Periodico indipendente su Ambiente, Sud e Mediterraneo / Fondato il 23 dicembre 2015
 

In Basilicata lo scenario Tempa Rossa è inquietante

Il progetto petrolifero di Total, Shell e Mitsui è partito ufficialmente. Tra trattative segrete e concertazioni su compensazioni e ipotesi di reinvestimento delle royalties, la tutela dell’ambiente non è mai stata una priorità nello scenario Tempa Rossa. Lo dimostrano gli incartamenti e le autorizzazioni regionali che “congelano” molte prescrizioni, avallano monitoraggi senza “punto zero” e non risolvono i dubbi su reflui, fanghi e rifiuti. Intanto, dopo la Regione, anche il ministero dello Sviluppo economico presieduto da Stefano Patuanelli dei Cinquestelle, dà il via libera.

A Corleto Perticara, in provincia di Potenza, nella valle del Sauro, sorge a più di mille metri di altezza – su quella che prima era un’area di pascolo di montagna – il Centro olio della Total. Qui sembrerebbe essere tutto pronto per l’inizio delle attività di estrazione, trattamento e stoccaggio del greggio dal secondo grande giacimento lucano, quello di Tempa Rossa.
Giovedì 12 dicembre l’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse (Unmig) ha autorizzato le prove di produzione, anche se dell’autorizzazione ministeriale ancora non c’è traccia negli uffici di Roma. Entro tre mesi, quindi, ogni giorno può essere quello buono per cominciare ad estrarre greggio e gas.
Il progetto Tempa Rossa – ricadente nella concessione di coltivazione “Gorgoglione” che vede Total (50 per cento), Shell (25 per cento) e Mitsui (25 per cento) in prima linea in un affare da 1,6 miliardi di euro – è incluso nella delibera n.121/2001 del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) tra le «infrastrutture strategiche nel settore del gas, e prevede un finanziamento a carico dei soggetti privati.»
Lo stesso Cipe, con una deliberazione del 23 marzo 2012 (la n.18), ha stilato un programma d’investimenti di 1.411,8 milioni di euro. A pieno regime saranno 50 mila i barili di greggio estratti ogni giorno nella nuova valle nera del petrolio, dopo la val d’Agri, dove invece è l’Eni a fare profitti.

LA DELIBERA REGIONALE “SBLOCCA PRESCRIZIONI”
La Giunta regionale della Basilicata con la deliberazione n.877 del 30 novembre 2019 ha chiuso il cerchio delle autorizzazioni necessarie all’avvio delle attività della Total, rispondendo positivamente alla Verifica di ottemperanza alle prescrizioni contenute nel provvedimento di Giudizio favorevole di compatibilità ambientale concesso nel 2011.
Perché, di fatto, quello che pesa nello scenario Tempa Rossa sono le prescrizioni rilevate nella delibera di Giunta regionale n.1888 del 19 dicembre 2011.
A distanza di 8 anni c’è più di un’ombra dal punto di vista ambientale. Infatti, la delibera di fine novembre è incentrata tutta sul monitoraggio dell’ambiente, sulla gestione di eventuali emergenze ed incidenti e sullo smaltimento delle acque di produzione.
Nel merito di alcune di queste prescrizioni, nella delibera n.877/2019 si legge che «rispetto alle tematiche Biomonitoraggio, Stato degli Ecosistemi e Morfologie Naturaliformi», l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpab), a settembre di quest’anno, ha trasmesso le valutazioni formulate dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), «rese a seguito della sottoscrizione in data 3 luglio 2019 del Protocollo di intesa Collaborazione tecnico-scientifica dell’Ispra a supporto della Regione Basilicata e dell’Arpab per il monitoraggio e la salvaguardia dell’ambiente e del territorio e l’impiego sostenibile delle risorse naturali.»
L’Ispra, pertanto, ha formulato osservazioni e richieste di integrazioni, facendo rilevare – tra le altre cose – che nel Piano di monitoraggio ambientale di baseline presentato da Total nel 2014, aggiornato e riaggiornato, nonché validato dall’Arpab a più riprese, «non sono indicati i parametri selezionati dal proponente (Total, ndr) per valutare la situazione di “bianco”, i relativi risultati delle attività di monitoraggio, né gli standard qualitativi di riferimento esistenti, presumibilmente dati di monitoraggio di Arpab, o di altri Enti preposti […]». I parametri mancanti a cui si riferisce Ispra sono relativi al monitoraggio delle diverse componenti ambientali. È la stessa Total a riferirlo nel Piano, evidenziando che «il monitoraggio delle acque in fase di esercizio verrà confrontata con la situazione di “bianco” riscontrata precedentemente all’avvio dell’attività dell’impianto e con gli standard qualitativi di riferimento esistenti.» Ma al momento della redazione del Piano il “bianco” non c’era.

