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Enorme successo per la manifestazione No hub del gas di Sulmona

#Sulmona21Aprile. Nel corso della grande manifestazione No hub del gas, 12 mila cittadini e 400, tra istituzioni e organizzazioni, giunti da tutta Italia, hanno detto no al gasdotto Rete adriatica, alla centrale di compressione gas di Sulmona e alla deriva fossile imposta dal governo.

Grande partecipazione alla manifestazione No hub del gas di ieri (sabato 21 aprile, ndr) a Sulmona: 12 mila cittadini e 400 istituzioni ed organizzazioni, da tutta Italia, hanno detto ‘no’ alla centrale di compressione gas di Sulmona, al gasdotto Rete adriatica e ai progetti “fossili”. E hanno detto ‘sì’ alle opere utili, da quelle necessarie all’abbandono degli idrocarburi al risanamento del territorio, dalla valorizzazione delle nostre bellezze alla prevenzione anti-sismica, a partire da scuole ed ospedali.
Dalla diocesi Sulmona-Valva, con in testa il vescovo Michele Fusco, a tanti sindaci con fascia tricolore e gonfalone, dai rappresentanti della Regione Abruzzo a quelli dei principali movimenti politici, dalle associazioni nazionali e locali a tutte le sigle sindacali, dai tantissimi operatori economici a quelli culturali, e soprattutto, da migliaia di semplici cittadini è salito un grande coro: “Basta opere dannose e inutili imposte, stop ai progetti fossili, vogliamo efficienza, risparmio e rinnovabili e le buone opere, il risanamento e la valorizzazione del territorio, delle bellezze naturali e culturali, e la prevenzione sismica, a partire da scuole e ospedali.
È incredibile che il governo, peraltro dimissionario e sconfitto, si muova con solerzia e zelo a favore di Snam pensando di imporre il “gasdotto dei terremoti”, che attraverserebbe ben tre crateri (L’Aquila, Amatrice e Norcia), nonché la Valle Peligna, una delle aree a maggior rischio sismico europeo. Snam sostiene che non ci sono rischi. Peccato che dimentichi tutti gli incidenti che si susseguono in questi impianti, a partire dall’esplosione – con 11 feriti – avvenuta nel 2015 a Pineto. Si pensa all’enorme e costosissimo cantiere che attraverserebbe queste aree dimenticando tutto quello che c’è attorno.
Le emissioni in atmosfera della centrale di compressione di Case Pente a Sulmona (107,7 tonnellate/anno dichiarate da Snam, solo di dannosi ossidi di azoto con le polveri connesse, quasi 100 tonnellate/anno), inoltre, sono del tutto inaccettabili per l’impatto sulla salute in una valle chiusa e in una nazione che è in procedura d’infrazione proprio per la qualità dell’aria.
Un progetto che in realtà è solo un tassello della strategia unitaria di trasformare l’Italia in un polo logistico delle fossili per i prossimi decenni, nonostante i consumi italiani siano calati rispetto all’anno di picco del 2005 e la rete nazionale sia dunque sovradimensionata. L’interesse è costruire grandi opere, dai gasdotti come Tap e i 600 chilometri della Rete adriatica, dagli stoccaggi a nuovi pozzi di estrazione in Adriatico e sulla terraferma e, magari, fare import-export verso il Nord Europa. Progetti che in larga parte ricadono sulla bolletta degli italiani, con ulteriore beffa.
La tecnologia e l’urgenza dei drammatici cambiamenti climatici sta imponendo una transizione diretta e veloce verso risparmio, efficienza e rinnovabili. Anche dal punto di vista industriale sarebbe un errore madornale lanciare il paese sul binario dell’energia del passato.
La manifestazione di Sulmona e le mobilitazioni che seguiranno sono la prosecuzione delle lotte contro le trivelle partita dalla vittoriosa campagna contro la piattaforma Ombrina. L’abbandono delle fossili non si fa solo a chiacchiere per poi favorire tutti i giorni le lobby di petrolieri ed affini. Le singole persone possono fare tanto con scelte di ogni giorno ma è la politica che deve risolvere i problemi strutturali, abbandonando i progetti errati contrari all’Accordo di Parigi e penalizzando in ogni modo le fossili. Servono scelte chiare nel nuovo Parlamento e dal prossimo governo. I cittadini lo chiedono a gran voce.

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