Periodico indipendente su Ambiente, Sud e Mediterraneo / Fondato il 23 dicembre 2015
 

Inceneritore Fenice sotto sequestro per mancata bonifica

Il giudice per le indagini preliminari di Potenza, su richiesta della Procura del capoluogo lucano – che ha coordinato le indagini del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri – ha posto sotto sequestro l’inceneritore Fenice di Melfi. A monte della decisione degli inquirenti la mancata bonifica del sito inquinato che ha provocato «la diffusione di inquinanti all’esterno» e la «compromissione delle acque potabili con grave pericolo per la salute pubblica.»

L’inceneritore Fenice di Melfi, della Rendina Ambiente, è stato posto sotto sequestrato, su disposizione del gip di Potenza. Dal 2009 – senza soluzione di continuità – l’inceneritore Fenice inquina le falde acquifere. Basta dare un’occhiata ai monitoraggi bimestrali pubblicati, con i soliti tempi biblici, sul sito dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente.
A quanto pare solo la magistratura e i Noe si sono accorti dello scempio che è avvenuto e sta avvenendo nel territorio di San Nicola di Melfi. Lo abbiamo urlato in ogni modo ed in ogni sede, ma senza alcun effetto.
Ci siamo opposti allo sciagurato rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale nel 2014, ma la giunta regionale si era illusa che con essa avrebbe controllato l’operato dell’impianto.
Ci siamo opposti all’approvazione di un piano di bonifica “sperimentale” che a distanza di un anno e mezzo ha prodotto solo dubbi, perplessità e la tragica conferma che non esistono “controllori” capaci di verificare l’operato di chi gestisce l’inceneritore.
Abbiamo denunciato l’emissione anomala di fumo rossastro dai camini senza avere alcuna spiegazione plausibile, anzi, l’episodio si è ripetuto. I dipendenti dell’impianto in questi anni hanno denunciato più volte davanti a tre Prefetti diversi, i problemi di sicurezza interna, ma neanche questo è bastato a convincere la Regione a sospendere l’Aia o a prendere provvedimenti efficaci.
Vogliamo parlare del controllore? L’Arpab che ancora oggi è sprovvista di laboratori attrezzati per analizzare le diossine, che non ci risulta aver verificato il rispetto delle prescrizioni contenute nell’Aia, che pubblica i monitoraggi bimestrali con un ritardo “imbarazzante”.
Poi c’è la silente e colpevole Azienda sanitaria di Potenza: non una parola sugli effetti dell’inquinamento delle falde acquifere sul ciclo alimentare. Mai avviata un’indagine epidemiologica nella zona.
E del divieto di emungimento dei pozzi a valle dell’inceneritore? Chi si preoccupa di farlo rispettare? Siamo sicuri che nessun agricoltore utilizzi quell’acqua? È vero, l’inceneritore è stato posto sotto sequestro e forse la magistratura – sostituendosi a chi dovrebbe fare il proprio lavoro di vigilanza e controllo – potrà darci qualche certezza.
Per noi cittadini è comunque una sconfitta: anni in cui si è perso tempo prezioso lasciando che il territorio di San Nicola di Melfi venisse ulteriormente inquinato e compromesso.

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