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Luci e ombre del testo unico sull’amianto

Ha quasi 25 anni la legge nazionale sull’amianto. Li compirà il 13 aprile, ma ci sarà ben poco da festeggiare. Se nel 1992 l’Italia fu all’avanguardia in Europa nel proporre una legge per mettere al bando l’amianto, ancora oggi facciamo i conti non solo con i suoi effetti, ma con la sua insinuante, pericolosa, eterna presenza sul nostro territorio.

Un bel modo per dare slancio alla lotta contro il minerale killer – che ogni anno provoca circa 4 mila vittime solo in Italia – sarebbe discutere e far approvare finalmente il testo unico sull’amianto. Ma visti i temi da pachiderma della classe politica, c’è poco da sperare.
Otto titoli e 128 articoli: è il testo unico dell’amianto che, atteso da anni, annunciato per giugno 2016, è stato presentato a novembre dal governo nell’ambito della seconda conferenza nazionale amianto. Bisogna intanto sottolineare è che una legge delega, e che da novembre sembra essersi inabissata nuovamente come un fiume carsico. Il testo contiene luci e ombre ma ha sicuramente il pregio di unire tutta la farraginosa normativa in tema di amianto in un corpo unico che possa essere riferimento per le generazioni a venire. Il ddl è il frutto delle conclusioni raggiunte dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali con la collaborazione dell’Università degli Studi di Milano e ne porta come prima firma quella della presidente della Commissione, la senatrice Camilla Fabbri. Il testo prevede bonifiche, smaltimento, sorveglianza sanitaria per gli esposti (finalmente), sportelli amianto sul territorio, allungamento dei tempi di prescrizione e il gratuito patrocinio dello Stato. Ma se questi 128 articoli non diventano legge resta un libro dei sogni.

UN LIBRO DEI SOGNI CON QUALCHE INCUBO
Ad esempio quello rappresentato dall’articolo 54 che fissa, ancora una volta, il limite minimo di 100 fibre litro respirate in media dal lavoratore per dieci anni, al fine di potersi considerare esposto. “Si perpetua una violazione della norma costituzionale di tutela della salute”, arringa l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto. “La scienza ci dice da tempo che non esiste una soglia minima – precisa – e che anche una fibra può essere letale. A che serve stabilire un limite così preciso?
Per le associazioni di tutela delle vittime riunite nella sigla Coordinamento nazionale amianto (da Medici per l’ambiente ad Afeva a Medicina Democratica, ad Associazione nazionale esposti amianto all’associazione per la tutela e la sicurezza dei posti di lavoro) questo limite semmai avrebbe dovuto costituire un aggravante, ma non la conditio sine qua non a ottenere lo status di lavoratore esposto e quindi i relativi benefici previdenziali e risarcimenti. “Non esiste alcun valore limite per far sentire salvo il lavoratore che ha respirato amianto”, sottolineano.

GLI ALTRI LIMITI DEL TESTO
È sicuramente una buona notizia l’aver previsto la nascita di sportelli amianto sul territorio e la creazione dell’Agenzia nazionale amianto. “Ma a che serve – continua il coordinamento – non avrà fondi in quanto non possono essere previste “nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”? Quante vote ci siamo sentiti dire che la tale ispezione non si poteva fare, o bonifica o rimozione o monitoraggio perché non c’erano fondi? Non ci sembra che la situazione possa cambiare.
L’Osservatorio nazionale amianto punta il dito su un altro articolo a suo avviso dannoso, il numero 72. “Si prevede una riduzione – spiega Bonanni – dei benefici contributivi per esposizione ad amianto. Attualmente il coefficiente moltiplicatore per ottenere i benefici è pari all’1,5 che con la nuova legge passerà all’1,25 per cento. Inoltre il beneficio è valido ai soli fini della determinazione dell’importo del trattamento pensionistico. Significa che il lavoratore deve raggiungere l’età pensionabile stabilita con la legge Fornero e cioè la soglia dei 70 anni, che è un vero record per il lavoratore esposto ad amianto.
Altrettanto importante sarebbe stato dirimere conflitto di interessi fra chi riconosce le malattie asbesto correlate e chi eroga le relative provvidenze. Sono le istituzioni sanitarie proposta alla Sorveglianza Sanitaria, che devono giudicare le malattie e i disagi e non l’Inail che è anche l’ente assicuratore.
Infine, non c’è traccia dell’auspicata procura nazionale sulla salute e sicurezza del lavoro che potrebbe – così come più volte immaginato dall’ex procuratore di Torino Raffaele Guariniello – riunire i procedimenti e le competenze su questo minerale che è presente ancora su tetti, mura, in discariche abusive, abbandonato ai lati delle strade o in campagna e addirittura nelle scuole: secondo i dati forniti dallo stesso ministero sono circa 2400 le scuole che sono contaminate in Italia. Un pericolo che investe circa 300 mila tra studenti e lavoratori. Bidelli, personale amministrativo e insegnanti che, secondo questa legge, non potranno mai essere considerati come lavoratori esposti.

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