grazie alle al supporto dei casalesi, è riuscito ad ampliare le mire espansionistiche in Toscana e nel Lazio.
IL “CARTELLO” DEI CASALESI
La raffica di condanne e le collaborazioni – talvolta piuttosto pesanti – non paiono aver scalfito il cartello dei casalesi, fondato saldamente sulle famiglie Schiavone, Zagaria, Iovine e Bidognetti. Grazie al consenso sociale di cui gode, il cartello continua a tenere saldamente le redini del territorio. Anche se saranno da valutare gli impatti della scelta di collaborare con la giustizia del figlio di “Sandokan”, boss della famiglia Schiavone. Dopo l’arresto del padre – e la relativa detenzione in regime di 416 bis – secondo gli inquirenti era divenuto esponente di una nuova generazione criminale, garantendo la continuità e l’operatività della consorteria camorristica casalese.
Il vero punto di forza del cartello si conferma nella capacità di impiegare i proventi illeciti nelle attività imprenditoriali. Una vera e propria “strategia di controllo” che riesce a permeare ogni settore pubblico: dalla politica all’imprenditoria, dal settore dei servizi alla pubblica amministrazione. Basti pensare che il 26 novembre scorso a Maddaloni è stato eseguito un provvedimento cautelare per il reato di corruzione elettorale. Le indagini, in questo caso, hanno accertato l’esistenza di un patto tra gruppi mafiosi e alcuni candidati alle elezioni amministrative svoltesi nel giugno del 2018.