Periodico indipendente su Ambiente, Sud e Mediterraneo / Fondato il 23 dicembre 2015
 

Nuova legge sui parchi tra trivelle, oro nero e quote rosa

La chiamano riforma dei parchi. Sul banco degli imputati anzi, su quelli della Camera, è giunta la vituperata legge n.394 del 1991. Per molti una legge troppo vecchia e da smantellare. Tanto vecchia per resistere all’onda d’urto degli ultimi governi che del riformismo hanno fatto il loro cavallo di battaglia, la loro bandiera.
Una legge troppo ambientalista, frutto di utopie e concepita da sognatori di altre epoche, quando i parchi non li conosceva nessuno. Una legge che ha consentito di salvaguardare però oltre il 10 per cento del territorio italiano divorato altrove dal cemento, dall’industria e dal fuoco. Una legge che oggi gli interessi forti vogliono smantellare, facendo cadere l’ultimo diaframma alle liberalizzazioni nei parchi delle trivelle petrolifere, delle pale eoliche, degli elettrodotti e chi ne ha più ne metta.
Insomma, la cosiddetta riforma dei parchi è arrivata in Parlamento dopo aver seguito un iter tormentato e tortuoso nelle varie Commissioni parlamentari, ultime quelle Bilancio e Ambiente, con una ritrovata unione bipartisan PD-Forza Italia all’insegna, forse, di un nuovo patto del Nazareno. Primi firmatari della nuova legge sui parchi i parlamentari Antonio d’Alì e Enrico Borghi.
Nella prima Commissione si è smantellato il divieto per le attività petrolifere nei parchi e nelle aree contigue introducendo alla Camera – che lo ha votato con 235 voti favorevoli, 137 contrari e 7 astenuti – un emendamento della Commissione Bilancio, fatto proprio dalla Commissione Ambiente presieduta da Ermete Realacci.
Emendamento che per molti risulta incomprensibile ma per pochi, invece, è chiarissimo.
Introduce un codicillo – “fatte salve le attività estrattive in corso e quelle ad esse strettamente conseguenti” – proposto (o meglio, imposto) dalla Commissione Bilancio su parere della Ragioneria dello Stato per la quale “un divieto di attività estrattive e petrolifere avrebbe comportato minori entrate per lo Stato a causa della riduzione delle royalties.”. Una chiara ammissione a favore delle lobbies dell’energia contro la salvaguardia dei territori nei parchi.
Come dire: non potete vietare le trivelle nei parchi così come accade in Basilicata, in Val d’Agri, dove le trivelle vengono prima di tutto. Vengono prima dell’acqua, del suolo, dei boschi e delle stesse comunità dei parchi. Così come le recenti vicende legate all’inquinamento causato dal petrolio in Val d’Agri e in Val Camastra mostrano.
Una spiegazione, questa, convincente anche per la Commissione Ambiente e per l’asse PD-Forza Italia. Convincente al punto di averlo votato in blocco alla Camera, nella votazione nominale n.43 del 23 maggio 2017. Con il voto contrario di alcuni peones e fuoriusciti PD, grazie all’assenza di quelli in missione e l’assenza (pesante) in aula del Movimento 5 Stelle. Tra i favorevoli all’emendamento risultano il presidente della Commissione Ambiente, Ermete Realacci, l’ex ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo e Gianni Cuperlo. Che non ha bisogno di presentazioni.
Ma è l’intera legge n.394/91 che alla fine risulterà smantellata, sancendo il principio che i parchi nazionali dovranno finanziare la propria pagnotta (alias sopravvivenza) attraverso le compensazioni ambientali, alias finanziamenti da parte dei privati (petrolieri, produttori di energia e rifiuti). Che a gestirli dovranno essere manager privi di competenza naturalistica – parola assolutamente da bandire nei parchi – designati da un Consiglio di amministrazione (ex Direttivo del parco) composto prevalentemente di locali, anche da cacciatori e pescatori, nonostante le associazioni ambientaliste abbiano bocciato tali presunte riforme proposte dai governi Renzi-Gentiloni per i parchi nazionali, tacciandole come pericolose e deleterie per il bel paese e per la salvaguardia del territorio.
Ma a questo punto non sarebbe meglio abolire i parchi nazionali? Ma tra gli elementi qualificanti per i proponenti della nuova riforma dei parchi ci sono le quote rosa, introdotte per la prima volta in una legge su questa materia, nonostante le trivelle del petrolio e le lobbies dell’energia la facciano da padrone. Quindi,  quote rosa o quote nere?

Iscriviti alla nostra newsletter!

Autore:

Giornalista e sociologo. È autore di numerosi saggi e ricerche sulle tematiche naturalistiche. Ha prodotto studi sociali e ricerche storiche sui beni monumentali, il patrimonio ambientale e la loro tutela. Website: <a href="http://www.pandosia.org/">www.pandosia.org</a>