LO SMALTIMENTO DELLE ACQUE DI PRODUZIONE, I GAS ACIDI E LA SCOMPARSA DI «FOSSO CUPO»
Il tema legato allo smaltimento delle acque di produzione delle attività di estrazione e lavorazione del Centro olio di Corleto Perticara è un argomento spinoso, che rende complicato lo scenario Tempa Rossa.
Nella delibera n.1888 del 19 dicembre 2011 la Giunta regionale – presieduta all’epoca dal governatore Vito De Filippo – nell’esprimere giudizio favorevole di compatibilità ambientale, prescriveva alla Total di produrre, entro cinque anni dalle autorizzazioni ambientali, «studi mirati alla possibilità di procedere allo smaltimento dei “gas acidi” e delle “acque di produzione” mediante reiniezione in unità geologiche profonde in luogo, rispettivamente, della termodistruzione e del recapito nel Torrente Sauro.»
In risposta a tale prescrizione del 2011, la Total con una nota del 22 settembre 2019 «assume l’impegno a non effettuare nessuno scarico delle acque di produzione nel corpo idrico ricettore denominato Torrente Sauro, per un periodo di almeno 5 anni a partire dall’avviamento della fase di esercizio del centro oli […]» Perché mancano le pipeline di collegamento, ma soprattutto perché, secondo la società, «per procedere allo smaltimento dei gas acidi ed alla reiniezione occorre acquisire dati non ancora disponibili (caratteristiche dell’acqua di produzione non ancora trovata, permeabilità relative) ed alcuni parametri disponibili solo dopo alcuni anni di produzione del giacimento. In sintesi allo stato attuale non vi sono le necessarie conoscenze per poter procedere alla progettazione di detti smaltimenti.»
La Total, in sostanza, fa marcia indietro sullo smaltimento delle acque di produzione per mancanza di «necessarie conoscenze», anche rispetto a quanto riportato nel Piano di monitoraggio ambientale, ovvero che «le acque provenienti dal Centro olii, a valle dei differenti sistemi di trattamento, saranno scaricate mediante collettori e pipeline in due corpi recettori differenti: Torrente Sauro e Fosso Cupo.»
Secondo i progetti originari della compagnia, il Torrente Sauro avrebbe dovuto accogliere «acqua trattata non riciclata per consumi interni al Centro olii», mentre Fosso Cupo, in un’area adiacente al Centro olio, dovrebbe accogliere le acque sanitarie e «l’acqua in eccesso proveniente dalla vasca di stoccaggio delle acque per il contro lavaggio dell’unità di trattamento delle acque reflue.»
A tal proposito l’Ispra, nella sua relazione, fa rilevare una carenza nella documentazione relativa ai flussi di scarico nel Torrente Sauro e in Fosso Cupo, così come non c’è traccia di tali scarichi «tra le immissioni di effluenti liquidi in corpi idrici», nell’ambito della «Verifica preliminare dei potenziali impatti in fase di esercizio.» Per tutta risposta la Total dichiara che «la sintesi dell’analisi degli impatti è redatta esclusivamente in relazione alla fase di esercizio del progetto […]». Tutto, ricordiamo, senza un punto zero. Perché, quando la Total ha messo piede nella valle del Sauro, lo ha fatto in assenza di un piano di monitoraggio, poi messo su ad attività già avviate ed ambiente già in parte compromesso.
Dal canto suo la Giunta regionale, nella delibera n.877 del 30 novembre 2019, di fronte alle osservazioni dell’Ispra, prescrive alla Total di non scaricare le acque di produzione nel Torrente Sauro – dopo averne prescritto lo scarico nel 2011, però – e non cita Fosso Cupo, che scompare dai radar. Dove finiranno le acque di produzione? Quali sarebbero gli impianti autorizzati allo smaltimento delle «acque di produzione e quelle meteoriche eccedenti la capacità di riutilizzo a valle del processo di trattamento delle stesse», da raggiungere a mezzo autobotti?

