Periodico indipendente su Ambiente, Sud e Mediterraneo / Fondato il 23 dicembre 2015
 

Tempa Rossa, storie di ordinari favori

Il caso mediatico Tempa Rossa, portato alla ribalta nazionale dall’inchiesta della Procura di Potenza sul petrolio lucano, si inserisce nel contesto del nuovo progetto petrolifero il cui iter autorizzativo coinvolge due regioni: la Basilicata e la Puglia, nelle rispettive zone di Corleto Perticara, nella valle del Sauro, e Taranto, nell’area portuale.

Il progetto Tempa Rossa è rimbalzato agli onori della cronaca nazionale – diventando oggetto di dibattiti televisivi – dopo quanto rivelato da alcune intercettazioni telefoniche che hanno coinvolto Gianluca Gemelli – compagno dell’ex ministro allo Sviluppo economico, Federica Guidi, e il dirigente Total, Giuseppe Cobianchi. Il Gemelli, dietro suggerimento del Cobianchi, si è impegnato a far approvare un emendamento finalizzato a sbloccare le procedure autorizzative del progetto. Come vi abbiamo già raccontato. Cerchiamo ora di capire il contenuto della norma in questione, proposta nel dicembre del 2014 (modifica n.2-9818 al ddl n.1698/2014) ed inserita nella legge n.190 del 23 dicembre 2014 (legge di Stabilità 2015).

All’articolo 2 dopo il comma 223 aggiungere i seguenti:
Al fine di semplificare la realizzazione di opere strumentali alle infrastrutture energetiche strategiche e di promuovere i relativi investimenti e le connesse ricadute anche in termini occupazionali, all’articolo 57 del decreto legge 9 febbraio 2012 numero 5, convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, numero 35 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 2, dopo le parole “per le infrastrutture e insediamenti strategici di cui al comma 1” sono aggiunte le parole “nonché per le opere necessarie al trasporto allo stoccaggio al trasferimento degli idrocarburi in raffineria alle opere accessorie ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento di titoli concessori esistenti comprese quelle localizzate al di fuori del perimetro delle concessioni di coltivazione” e dopo la parola “autorizzazione” sono aggiunte le seguenti: “incluse quelle”.
Ed è questo il passaggio che si riferisce proprio al progetto Tempa Rossa, nella parte che riguarda Taranto: trasporto, stoccaggio e opere accessorie ai terminali costieri. Non solo, ma in esso si specificava al punto b) “dopo il comma 3”, al 3-bis e al 3-ter, che anche per queste opere si applicava la facoltà, da parte del governo, di autorizzare in via definitiva il progetto in caso di mancata intesa con le regioni interessate. L’emendamento andava a colmare il vuoto normativo presente nel decreto n.133 del 12 settembre 2014 – convertito con modificazioni dalla legge n.164 dell’11 novembre 2014 – noto come “Sblocca Italia”.

LA DELIBERA COMUNALE
Perché questa fretta? E cosa stava accadendo a Taranto? La forte pressione esercitata dai movimenti locali contrari al progetto Tempa Rossa aveva indotto il Comune di Taranto, il 5 novembre 2014, a votare una delibera (la n.123) con la quale, in sostanza, si vietava il prolungamento del pontile Eni, utile all’attracco delle petroliere. Nell’ambito dell’approvazione del piano regolatore portuale veniva esclusa tale opera. Il Comune di Taranto, tuttavia, andava oltre l’esclusione del prolungamento del pontile, inserendo anche il divieto a costruire i due serbatoi, utili allo stoccaggio del greggio, che non rientravano nel perimetro di competenza del porto di Taranto, ma in un’area di competenza dell’Eni, essendo previsti all’interno del parco serbatoi di sua proprietà, in prossimità della raffineria. Non solo, il Comune stabiliva nella delibera, in maniera unilaterale, la revisione dell’Atto di intesa Città-Porto. E, infatti, in variante allo strumento urbanistico vigente, adottava il nuovo piano regolatore del porto “con esclusione delle opere che interessano gli interventi Tempa Rossa con conseguente revisione dell’Atto d’intesa Città-Porto di cui alla delibera di c.s. n.116/06 perfezionato con delibera di c.c. n.41/07.” A questo punto Cobianchi si attiva: “So che il ministro in prima persona si è adoperato nelle settimane scorse con la regione Puglia per cercare di promuovere questo incontro, che sarebbe stato importante […] Purtroppo da quello che so la Regione Puglia non ha dato una disponibilità a questa roba, per motivi politici sostanzialmente, da quello che ho capito (imminenti elezioni regionali, ndr), quindi adesso si cercherà di far passare nella legge di Stabilità un po’ quello che è necessario far passare […] ovviamente c’è tutta una serie di iniziative che con […] si sta cercando di portare avanti anche sul piano, mi lasci dire, giuridico nei confronti delle delibere che sono state prese al comune di Taranto.’’

