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Taranto tra chiusura e investimenti in ambiente?

Mentre il primo cittadino lancia il suo ultimatum alla fabbrica, ArcelorMittal alza il terzo arco sui parchi minerali ex-Ilva.

Il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, ha dato un ultimatum ad Ispra, Arpa Puglia, Istituto superiore di sanità e Asl: l’8 aprile, entro mezzogiorno, vuole dati certi e ufficiali sulla situazione ambientale della città – in particolare del quartiere Tamburi – per sapere se c’è un comprovato pericolo per gli abitanti e i lavoratori (come se ce ne fosse ancora bisogno), conoscere la verità sulle collinette sequestrate, capire se i bambini potranno mai tornare nelle loro scuole. L’8 aprile sarà per Taranto, in ogni caso, una data memorabile. Alla base della decisione di Rinaldo Melucci c’è l’applicazione del «principio di massima precauzione, non si esclude l’eventualità di assumere provvedimenti di fermo degli impianti.»
Lo stesso principio che l’opposizione comunale ha invocato il 25 marzo scorso, in Consiglio, al fine di ottenere l’immediato fermo degli impianti. A quanto pare il sindaco non sembrerebbe tornare indietro e in una nota stampa, con la quale ha annunciato la possibile chiusura degli impianti ex-Ilva, ha dichiarato che «se acciaio deve essere in futuro, è plausibile che di fronte a dati certi sul danno sanitario, non possa essere altro che un acciaio senza più aree a caldo.»
Intanto un gruppo di cittadine e cittadini, associazioni e comitati marcano stretto – con comunicati, sit-in ed assemblee nei diversi quartieri della città – le istituzioni e gli organi preposti «al fine di opporsi propositivamente e definitivamente agli infiniti attacchi ricevuti dalle istituzioni che, nonostante i dati epidemiologici le restrizioni al diritto allo studio e alle normali attività quotidiane, nonostante l’esasperazione manifesta della cittadinanza, ancora oggi guardano alla città come terra da sfruttare.»
L’ultima assemblea permanente si è tenuta davanti all’Asl di viale Virgilio e ha visto l’intervento del direttore generale dell’ente, Stefano Rossi, che ha garantito ai presenti la comunicazione degli esiti delle analisi nei tempi richiesti dal primo cittadino.
Da giorni si assiste all’avvicendarsi di eventi, apparentemente di “non dialogo” ma che, invece, esprimono alcune reazioni alle azioni. La Regione Puglia fa la sua parte chiedendo al ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, di riesaminare l’Autorizzazione integrazione ambientale (Aia), rilasciata ad ArcelorMittal con prescrizioni più stringenti, e avverte un nuovo ricorso.
Intanto, dall’azienda arriva in queste ore un comunicato stampa con il quale si annuncia che «con 10 giorni di anticipo è stato costruito il terzo arco della copertura del parco minerale ex-Ilva; a lavori terminati tale opera sarà decisiva nella riduzione delle polveri sul quartiere, e sulle altre zone delle città.» Inoltre ArcelorMittal precisa che l’opera di copertura dei parchi minerali ex-Ilva sarà portata a termine entro il 2019, quasi diciannove mesi prima rispetto al timing originario e che i minerali presenti nei parchi primari saranno messi sotto copertura sempre entro la fine dell’anno. L’intervento, richiesto dall’Autorizzazione integrata ambientale e dal Piano ambientale, prevede un totale di 1,15 miliardi di investimenti entro il 2023.
Intanto, secondo l’associazione Peacelink «viene confermato il trend complessivo di aumento delle emissioni non convogliate della cokeria. A marzo aumentano gli IPA e l’idrogeno solforato. Ad aumentare del 35 per cento è anche il PM10.»
Sembrerebbe mancare, o forse no, poco tempo all’ennesima ordinanza di chiusura. Una prima già disposta nel 2012 dall’ex sindaco Ippazio Stefàno, in cui si chiedeva all’azienda di intraprendere una serie di azioni per ridurre l’inquinamento e l’impatto ambientale. Ma il Tar di Lecce accolse la sospensiva presentata dall’ex Ilva perché le prescrizioni presentate non erano tali da emergenza sanitaria e ambientale. A quei tempi la fabbrica era ritornata pubblica perché commissariata, è utile ricordare che il governo adottò i cosiddetti Salva-Ilva.
Taranto continua a vivere nel limbo delle speranze sprecate, dove cambiano gli attori ma si spera che questa volta, nella consapevolezza della vita e delle proprie bellezza si riesca a fare fronte comune su un nuovo accordo. La produzione d’acciaio anche nel rispetto delle norme è sempre inquinante, queste cose ora la gente le sa.
Ermanno Rea, scrittore, appassionato meridionalista, in un’intervista realizzata dal giornalista Tonio Attino (sul Corriere della Sera del 31 maggio 2014, ndr), dice: «A Taranto la situazione ambientale è più grave di quella del passato a Bagnoli. Bagnoli è separata da Napoli dalla collina di Posillipo. A Taranto le acciaierie sono attaccate alla città […].»

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Nata al quartiere Tamburi di Taranto ai piedi dell’Ilva, la più grande ed inquinante industria siderurgica d’Europa. Quelle polveri sottili, quella mancanza di informazioni sulla loro natura destano la sua curiosità e da qui inizia il percorso di attivista del quartiere, segno di fame dove tutto era impossibile a sapersi ma facile da vedere. Inizia a collaborare con testate giornalistiche locali, online e offline, dove mette al centro la comunità, le donne e il forte senso di appartenenza ad un territorio di frontiera il più delle volte con vita a sé. Le questioni sociali, ambientali sono il file rouge della sua attività nella redazione giornalistica di <strong>Telerama</strong> e di <strong>Radio Popolare Salento</strong>. Ha collaborato con <strong>NarcoMafie</strong>. Fondatrice di <strong>Donna a Sud</strong>, Festival delle culture al femminile del Mediterraneo. Vicepresidente dell’Associazione <strong>Iwoman</strong>. Creator di In <strong>Sommovimento</strong>, incontri e appunti tra culture contemporanee.