TUTTI FELICI E CONTENTI
Lo scenario Tempa Rossa illustrato dalle istituzioni locali, nelle migliori tradizioni coloniali, fa tutti felici e contenti. Le lunghe trattative, segrete e non, avviate dalla nuova Giunta regionale, in continuità con le precedenti, dimostrano come la tutela dell’ambiente non è mai stati una priorità.
La Total accenderà i motori all’ombra di un accordo – sulla falsa riga di quello sottoscritto il 19 settembre 2006 (deliberazione n.1363) – che però risulta ancora segreto.
Qualcosa si sa dalla stampa locale e dalle dichiarazioni del presidente della Giunta regionale, Vito Bardi, rilasciate in occasione di un paio di eventi pubblici, dai quali emerge che la contrattazione c’è stata e c’è sul gas e poi su monitoraggi ambientali e sviluppo sostenibile.
Alle comunità, oltre ad 80 centesimi di euro a barile estratto come misura compensativa dovrebbero andare 1.200 milioni di metri cubi di gas (40 milioni di metri cubi di gas all’anno per 30 anni), 3 milioni di euro per il monitoraggio ambientale (non partito dal punto zero), 1,5 milioni di euro per il funzionamento della rete di monitoraggio (non ultimata), 25 milioni di euro ogni 5 anni quale contributo al 50 per cento per progetti di imprese terze, oltre a 250 mila euro all’anno destinati alla promozione del territorio.

TUTTE LE VIE PORTANO A TARANTO
Quello di Tempa Rossa, come più volte raccontato, è un progetto interregionale che non coinvolge solo la Basilicata ma anche la Puglia e la città di Taranto, dove arriverà tramite oleodotto il greggio estratto dalle montagne lucane.
Ricordiamo che lo scenario Tempa Rossa sul fronte pugliese prevede diverse infrastrutture di adeguamento dell’area portuale, nonché la costruzione di due tank della capacità di 360 mila metri cubi destinati allo stoccaggio degli idrocarburi provenienti da Corleto Perticara.
A Taranto, dal punto di vista delle autorizzazioni la situazione è un po’ più complicata, anche se il 29 ottobre 2019 Comune e Provincia di Taranto hanno firmato, presso la sede di Confindustria, un accordo per le compensazioni ambientali, pari a 6 milioni di euro, che verranno impiegati per non definiti lavori stradali, per l’illuminazione pubblica, per la manutenzione straordinaria delle scuole, per la riqualificazione del Palazzo di Governo e dell’Istituto Musicale “Paisiello”. Altri fondi saranno destinati alla manutenzione ordinaria delle strutture sportive e per la sistemazione di un’area comunale da adibire a piazza.

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Autore:

Giornalista, direttore del periodico Terre di frontiera. Reporter per la Terra 2016 e Premio internazionale all'impegno sociale 2015 Livatino-Saetta-Costa. <a href="https://www.pietrodommarco.it">About me</a>