I RICORSI E L’EMENDAMENTO
E quelle azioni legali, infatti, non tardano ad arrivare. A farci comprendere gli interessi in ballo è la varietà dei soggetti coinvolti. A presentare ricorso, accanto alle società petrolifere Eni, Total Italia, Shell Italia, Mitsui Italia, figurano anche il Comandante Gennaro Cimaglia, capo pilota del Porto di Taranto in quiescenza, Valentino Gennarini, amministratore dell’agenzia marittima Società Nicola Girone srl, l’avvocato Lara Polidori, il chimico Ugo Vittorio Carone e la Fondazione Taranto Onlus. Ecco le motivazioni che accompagnano la richiesta di annullamento al Tar Puglia di Lecce: “Incompetenza, eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche, in particolare, sviamento, difetto assoluto di istruttoria, mancanza di contraddittorio procedimentale, difetto di motivazione, travisamento dei fatti e dei presupposti, illogicità manifesta contraddittorietà interna ed esterna.” Un gioco da ragazzi. Già, perché nel 2011 lo stesso Comune di Taranto aveva espresso parere favorevole di compatibilità ambientale al progetto e, ancora prima, un’altra Giunta aveva incluso nel piano regolatore portuale il prolungamento del pontile.
Ma c’è il timore che questo non basti a sbloccare il progetto. Nelle osservazioni fornite da Eni si legge: “Le società attraverso i rispettivi rappresentanti […] propongono le loro osservazioni a tutela del pubblico interesse quanto al contenuto della delibera di Consiglio comunale n.123 del 5 novembre 2014 nella parte in cui si dispone l’esclusione delle opere che interessano gli interventi Tempa Rossa (prolungamento del pontile petroli, serbatoi ed ogni altra opera relativa). Ritengono le società che la formulazione delle osservazioni presentate ed argomentate, corrisponde al pubblico interesse perché ad esse è a data la realizzazione del progetto di sviluppo del giacimento di idrocarburi denominato Tempa Rossa qualificato come infrastruttura strategica di preminente interesse nazionale ai sensi della legge n.21/2001 numero 443 (cosiddetta legge Obiettivo) il quale ha già ricevuto in sede preliminare definitiva la necessaria approvazione da parte del Comitato interministeriale.” Ma la legge Obiettivo si riferisce solo ai pozzi in Basilicata e non comprende le opere connesse al trasporto, stoccaggio ed export via mare.

Ecco che qualcuno provvede tempestivamente a colmare questo vuoto normativo e Gemelli lo conferma con un sms a Cobianchi (dirigente Total): “Buonasera dott. Cobianchi, le confermo che Tempa Rossa è stata definitivamente inserita come emendamento del governo nella legge di Stabilità. Buon we. Gianluca.” L’emendamento aveva dunque lo scopo di dare valenza di pubblica utilità e strategicità a quella parte dimenticata del progetto, al quale poteva in questo modo applicarsi la legge Sblocca Italia.
Si tratta, in realtà, di una vera e propria forzatura. La pubblica utilità non è giustificata da un aumento di soli 24 posti di lavoro al porto di Taranto, escludendo la fase di cantiere di due anni, mentre la strategicità non ha ragione di esistere, dal momento che il greggio di Tempa Rossa non coprirà il fabbisogno nazionale ma sarà esportato all’estero. Questa parte del progetto è però di vitale importanza, come anche si evince dalla relazione del pubblico ministero. “Il Gemelli si manifesterà propositivo nell’assicurare al Cobianchi Giuseppe della Total interessamento della propria compagna ovvero del ministro Guidi affinché quell’emendamento, foriero di ricadute assolutamente favorevoli per le attività della Total, e di rimando anche per le proprie attività imprenditoriali, potesse ricevere approvazione.” Gemelli fa capo alla Ponterosso Engineering che aveva subito ottenuto l’inserimento nella bidder list per partecipare a una gara indetta da Total nel settore ingegneristico. Risultato ottenuto in seguito “al considerevole peso specifico rivestito da Gemelli, non in quanto tale, ma in quanto soggetto dotato di significativa contiguità rispetto a quegli ambienti governativi aventi competenza istituzionale nella soluzione di problematiche che stavano a cuore alla Total”, scrive il pm.

