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Ordinanza di chiusura ex-Ilva: il sindaco di Taranto prende tempo

Approvata in Consiglio comunale una mozione che «impegna il sindaco […] a richiedere […] la certificazione dei dati ambientali e sanitari che potrebbero minacciare la salute pubblica […]» Le opposizioni hanno chiesto a gran voce un’ordinanza di chiusura ex-Ilva, ma il primo cittadino di Taranto glissa.

«Vergognatevi! Non siamo pecore!» Risuonano, con eco, le condanne dei cittadini, delle associazioni e dei comitati presenti ieri (25 marzo 2019, ndr) al Consiglio monotematico sulla questione ambientale tarantina, nel corso del quale la maggioranza dell’assise di governo ha approvato la mozione che «impegna il sindaco, nell’ambito dei poteri assegnatigli dall’articolo 50 del Tuel (Testo unico degli enti locali, ndr) quale massima Autorità sanitaria, a richiedere entro 30 giorni la certificazione dei dati ambientali e sanitari che potrebbero minacciare la salute pubblica, e ad assumere, ove validati, eventuali conseguenti provvedimenti idonei a fermare gli impianti del complesso siderurgico che provocano aumento delle emergenze sanitarie a danno della popolazione tarantina.»
Una seduta fiume – dalle 13 alle 20,30 – che ancora una volta ha evidenziato la spaccatura degli intenti sul destino più prossimo della città di Taranto.
A denti serrati sono stati perno dell’intera seduta le collinette “ecologiche” e l’aumento dei valori di diossina nei deposimetri: nel mese di gennaio 2018 il dato relativo alla sommatoria PCDD7F (policloro-dibenzo-p-diossine e furani) è stata pari a 1,57 pg-TE, mentre nel mese di ottobre 2018 è stata rilevata una netta impennata del dato pari a 14,26 pg-TE. Per quanto riguarda, invece, la sommatoria PCB il dato rilevato nel mese di gennaio 2018 è stato pari a 0,02 pg-Te (picogrammi-tossicità equivalente), mentre nel mese di ottobre 2018 è stato pari a 17,31 pg-Te (mozione consiglieri Battista-Fornaro).
L’aumento dei valori di diossina ha interessato la Masseria Carmine: la media annuale riferita al 2017 è stata di 0,77 pg-TE, mentre da gennaio ad ottobre 2018, come riscontrato dall’Arpa Puglia i valori di diossina hanno toccato la soglia di 7,7 pg-TE, dieci volte superiore a quella dell’anno precedente. Questo preoccupante incremento viene ricondotto però ad un’ipotesi di malfunzionamento degli impianti. Tutte emergenze considerate e non smentite dai relatori.
Nel corso della discussione, dai toni molto accesi, il gruppo della mozione di minoranza ha chiesto più volte al primo cittadino di Taranto, Rinaldo Melucci, un atto di coraggio (ordinanza di chiusura ex-Ilva), non solo in merito agli ultimi avvenimenti ma anche in merito alla «relazione causa-effetto tra emissioni industriali e danno sanitario risultante nel rapporto pubblicato nel 2016 nell’ambito delle attività di Centro Salute e Ambiente della Regione Puglia in cui risultano allarmanti i dati della popolazione tra i 0-14: “si sono osservati eccessi importanti per le patologie respiratorie: in particolare tra i bambini residenti al quartiere Tamburi si osserva un eccesso di ricoveri pari al 24 per cento, la percentuale sale al 26 per cento per i bambini residenti al quartiere Paolo VI”.»
Intanto la maggioranza del Consiglio ha preso tempo – trenta giorni – a differenza di ciò che chiedeva la parte proponente la richiesta, ovvero di «attuare provvedimenti per eliminare i rischi potenziali e non solo rischi certi secondo il principio di precauzione, principio generale del diritto comunitario che fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici.»
«Abbiamo creduto nella favola della chiusura. L’Ilva non è stata una fortuna per Taranto», ha dichiara il governatore della Regione, Michele Emiliano. «Con le mozioni che saranno approvate tutti insieme chiederemo al presidente del Consiglio e al ministro Di Maio di chiedere la chiusura della fabbrica oppure di riqualificarla tecnologicamente.»
Oltre ad Emiliano erano presenti il direttore generale di Arpa Puglia, Vito Bruno; il dirigente generale dell’Asl Taranto, Stefano Rossi; il direttore del Dipartimento Salute Asl, Michele Conversano; il Commissario Straordinario per le bonifiche, Vera Corbelli; il Garante Aia, Vitaliano Esposito; la responsabile Ambiente della Regione, Barbara Valenzano. Assenti, invece, Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e i consiglieri Cito, entrambi figli di Giancarlo Cito, già sindaco della città.
Barbara Valenzano mette in luce l’attività svolta finora dall’ente regionale: «È stata fatta richiesta di riesame dell’Autorizzazione integrata ambientale per lo stabilimento, ex Ilva, ArcelorMittal lo scorso 8 marzo, vista la pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. La Corte ha stabilito che le autorità italiane non hanno adottato le misure necessarie a garantire la protezione effettiva del diritto alla salute dei ricorrenti.» E che «la gestione da parte delle autorità nazionali della questione ambientale relativa all’attività produttiva della società Ilva di Taranto, è, ad oggi, in stallo. La Corte ha constatato che la prosecuzione della situazione di inquinamento ambientale mette in pericolo la salute dei ricorrenti e, più in generale, quella della popolazione residente nei Comuni a rischio.»
Dopo il primo rigetto di tale richiesta è notizia, di poche ore fa, dell’espressa volontà da parte del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, di rivedere l’Aia. Ma per il riesame è necessario che la Regione Puglia effettui una nuova Valutazione della qualità dell’aria.
La questione Tarano dovrebbe essere sostituita dalle parole “emergenza Taranto” per un decreto di “urgenza” con Accordo di Programma, e la successiva eventuale legge ad hoc, così come accadde a Genova. Ma in assise la maggioranza usa la massima cautela nell’uso delle parole, anzi viene posta come priorità la costituzione di un Ufficio Informazione e Comunicazione per questioni ambientali.
Intanto l’allarme non è infondato. Di fatto saranno implementati, visto il trend in aumento di inquinanti confermato dalle centraline della cokeria, i controlli da parte degli enti preposti. La partita è ancora da definirsi aperta. La palla è di nuovo al centro. Tutti saranno chiamati a giocare nel proprio ruolo: dal Governo in primis, ai parlamentari tarantini – che dell’inquinamento ne sanno qualcosa – ai consiglieri regionali con scadenza 2020. Nessuno escluso.

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Autore:

Nata al quartiere Tamburi di Taranto ai piedi dell’Ilva, la più grande ed inquinante industria siderurgica d’Europa. Quelle polveri sottili, quella mancanza di informazioni sulla loro natura destano la sua curiosità e da qui inizia il percorso di attivista del quartiere, segno di fame dove tutto era impossibile a sapersi ma facile da vedere. Inizia a collaborare con testate giornalistiche locali, online e offline, dove mette al centro la comunità, le donne e il forte senso di appartenenza ad un territorio di frontiera il più delle volte con vita a sé. Le questioni sociali, ambientali sono il file rouge della sua attività nella redazione giornalistica di <strong>Telerama</strong> e di <strong>Radio Popolare Salento</strong>. Ha collaborato con <strong>NarcoMafie</strong>. Fondatrice di <strong>Donna a Sud</strong>, Festival delle culture al femminile del Mediterraneo. Vicepresidente dell’Associazione <strong>Iwoman</strong>. Creator di In <strong>Sommovimento</strong>, incontri e appunti tra culture contemporanee.