I COMITATI NON SI ARRENDONO
Sebbene si tratti di una triste pagina della storia della politica italiana, gli eventi hanno segnato un momento storico per Taranto. Quanto fatto emergere dalla magistratura di Potenza dimostra, ancora una volta, che il lavoro, spesso silenzioso, dei comitati locali è temuto e induce chi ha le redini del potere a compiere passi falsi. Si legge nella relazione del pm: ‘’Al contempo Cobianchi si soffermava ad illustrare le difficoltà che la Total riscontrava nel portare avanti il progetto soprattutto in riferimento alla questione Taranto: è un grosso motivo di preoccupazione […] per questo progetto […] è quello che sta succedendo a Taranto […] lì l’opinione pubblica è in buona parte contraria […] a parte la Basilicata, lei sa, c’è una parte importante del progetto che si sviluppa a Taranto […] e lì la situazione è anche abbastanza complessa, diciamo, quindi […] stiamo cercando. Vediamo speriamo bene. So che anche a livello centrale con i ministeri, insomma i colleghi di Roma hanno dei contatti continui, frequenti, quindi mi auguro che quello che viene dichiarato a livello governativo poi possa trovare applicazione insomma […]’’. Gemelli dall’altra parte risponde: “ci stanno provando, ci stanno provando, mi creda…

MA LA BATTAGLIA CONTRO TEMPA ROSSA CONTINUA E SI PREVEDE ANCORA MOLTO DURA
La palla va ora al governatore pugliese, Michele Emiliano, che può riaprire un tavolo di confronto con il ministero dello Sviluppo economico. Sì, perché mentre la stampa locale considerava ormai chiusa la partita, il comitato Legamjonici faceva notare che il ministero dello Sviluppo economico – tramite il dirigente della IV Divisione, Mercato e logistica dei prodotti petroliferi e dei carburanti, Guido Di Napoli – con determinazione conclusiva del procedimento, attivato su istanza della società Eni per l’autorizzazione e l’adeguamento delle strutture di logistica, presso la raffineria Eni di Taranto – in data 30 novembre 2015 dava esito positivo, concludendo che “sussistono pertanto i presupposti per l’emanazione del relativo provvedimento di autorizzazione, previa intesa della Regione Puglia, ai sensi dell’articolo 57 del decreto legge n.5 del 9 febbraio 2012, convertito nella legge n.35 del 4 aprile 2012.” Il presidente Michele Emiliano vuole lasciar cadere l’intesa. Dopo centocinquanta giorni e una volta concessi ulteriori trenta giorni in caso di inerzia, il ministero dello Sviluppo economico rimette gli atti alla presidenza del Consiglio dei ministri, la quale, entro sessanta giorni dalla rimessione, provvede ad autorizzare definitivamente.
Il 21 dicembre 2015 parte l’appello del Comitato Legamjonici e del Coordinamento nazionale No Triv rivolto al presidente della Regione Puglia che, tuttavia, non si pronuncia in merito, commettendo l’errore di sottovalutare la questione che presto gli sarebbe esplosa tra le mani. Il 28 dicembre 2015 il Comune di Taranto convoca i comitati locali. Legamjonici, in questa occasione, elenca una serie di iniziative da mettere in campo. La più urgente riguarda l’impugnazione del provvedimento di non assoggettabilità a Valutazione d’impatto ambientale, rilasciato dal ministero dell’Ambiente, relativo all’impianto di recupero vapori connesso al progetto Tempa Rossa: le società non avevano mai specificato quali idrocarburi avrebbero recuperato e quali sarebbero stati immessi in atmosfera. Il timore è che nell’aria vadano a finire quelli aromatici, i più pericolosi. Legamjonici, infine, invita il Comune di Taranto a chiedere il pronunciamento della Regione Puglia in risposta al Mise. Il Consiglio comunale, accogliendo le richieste del comitato, vota una delibera. Allo stesso tempo prende atto della decisione del Tribunale amministrativo regionale che dà ragione ai ricorrenti e abbandona l’ascia di guerra, anche temendo una richiesta di risarcimento danni da parte delle compagnie petrolifere.

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Autore:

Responsabile del Comitato Legamjonici di Taranto. Nel 2010 consulente di parte nell’inchiesta “Ambiente svenduto” sull’Ilva.